Il cimitero di Cittanova gestito come 'cosa propria': i NOMI degli indagati

Nel mirino degli inquirenti ci sono l'ex custode, due imprese di onoranze funebri, un sacerdote, tre agenti di polizia, un funzionario comunale e diversi medici legali dell'Asp di Reggio

Partita nel dicembre 2018 quando un cittadino di Cittanova si è accorto che all’interno del tumulo di un proprio caro era stata abusivamente inserita una seconda salma, l’inchiesta “Aeternum” ha scoperchiato un vero e proprio “vaso di Pandora“. Con l’odierna operazione i carabinieri del Reparto operativo e del Gruppo di Gioia Tauro, hanno sgominato una consorteria criminale che muoveva le fila all’interno del cimitero comunale.

Secondo quanto riportato da Ansa Calabria, l’intero gruppo criminale ruotava attorno alla figura di Salvatore Ligato detto “Franco”, di 68 anni, l’ex custode, oggi in pensione, del cimitero di Cittanova per il quale il gip Francesco Petrone ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere su richiesta del procuratore di Palmi Emanuele Crescenti.

In carcere sono stati portati anche tre imprenditori locali, amministratori di due imprese di onoranze funebri: Francesco Galluccio (61), Serafino Berlingeri (56) e Antonino Albanese detto “Antonello” (60).

Ai domiciliari è finito un sacerdote, don Giuseppe Borelli (80), ex arciprete della parrocchia di San Girolamo. La stessa misura cautelare è stata disposta per tre agenti della polizia locale, Maria Cutrì (47), Francesco Falleti (62) e Vincenzo Ferraro (66), per il titolare di un’impresa funebre Francesco Curulla (68), per il custode del cimitero Girolamo Franconeri (61), per il responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Cittanova Salvatore Foti (42) e per cinque medici legali dell’Asp di Reggio Calabria, Osvaldo Casella (66), Domenico Mazzaferro (62), Arcangelo Padovano (62), Antonio Russo (66) e Bruno Barillaro (67). Quest’ultimo è anche sindaco del Comune di
Oppido Mamertina.

Sono oltre 460, secondo i carabinieri, le salme di cui si sono perse le tracce dopo che sono state tolte illegalmente dal cimitero di Cittanova da un’organizzazione che puntava a liberare gli spazi per nuove sepolture.

L’organizzazione si avvaleva della collaborazione di insospettabili medici legali dell’Asp di Reggio Calabria che erano chiamati a vigilare sulle estumulazioni o ad eseguire visite necroscopiche. In realtà 5 medici, finiti ai domiciliari, secondo l’accusa erano pronti a sottoscrivere i verbali delle operazioni per come veniva loro dettato dagli appartenenti all’associazione. A volte i verbali sarebbero stati compilati senza che il medico legale o altri funzionari previsti fossero presenti sul luogo. Ciò tuttavia non impediva ai camici bianchi di richiedere il rimborso chilometrico previsto dal servizio sanitario per le visite necroscopiche, in realtà mai effettuate.

Secondo i carabinieri e la Procura di Palmi guidata da Emanuele Crescenti, sarebbe stato l’ex custode Salvatore Ligato detto “Franco” di 68 anni, a promuovere l’associazione che per anni ha eseguito estumulazioni non autorizzate. Illeciti, per l’accusa, sarebbero stati commessi anche nell’esumazione straordinaria eseguita nel 2020 dopo un appalto del Comune aggiudicato ad un’impresa il cui responsabile risulta tra gli indagati. Gli operai della ditta, per massimizzare il numero dei loculi liberati e rendere più economici e rapidi i lavori, avrebbero eseguito le dissepolture con un escavatore, senza alcuna attenzione alla rottura dei feretri ed alla necessità di estrarre a mano i resti. Il materiale di risulta, mischiato a resti umani, sarebbe stato poi risotterrato poco distante. Pur avendo assistito alla scena, tre agenti della polizia locale e il tecnico comunale – finiti ai domiciliari – non sarebbero intervenuti per bloccare i lavori o, almeno, per imporre una diversa prassi di esecuzione.

Ai domiciliari è finito anche l’ex arciprete della parrocchia di San Girolamo, don Giuseppe Borrelli. Quest’ultimo avrebbe attestato falsamente di essere proprietario delle cappelle gentilizie, una volta appartenenti a tre confraternite religiose disciolte nel 2007. Su quelle cappelle, tornate in realtà al patrimonio del Comune, gli indagati hanno avviato lavori di ristrutturazione procedendo così alla soppressione di oltre un migliaio di salme, per poter ricavare un guadagno dalla “vendita” dei loculi, pagati anche 3mila euro dai privati cittadini che, così facendo, aggiravano il regolamento mortuario, accorciando i termini amministrativi e decidendo dove seppellire i propri cari estinti.

Oltre ai 16 arrestati, nell’inchiesta ci sono altri 58 indagati. L’area del cimitero interessata dalle estumulazioni illegali è stata sequestrata. Il valore ammonterebbe a 4 milioni e mezzo di euro.

Fonte: Ansa Calabria