Attentato (fallito) al pm Paiola, concluso il processo a Reggio: assolti tutti gli imputati

Concluso il processo per l'attentato fallito al pm Paiola. Bisognava 'compiere l’omicidio per un miglioramento della criminalità organizzata'.

Si è concluso ieri all’interno dell’aula Bunker di Reggio Calabria il lungo processo a carico di sei imputati di tentato omicidio in concorso, accusati di avere pianificato l’attentato del magistrato Federica Paiola, pubblico ministero in servizio alla Procura di Barcellona.

Per il progetto di morte sventato sono stati sei gli imputati: Antonino Corsaro residente a Santo Stefano d’Aspromonte, difeso dall’Avv. Giuseppe Gentile del Foro di Reggio Calabria, Salvatore Veneziano, di Milazzo, difeso dall’Avv. Giovanni De Stefano del Foro di Reggio Calabria; Gaetano Scicchigno, palermitano, difeso dagli Avvocati Alessandro Trovato del Foro di Messina e Debora Speciale del Foro di Palermo, Carmine Cristini, di Cosenza, difeso dall’Avv. Giuseppe Manna del Foro di Cosenza, Giovanni Fiore, di Milazzo, difeso dall’Avv. Sebastiano Campanella del Foro di Barcellona, Marco Milone, messinese, difeso dall’Avv. Sabrina Siracusa del Foro di Barcellona.

I sei, secondo la Procura, avrebbero nel 2016 durante la loro detenzione nel carcere di Gazzi provato ad organizzare l’attentato il quale però non si è verificò «per cause indipendenti dalla loro volontà, in quanto tale progetto criminoso veniva scoperto».

Corsaro, ritenuto ideatore e istigatore, avrebbe chiesto a Veneziano di fornirgli targa e macchina della Paiola promettendogli di procurargli le armi per commettere l’omicidio, segnatamente un «kalashnikov», mentre Cristini avrebbe fornito «suggerimenti in ordine alla modalità dell’azione», ossia «scaricare l’arma sull’autovettura».

Come esecutore materiale, Veneziano avrebbe chiesto altresì il consenso a Fiore e Milone, ristretti in carcere a causa di richieste cautelari provenienti dalla Paiola. Gli ultimi due avrebbero acconsentito. L’attentato era previsto sull’A20 Messina-Palermo, in maniera spettacolare ed evocativa, con le finalità di agevolare le associazioni mafiose.

Bisognava «compiere l’omicidio per un miglioramento all’interno della criminalità organizzata».

Grazie al lavoro delle difese è caduto oggi l’impianto accusatorio con una sentenza assolutoria per tutti gli imputati perché il fatto non sussiste e per il solo Veneziano l’applicazione di misura di sicurezza per anni 3.

“Sono molto contento per questo importante risultato perché finalmente mette fine all’incredibile vicenda giudiziaria che vedeva coinvolto da tanti anni e da innocente il mio assistito Sig. Antonino Corsaro, soggetto mai vicino ad ambienti di ‘ndrangheta”.

Queste le parole del legale reggino avv. Giuseppe Gentile.