Muhammad Alì: i match leggendari del pugile “forte ma leggero”

di Laura Maria Tavella – La notizia della morte

di Laura Maria Tavella – La notizia della morte del campione Muhammad Ali ha sconvolto il mondo del pugilato e non solo: il grande atleta, dal 1984 ammalato del morbo di Parkinson, si è spento in Arizona il 3 giugno, lasciando ai posteri il ricordo di un pugile che ha fatto della forza e dell’agilità il proprio marchio di fabbrica.

Soprannominato “The Greatest” (Il Migliore), Ali è stato protagonista di alcuni dei più importanti e famosi eventi del mondo pugilistico: tra questi, la sfida contro Sonny Liston, i tre aspramente combattuti match con l’irriducibile rivale Joe Frazier ed il cosiddetto “Rumble in the Jungle, il drammatico incontro nel 1974 contro George Foreman, dove riconquistò i titoli persi sette anni prima.

Provocatorio e carismatico, il 25 febbraio 1964, durante la sfida per il titolo mondiale contro Sonny Liston, rivela al mondo il suo stile inconfondibile di combattimento.

Vola come una farfalla e punge come un’ape”,dissero di lui. Cassius Clay (allora si chiamava così) schianta il rivale al settimo round. Il giorno dopo la conquista del titolo, Clay si converte alla fede islamica, aderisce alla Nation of Islam e cambia legalmente il suo nome in Muhammad Ali: una sfida leggendaria, dentro e fuori il ring.

Dopo il ritiro della licenza, nel 1971 torna a combattere a New York sfidando Frazier, uscendone vinto, ma nel 1974 si riprende il titolo.

Sempre nel ’74 lo storico incontro con il campione in carica George Foreman: all’ottavo round, dopo averne incassati tanti, con un solo colpo Ali stende Foreman e torna ad essere campione del mondo.

Dopo questo incontro, poco e male:  dal 1981 i segni della malattia cominciano a manifestarsi, ma questo non impedì al pugile di partecipare ai Giochi olimpici di Atlante nel ’96 come ultimo tedoforo: il tremore delle mani nell’ accensione del tripode olimpico commossero il mondo, più di qualunque round combattuto dall’ atleta.

L’ultimo dei tanti gesti nobili di un uomo che non si è mai arreso, sul ring, come nella vita.