Muore a 29 anni al carcere di Arghillà: la famiglia chiede verità, il PM l'archiviazione

Una morte senza verità. Cosa è successo dal 6 al 18 marzo? I due registri del carcere non combaciano ma il PM chiede l'archiviazione

Un caso irrisolto. Una vicenda con tanti punti interrogativi e molti ‘perchè’.

La morte di Antonino Saladino, 29enne deceduto nel carcere di Arghillà quattro anni fa a causa di un’infezione interna, presenta oggi, nonostante la seconda richiesta di archiviazione molti aspetti irrisolti.

Morte Antonino Saladino, doppie indagini ‘senza esito’

Le indagini erano state prorogate il 23.3.2021 per ulteriori sei mesi (poi diventati un anno) per comprendere le cause del decesso e le eventuali responsabilità dei sanitari nella gestione del protocollo di cure ma i magistrati reggini hanno di nuovo avanzato richiesta di archiviazione.

Il P.M., secondo quanto sostenuto dalla difesa di Saladino (avv. Pierpaolo Albanese), ha aderito in maniera totalmente acritica alle conclusioni rese dal CT Dott. Andò operando una sorte di motivazione per relationem che, però, non dà conto di una sua autonoma valutazione di quelle conclusioni che, a ben guardare, si rivelano macroscopicamente errate ed estremamente contraddittorie.

Il P.M. che ha avanzato la richiesta di archiviazione inoltre ha ritenuto inattendibili le tesi dei detenuti compagni di cella di Antonino Saladino (che diversamente erano già stati ritenuti attendibili dal p.m. titolare della prima fase delle indagini).

Decesso Antonino, la famiglia contesta le indagini

La difesa contesta inoltre le indagini svolte.

“Non vi è traccia di quegli accertamenti, pur ordinati dal G.I.P. nel marzo 2021, quali l’espletamento di una perizia grafica sui registri al fine di scongiurare l’ipotesi, ancora plausibile, di una manomissione postuma degli stessi, nonché del tutto omessa risulta la fase dell’approfondimento successivo all’acquisizione dei registri infermieristici e, primo fra tutti, l’escussione del personale infermieristico in merito alla terapia reiteratamente somministrata al Saladino nelle giornate del 11, 16 e 17 marzo 2018 di cui non vi è corrispondente traccia nel diario medico carcerario”.

Perchè non sono state fatte le opportune indagini richieste? E ancora, ci sono responsabilità penali nella vicenda della morte del giovane Saladino?

Misteriosi rimangono i passaggi di Antonino in infermeria o in ambulatorio tra i giorni antecedenti alla sua morte.

Secondo la difesa ci sarebbe un

“sistematico ricorso all’esercizio abusivo della professione sanitaria da parte del personale infermieristico in servizio presso la struttura carceraria che, nel caso di Antonino Saladino, in almeno tre occasioni (11, 16 e 17 marzo 2018) ha somministrato terapia farmacologica in assenza di indicazioni del medico di turno, giungendo finanche, nel caso del 16 .03.2018, a formulare diagnosi senza le necessarie competenze. Parallelamente, si configura una chiara responsabilità penale per omissione anche a carico dei sanitari in servizio presso il carcere di Arghillà nelle giornate e negli orari di accesso del Saladino in infermeria, posto che non risulta dagli atti che gli stessi abbiano prestato la loro attività professionale a favore del detenuto pur essendone obbligati per legge”.

Antonino Saladino, dall’arresto alla sua morte

Antonino Saladino finisce in carcere ad inizio del 2017 nell’ambito dell’operazione Eracle perchè gli veniva contestato il reato di spaccio. Non aveva un ruolo centrale nelle dinamiche di spaccio in città né all’interno dell’inchiesta. Era un ragazzo senza precedenti penali che fumava marjuana si, ma che non aveva partecipazioni stabili e dirette nelle azioni criminose.

Ad Antonino infatti non gli vengono contestati episodi specifici aldilà di alcune intercettazioni telefoniche che lo coinvolgevano indirettamente.

Viene arrestato dunque ad inizio del 2017. Ad un anno di distanza arriva, senza nemmeno essere stato ancora processato, la morte. Proprio mentre era in custodia cautelare preventiva. Era il 18 marzo 2018. Da lì si apre una fase di indagini caotica tra cambiamenti e dimissioni ai vertici delle carceri e versioni differenti da parte dei compagni di cella. Alcuni di loro sostengono che Antonino chiedeva da giorni di essere visitato.

Dallo studio del diario clinico si scopre poi di una visita fatta ad Antonino datata 5 e di un’altra del 6 marzo in cui si parla di una sindrome influenzale. Poi un buco di 12 giorni. Fino al 18 marzo. Quel giorno andò in infermeria 4 volte. E tutte le volte venne  rimandato indietro.

Dalla perizia effettuata si è accertata come causa della morte uno shock di natura infettiva con evoluzione veloce.

Diario clinico ed infermieristico viaggiano ‘separati’

La famiglia Saladino tuttavia non si arrende. Vuole arrivare alla verità e capire se qualcuno avrebbe potuto salvare Antonino. L’avv. Albanese, legale della famiglia, chiede dunque maggiori indagini per comprendere cosa sia potuto accadere in quei 12 giorni di buco.

E’ proprio grazie ad una decisione del Gip, che si scopre, in fase di riapertura delle indagini e grazie alle indagini difensive, un secondo registro medico. Accanto al diario clinico c’era un secondo diario ovvero quello infermieristico con la consegna delle terapie che venivano somministrate.

Da quel diario risultavano altre tre visite, oltre a quelle ufficiali del 5, 6 e 18 marzo, in cui risultavano alcune somministrazioni di terapie nei giorni 11, 16 e 17 marzo.

Antonino Saladino dunque ha assunto dei farmaci anche se non si comprende ancora chi glieli ha potuti prescrivere e somministrare.

Bisognerebbe capire, se solo le indagini potessero andare avanti, se gli eventuali illeciti avrebbero avuto efficacia causale nella determinazione dell’evento morte avendo concorso nella configurazione del reato di omicidio colposo per avere impedito la tempestiva diagnosi sul detenuto. Proceduralmente ad oggi il P.M. ha ritenuto dover chiedere l’archiviazione poichè non si è in grado di ricostruire bene quei giorni antecedenti la morta di Antonino.

Ovviamente alla richiesta di archiviazione di marzo 2022 l’avvocato della famiglia, si è opposto. E si attende adesso la fissazione dell’udienza.

L’impressione però è che non si voglia andare in fondo per giungere alla verità.