Espropri Ponte sullo Stretto, Caminiti: 'No ad azioni di forza. Si valuti caso per caso'

Saranno 150 le famiglie che dovranno abbandonare la propria casa. Le richieste del primo cittadino di Villa

Ponte sullo Stretto e questione espropri. Tra Villa San Giovani e Messina sono tremila circa gli avvisi che saranno pubblicati nei prossimi giorni sui quotidiani a tiratura nazionale per anticipare la dichiarazione di pubblica utilità, successiva solo ad una eventuale approvazione del Cipes.

A Villa San Giovanni le famiglie che dovranno abbandonare la propria casa sono circa 150. Centinaia di persone vedranno pubblicato il proprio nome sul giornale e vivranno per la terza volta un vero e proprio incubo.

“La situazione è delicatissima se partiamo dall’idea che adesso bisogna tutelare i più deboli. Dobbiamo considerare soprattutto l’impatto emotivo e l’ansia di chi nel 2004 ha saputo che la propria abitazione sarebbe stata espropriata per la costruzione del Ponte – spiega il primo cittadino Giusy Caminiti a LIVE BREAK, nel corso della puntata di ieri – Poi nel 2011 ha letto il proprio nome nella lista degli espropri e poi adesso, nuovamente con l’incubo di perdere la propria casa”.

Su 150 abitazioni ci sono circa 50 prime case. Le altre sono seconde case o abitazioni affittate, parliamo della parte più bella, della zona paesaggistica che si affaccia sul mare.

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“E’ necessario trattare i casi uno per uno. Al ministro Salvini abbiamo chiesto che la posizione di ciascuno venga individualizzata. Deve essere un’operazione chirurgica”.

Il sindaco di Villa San Giovanni Caminiti invita poi il Governo a dialogare con i cittadini e le istituzioni locali, valutando ogni singolo caso.

“Stiamo valutando in questo momento la firma dell’accordo che vede coinvolta ‘Stretto di Messina‘, i due Comuni e l’unione dei piccoli proprietari immobiliari. E’ questo il tema che abbiamo affrontato con il dott. Ciucci ma non è immaginabile che si possa fare un azione di forza in un cantiere come il Ponte sullo Stretto. Questo vorrebbe dire dichiarare il secondo fallimento dello Stato – continua il sindaco Caminiti – Non dobbiamo nemmeno immaginare ad un’azione di forza o ad un cantiere che si apra con i presidi delle forze dell’ordine perchè altrimenti vuol dire che abbiamo fallito noi come istituzioni locali ma soprattutto vorrebbe dire il fallimento dello Stato. Non tutti i cittadini avranno la possibilità economica di farsi affiancare da avvocati o ingegneri per anni. Quindi dobbiamo garantire presupposti minimi e di pari equità di trattamento e per tutti dobbiamo trovare un accordo”.