Michelangelo Buonarroti: la storia di un genio che va ben oltre l’arte!
02 Settembre 2018 - 15:39 | di Eva Curatola

“Ogni volta che lo riterrai opportuno, accendi un sogno e lascialo bruciare in te.” (W. Shakespeare)
di Maria D’Amico – Cari lettori, buona domenica! Aimè, settembre è arrivato… troppo presto direi! In questo periodo si respira quasi un’aria simile a Capodanno, probabilmente perché è un mese d’inizi, di partenze, di nostalgia per la bella stagione appena conclusa, di routine, di promesse e buoni propositi. Alcuni dei quali, forse un po’ per pigrizia e un po’ per paura, non metteremo mai in pratica. Beh non disperate! Ho il rimedio che fa per voi! #InsideTheBook ed io, abbiamo pensato che per dare la giusta carica e predisporre l’animo a grandi imprese, l’ideale, sarebbe stato un libro capace di aprire completamente la mente e stimolare la creatività, ma soprattutto, un libro capace di testimoniare che perseveranza e sacrificio ripagano sempre!
Ecco perché, oggi, vi presento Michelangelo Buonarroti: “Io sono fuoco” autobiografia di un genio di Costantino D’Orazio. Ho iniziato questa lettura incuriosita dal conoscere l’identità che si cela dietro le opere più note di cui l’Italia vanta la paternità, dalla statua del David, alla Pietà vaticana, fino agli affreschi che adornano la Volta della Cappella Sistina.
L’autore, Costantino D’Orazio, critico d’arte e saggista, dà voce direttamente al grande Michelangelo, il quale, in età avanzata, spinto dalla rabbia per non disporre più dell’energia fisica necessaria per scolpire, decide, in un momento di sconforto, di scrivere una missiva a Leonardo, suo nipote. L’intero racconto è dunque una lettera in cui il protagonista rivela la sua storia, i suoi demoni e tormenti, le sue ambizioni, l’avversione nutrita dal padre verso la sua vocazione artistica, la fuga da Firenze e il suo ritorno. Parla dell’amicizia e della stima reciproca con Lorenzo il Magnifico, allude al difficile contesto politico e sociale dell’epoca a causa di Savonarola, alla vanità e all’avidità dei Papi e del clero, che lo terranno, suo malgrado, sotto scacco per molto tempo. Analizza con estrema dovizia i suoi momenti di smarrimento, come se li stesse rivivendo una seconda volta, sviscera emozioni e stati d’animo, ma solo quando spiega le sue creazioni si mette totalmente a nudo:
“Leonardo mio, la folla non combatte mai contro un’ingiustizia, anche se vi assiste. È molto più facile adeguarsi alle decisioni prese dai potenti, per evitare il rischio di essere coinvolti e condannati. È questo che sembra dire il mio San Pietro con il suo sguardo severo. Appeso sulla croce, che gli operai stanno sollevando, ha un ultimo slancio e solleva la testa. Si gira verso di noi e ci fulmina con gli occhi. Da reo diventa giudice… Il suo gesto è ancora più forte e visibile perché gli ho dato un corpo più grande di tutti gli altri. Le proporzioni di quelle figure non rispettano alcuna regola prospettica ma esaltano il senso della scena. Proprio per quello fui attaccato.”
Ogni scultura o dipinto, sebbene prediligesse sempre scolpire piuttosto che dipingere, è frutto del suo desiderio di plasmare sempre qualcosa di grandioso, a tratti impossibili da realizzare. Un pensiero questo, che incoraggiava maggiormente Michelangelo a sfidare se stesso e a collezionare innumerevoli opere straordinarie, giudicate spesso inappropriate per i canoni dell’epoca.
“Nipote mio, oggi sono convinto che le mie opere migliori sono nate dal desiderio di sfidare me stesso o di soddisfare qualcuno che amavo. Non ho dubbi che sia così.”
