Referendum 2025, su cosa si vota e perché

Cinque quesiti referendari su lavoro e cittadinanza promossi da sindacati e associazioni al centro della consultazione


Nel 2025, i cittadini italiani saranno chiamati a votare per 5 Referendum. La Corte Costituzionale ha ritenuto ammissibili i 4 quesiti referendari sul lavoro, per i quali sono state raccolte oltre 4 milioni di firme, e il referendum sulla cittadinanza, depositato in Cassazione con 637 mila firme.

QUALI SONO I REFERENDUM?

I REFERENDUM SUL LAVORO

  1. Stop ai licenziamenti illegittimi
    Quesito:
    «Volete voi l’abrogazione del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” nella sua interezza?»
    Il primo dei quattro referendum sul lavoro chiede l’abrogazione della disciplina sui licenziamenti del contratto a tutele crescenti del Jobs Act. Nelle imprese con più di 15 dipendenti, le lavoratrici e i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi non possono rientrare nel loro posto di lavoro dopo un licenziamento illegittimo. Sono oltre 3,5 milioni ad oggi e aumenteranno nei prossimi anni le lavoratrici e i lavoratori penalizzati da una legge che impedisce il reintegro anche nel caso in cui il giudice dichiari ingiusta e infondata l’interruzione del rapporto. Abroghiamo questa norma, diamo uno stop ai licenziamenti privi di giusta causa o giustificato motivo.
  2. Più tutele per le lavoratrici e i lavoratori delle piccole imprese
    Quesito:
    «Volete voi l’abrogazione dell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, recante “Norme sui licenziamenti individuali”, come sostituito dall’art. 2, comma 3, della legge 11 maggio 1990, n. 108, limitatamente alle parole: “compreso tra un”, alle parole “ed un massimo di 6” e alle parole “La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro.”?»
    Il secondo referendum riguarda la cancellazione del tetto all’indennità nei licenziamenti nelle piccole imprese. In quelle con meno di 16 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo oggi una lavoratrice o un lavoratore può al massimo ottenere 6 mensilità di risarcimento, anche qualora un giudice reputi infondata l’interruzione del rapporto. Questa è una condizione che tiene le e i dipendenti delle piccole imprese (circa 3,7 milioni) in uno stato di forte soggezione. L’obiettivo è innalzare le tutele di chi lavora, cancellando il limite massimo di sei mensilità all’indennizzo in caso di licenziamento ingiustificato affinché sia il giudice a determinare il giusto risarcimento senza alcun limite.
  3. Riduzione del lavoro precario
    Quesito:
    «Volete voi l’abrogazione dell’articolo 19 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 recante “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, comma 1, limitatamente alle parole “non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque”, alle parole “in presenza di almeno una delle seguenti condizioni”, alle parole “in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2025, per esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti;” e alle parole “b bis)”; comma 1 -bis , limitatamente alle parole “di durata superiore a dodici mesi” e alle parole “dalla data di superamento del termine di dodici mesi”; comma 4, limitatamente alle parole “,in caso di rinnovo,” e alle parole “solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi”; articolo 21, comma 01, limitatamente alle parole “liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente,”?»
    Il terzo referendum punta all’eliminazione di alcune norme sull’utilizzo dei contratti a termine per ridurre la piaga del precariato. In Italia circa 2,3 milioni di persone hanno contratti di lavoro a tempo determinato. I rapporti a termine possono oggi essere instaurati fino a 12 mesi senza alcuna ragione oggettiva che giustifichi il lavoro temporaneo. La proposta è quella di rendere il lavoro più stabile, ripristinando l’obbligo di causali per il ricorso ai contratti a tempo determinato.
  4. Più sicurezza sul lavoro
    Quesito:
    «Volete voi l’abrogazione dell’art. 26, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” come modificato dall’art. 16 del decreto legislativo 3 agosto 2009 n. 106, dall’art. 32 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modifiche dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nonché dall’art. 13 del decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito con modifiche dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, limitatamente alle parole “Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.”?»
    Il quarto referendum interviene in materia di salute e sicurezza sul lavoro. In Italia arrivano fino a 500.000 le denunce annuali di infortunio sul lavoro, con quasi 1.000 morti ogni anno, ovvero circa tre lavoratori al giorno che muoiono sul lavoro. Modifichiamo le norme attuali che impediscono, in caso di infortunio negli appalti, di estendere la responsabilità all’impresa appaltante. Cambiare le leggi che favoriscono il ricorso ad appaltatori privi di solidità finanziaria, spesso non in regola con le normative antinfortunistiche, significa garantire maggiore sicurezza sul lavoro.

REFERENDUM CITTADINANZA ITALIANA

  1. Più integrazione con la cittadinanza italiana
    Quesito:
    «Volete voi abrogare l’articolo 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione”; nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.”, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza”?»
    Il quinto referendum abrogativo propone di dimezzare da 10 a 5 anni i tempi di residenza legale in Italia per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana, ripristinando un requisito introdotto nel 1865 e rimasto invariato fino al 1992. Questo referendum non modifica gli altri requisiti necessari per ottenere la cittadinanza, come la conoscenza della lingua italiana, il possesso di un reddito adeguato, l’incensuratezza penale, l’adempimento degli obblighi tributari e l’assenza di cause ostative legate alla sicurezza della Repubblica. Questa modifica rappresenta una conquista decisiva per circa 2,5 milioni di cittadini di origine straniera che in Italia nascono, crescono, abitano, studiano e lavorano. L’Italia si allinea così ai maggiori Paesi europei, che hanno compreso come promuovere diritti, tutele e opportunità garantisca ricchezza e crescita per l’intero Paese.

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