'Eyfhèmos', a Sant'Eufemia tre pericolosissime fazioni. Due in 'guerra fredda' tra loro

Vi era un fortissimo senso di identità, di impermeabilità dall'esterno e di appartenenza, caratterizzata da una rigida gerarchia quasi di tipo militare

Dalle carte rilasciate dalla Questura di Reggio Calabria durante la conferenza stampa di questa mattina emerge uno scenario inquietante che vede la comunità di Sant’Eufemia d’Aspromonte sotto il comando di almeno tre fazioni.

“In seno al locale eufemiese – si legge nel comunicato – coesistono almeno tre diverse fazioni – quello dei Cannizzaro, quello riferibile a Cosimo Idà detto “u diavulu” e quello riconducibile a Laurendi Domenico – alla fine del 2017 e nel 2018 si registrò una spaccatura interna. Due articolazioni mafiose, l’una facente capo a Laurendi Domenico e l’altra a Idà Cosimo, erano sostanzialmente entrate “in guerra fredda” tra loro, nel tentativo di prendere l’una il sopravvento sull’altra”.

La corsa sfrenata ad affiliare nuovi ‘ndranghetisti, oltre a consentire nei fatti l’ingresso nel locale di ‘ndrangheta di soggetti non sempre ritenuti idonei sotto il profilo criminale o, comunque, non dotati dei requisiti di affidabilità necessari, creò non pochi disordini interni e l’insorgere di malumore, soprattutto all’interno dello schieramento capeggiato da Laurendi Domenico che non tollerava non solo l’irregolarità delle affiliazioni effettuate dall’altro gruppo, ma anche il fatto che queste fossero state poi sostanzialmente convalidate dal boss Luppino Andrea e da Cannizzaro Francesco alias “Canneddha”, anch’egli boss di vecchia data che partecipò al famoso summit di Montalto nel 1969.

Il gruppo laurendiano esercitò, infatti, non poche pressioni affinché i vertici del locale, custodi delle regole inviolabili dell’onorata società prendessero una posizione ferma e rifiutassero di ratificare gli irregolari riti di affiliazione operati dalla frangia opposta.

“La decisione adottata dagli anziani del locale circa le irrituali affiliazioni determinò la reazione furibonda di Laurendi Domenico che, sostenuto dai suoi più vicini sodali, come Gagliostro Antonino, Crea Antonio, Carbone Vincenzo, Napoli Saverio, officiò alcuni “battezzi” e ne programmò altri, pretendendo l’assenso anche successivo da parte degli altri primari del locale, al fine di restituire equilibrio tra le due frange mafiose, fino agiungere a meditare una scelta ancora più dirompente, come la creazione di un banco nuovo e il rimescolamento delle cariche con equa ripartizione tra le due anime interne della cosca. L’idea era anche quella di creare un nuovo locale di ‘ndrangheta indipendente dagli Alvaro imperanti a Sinopoli, che potesse ottenere il riconoscimento del Crimine di Polsi”.

Le risultanze dell’indagine offrono uno spaccato estremamente chiaro e danno l’immagine concreta dell’esistenza ed operatività in Sant’Eufemia d’Aspromonte di un’organizzazione mafiosa pericolosissima ed efferata, che ha la disponibilità di un elevato quantitativo di armi anche da guerra; che ha compiuto in passato plurimi omicidi; che compie atti didanneggiamento; che traffica nel settore della droga (sia cocaina che marijuana); che controlla capillarmente il territorio, anche attraverso l’imposizione di estorsioni agli imprenditori; che ha una sua propaggine in Lombardia, nel Pavese, dove da tempo si è insediato Laurendi Domenico, coadiuvato da Speranza Giuseppe e dal cugino Rizzotto Giuseppe, nonché in Australia dove è presente un locale di‘ndrangheta, dipendente direttamente dalla casa-madre calabrese. Le intercettazioni hanno invero consentito di captare alcuni dialoghi da cui emergeva che Firenzuoli Attilio, in passato, sarebbe andato in Australia per risolvere il problema della spoliazione di un suo zio (che aveva commesso una trascuranza) all’interno del locale, ma il progetto sarebbe fallito perché il parente sarebbe stato comunque sanzionato, sebbene non fosse stato espulso dai ranghi della ‘ndrangheta. È anche emerso dalle indagini che i vertici del locale di Sant’Eufemia d’Aspromonte partecipavano alle decisioni più importanti da adottare nel locale in Australia, tra questi Cannizzaro Cosimo, anziano ‘ndranghetista, diretto interlocutore dei vertici australiani.

Il locale di ‘ndrangheta eufemiese dipende funzionalmente, come detto, dalla vicina cosca degli Alvaro, alla quale tributa onori e riconoscimento oltreché sottomissione gerarchica; ha instaurato forme di utilitaristica interazione con consorterie di diversa matrice mafiosa; ha infiltrato con propri uomini anche la cosa pubblica, ossia il Comune di Sant’Eufemia d’Aspromonte, sul quale esercita influenza e governa le attività economiche imprenditoriali.

Le indagini hanno consentito di verificare come ancora oggi i cerimoniali continuano ad esistere, così come i riti arcaici e la fascinazione del linguaggio dei sodali.

Tutto questo continua ad essere a Sant’Eufemia d’Aspromonte punto di forza della organizzazione ‘ndranghetistica, moderna ed antica ad un tempo, dotata di un fortissimo senso di identità, di impermeabilità dall’esterno e di appartenenza, caratterizzata da una rigida gerarchia quasi di tipo militare. Gli esiti delle intercettazioni descrivono l’organizzazione mafiosa in esame come ammantata di sacralità e di rituali. Molteplici sono le riunioni e gli incontri monitorati dagli investigatori della Polizia in cui si discuteva di cariche, di gradi, di cerimonie, della formazione di un banco nuovo, della creazione di un nuovo locale autonomo dalla cosca Alvaro che necessitava, per la sua costituzione e legittimazione, della benedizione del Crimine di Polsi.

I vari protagonisti discutevano dei gradi della ‘ndrangheta, usando termini quali “santa”, “camorrista”, “vangelista”, “sgarrista”, “capo locale”, “contabile”.

Gli Alvaro tuttavia, al di là della spinta autonomista palesata dai laurenziani nel corso delle attività di indagine, continuano a controllare anche Sant’Eufemia d’Aspromonte e fanno sentire forte la loro voce. Testimonianza di questo assunto è peraltro fornita dagli incontri tra Laurendi Domenico e Alvaro Cosimo, leader indiscusso degli Alvaro che continuano ad essere fortemente coesi tra loro e uniti in un’unica grande cosca, nel rispetto del comune vincolo di appartenenza, nonostante i diversi sottogruppi familiari godano di una certa autonomia programmatica e di azione.

Da costui Laurendi si recava a precise cadenze temporali, seguendone le direttive, sostenendolo economicamente e gestendone gli affari economico-imprenditoriali criminali.