Sin dall’infanzia il genio ribelle dell’artista cerca irrimediabilmente di venir fuori, il suo temperamento irrequieto e sfrontato sarà il motore della sua grandezza, d’altronde solo persone folli sono capaci di grandi imprese e di risultati impareggiabili. Non curante delle critiche che la sua arte, nel bene o nel male, riusciva a sollevare, (l’affresco del Giudizio Universale ne è la prova, biasimato per la riproduzione dei soggetti nudi), delle inimicizie e invidie che cercavano di ostacolare il suo cammino (prima fra tutte l’eterna competizione con Leonardo Da Vinci), il Buonarroti è sempre stato fedele al suo io personale, a quello che lui avvertiva come un fuoco sacro che lo consumava e al contempo rigenerava dall’interno e, che si riversava, tramite le sue mani esperte, sul suo operato.
“Non ha mai scelto la strada più semplice, è sempre stato disposto ad abbracciare le sfide che nessun altro uomo avrebbe mai accolto, non esisteva impresa che per lui fosse impossibile. La vita lo ha premiato con tanto onore, ma anche tato dolore.”
La storia di Michelangelo Buonarroti, uno degli artisti più amati e prodigiosi di tutti i tempi, è l’esempio evidente che non importa dove nasci, se hai mezzi economici per realizzarti o se nessuno o pochi credono nei tuoi sogni, quando hai un talento e coltivi una passione con tenacia, l’unico errore in cui puoi incappare è dubitare, nei momenti bui, che non sia la strada giusta per te. Quando accade, fermati. Pensa a come ti sentiresti se ti trovassi a fare qualcosa di diverso, qualcosa che non ami. Magari è vero, non avresti grandi problemi da affrontare, ma non avresti neanche la possibilità di misurarti con te stesso e con il mondo, non vedresti l’ammirazione negli occhi di chi ha creduto in te, la sorpresa in chi pensava non ce l’avresti fatta e sì, anche la furia di chi, per invidia, disprezza e scredita le tue scelte! Purtroppo il pacchetto comprende anche quello! Fortunatamente però, l’entusiasmo e la naturalezza con cui s’insegue un’inclinazione naturale dello spirito, il senso di completezza e di crescita che ciò comporta, rendono sopportabile anche l’altra faccia della medaglia. Persino i sacrifici più cruenti, con tutti gli effetti collaterali che comportano, possono essere, alla fine, un tenero ricordo.
C’è un passaggio nel libro che mi ha stravolto completamente. Michelangelo in giovane età, con l’aiuto di un prelato, ottenne il permesso per studiare i corpi, ormai senza vita, che giacevano tra le mura dell’ospedale di Firenze. L’interesse per l’anatomia umana era dovuta alla sua voglia di eccellere, ricreare cioè nelle sue sculture, ogni piccolo dettaglio che potesse conferire maggiore veridicità all’opera, come se prendesse vita. Il Crocefisso di legno (1492-93)realizzato per la Chiesa di Santo Spirito a Firenze, è stato la prima testimonianza circa l’efficacia di questi studi indipendenti. L’artista ha sempre sostenuto che ogni scultura giacesse già all’interno dei blocchi marmorei, il suo compito era semplicemente tirarle fuori, liberarle e rivelare al mondo non solo la loro bellezza, ma l’importanza del loro significato, dei messaggi che lo stesso Michelangelo sentiva il bisogno di divulgare tramite le sue opere.
Cari amanti dell’arte e non, questo libro è capace di ammaliare chiunque. Gli insegnamenti di Michelangelo vanno ben oltre il semplice contesto artistico, il suo messaggio è chiaro:
Non abbiate paura di intraprendere un percorso tortuoso, non temete che le vostre scelte suscitino disapprovazione, chiedetevi cosa vi rende felici e giocate bene le vostre carte. Non lasciatevi sfuggire nessuna occasione, superate i limiti che pensate di avere e quelli che effettivamente avete e poi ricominciate da capo. Non vi assicuro una platea che inneggia il vostro nome alla fine del percorso, momenti di gloria o pacche sulle spalle, non cercate riconoscenze. Non è necessario che il mondo sia al corrente delle vostre vittorie, se non vi arrendete avete già vinto.
“Signore fa che io possa sempre desiderare di più di quanto riesca a realizzare.” (Michelangelo Buonarroti)
A proposito, sapevate che nel famoso affresco della Creazione il mantello di Dio ha la forma del cervello umano?! Più precisamente dell’esatta metà. Ovviamente c’è un perché ma non vi svelerò tutto! Correte a guardare e soprattutto a leggere!

