Processo Miramare, rientro in aula. Prima testimonianza dell'arch. Vitetta

Sotto accusa il sindaco Falcomatà e la Giunta di allora

Date che (non sempre) tornano e dichiarazioni (pubbliche e in aula) che lasciano intravedere qualche crepa: si gioca su un doppio binario la nuova udienza del processo per l’assegnazione di alcuni locali del Miramare, che vede alla sbarra, tra gli altri, il rieletto sindaco Giuseppe Falcomatà e la quasi totalità sua giunta di allora, con le accuse di abuso d’ufficio e falsità ideologica e materiale da parte di pubblico ufficiale.

IL BLITZ

C’è Giuseppina Vitetta sul banco dei testimoni per il rientro in aula del procedimento su uno dei gioielli architettonici patrimonio della città: la funzionaria della soprintendenza dei beni archeologici, ha ripercorso in aula il giorno del suo blitz casuale avvenuto del luglio del 2015.

«Durante un sopralluogo in un cantiere vicino al Miramare – ha dichiarato la Vitetta – ho sentito dei rumori provenire dall’albergo e siamo intervenuti con un collega per verificare che tipo di lavori fossero in opera».

La funzionaria ha poi raccontato di avere incontrato all’interno dei locali dell’albergo, l’altro imputato di questo procedimento, Paolo Zagarella (imprenditore e presidente dell’associazione “il sottoscala” e amico personale del sindaco Falcomatà) a cui la delibera al centro di tutto il processo aveva concesso l’utilizzo dei locali. Nel racconto di Vitetta, Zagarella, che era in possesso delle chiavi dell’immobile, avrebbe sostenuto di stare eseguendo dei lavori di pulitura di alcuni dei locali. Un intervento che però, ha ricordato ancora la teste, andava approvato e autorizzato esplicitamente dall’ufficio della soprintendenza. Resta il dubbio sulle date: la funzionaria della sovrintendenza non è infatti riuscita a collocare precisamente la data del suo blitz “involontario”, senza riuscire ad indicare se i fatti risalissero all’inizio o alla fine del luglio del 2015, un particolare che potrebbe risultare determinante nell’accertamento dei fatti.

LE DICHIARAZIONI

A spezzare la consueta routine dell’udienza, ci hanno pensato gli avvocati difensori che, su input del legale del sindaco, Marco Panella, hanno chiesto l’acquisizione agli atti del processo delle dichiarazioni pubbliche, in alcuni casi post sui social media, di Angela Marcianò. Ex assessore prima e ex concorrente alla carica di sindaco poi, nel filone abbreviato di questo stesso processo, la Marcianò è già stata condanna in primo grado, con pena sospesa, a dieci mesi di reclusione. Condanna che, storia di una manciata di giorni fa, le è costata la sospensione dal ruolo di consigliere comunale a causa delle limitazioni sancite dalla legge Severino. Potrebbero così finire a dibattimento (il tribunale si è riservato di decidere) i fendenti che l’ex rappresentante della giunta Falcomatà ha riservato all’andamento del processo, riferimenti a prescrizione e impunità per gli scaltri comprese.
Dichiarazioni che, hanno sostenuto gli avvocati, sarebbero state diffuse con l’intenzione di creare dubbi sulla legittimità degli stessi giudici e per minare la serenità del procedimento.