Caso Reggina, Cannizzaro riavvolge il nastro: 'Ilari? Personaggio indecifrabile. Saladini unico responsabile'

Il deputato reggino ricostruisce l'intera vicenda, evidenziando ogni singolo passaggio, con diversi retroscena ed incontri importanti. Il tutto 'senza paura di smentita'

“Nella qualità di parlamentare del mio territorio, mi corre l’obbligo di informare i tifosi amaranto circa alcune fasi della vicenda Reggina 1914 che mi hanno visto coinvolto”.

Lo ha scritto in un lungo post su Facebook, dal titolo “Senza paura di smentita”, l’onorevole Francesco Cannizzaro.

“A differenza di chi sostiene che doveva essere chiamato dentro questa faccenda per interessarsene, io non sono stato chiamato da nessuno, non mi mi doveva chiamare nessuno, se non (come è accaduto) la mia coscienza di istituzione della Città di #ReggioCalabria.

Andiamo per ordine.

Il mio interessamento alla vicenda nasce qualche giorno prima del 5 maggio 2023, data dell’interpellanza urgente in Parlamento per far arrivare dritto al Governo il caso amaranto, frutto della mancata armonizzazione tra Giustizia sportiva e Giustizia ordinaria.
Tutto è iniziato con l’incontro con il Presidente della FIGC, Gabriele Gravina, per un confronto sulla questione penalizzazione. Si è trattato di un incontro dai toni profondamente istituzionali, molto cordiali, dandomi l’impressione di un clima di grande apertura e comprensione verso il “caso Reggina”.

L’interpellanza urgente in Parlamento, con il coinvolgimento del Governo in Aula, avente ad oggetto “Iniziativa normativa in merito alla disciplina applicabile alle Società calcistiche in stato di crisi e ai loro amministratori”, scritta dopo essermi più volte confrontato con il brillante legale della Reggina, l’avvocato Paolo Rotella, ha di fatto costituito “un valido e insperato supporto difensivo per i legali della Società” a loro stesso dire, come si evince dall’udienza dell’11 maggio, durante cui è stata richiamata nei suoi contenuti letterali e sostanziali innanzi alla Corte federale d’Appello FIGC, evitando la recidiva che avrebbe causato la maxi-penalizzazione e dando come ulteriore risultato la riduzione di 2 punti di penalità in classifica. Quei due punti che, com’è noto, al termine del campionato si sono poi rivelati decisivi ai fini della partecipazione della Reggina ai play-off.

Bolzano è stata la fine sul campo. Ma il vero inizio della fine, a mio avviso, coincide esattamente con giorno 12 giugno, quando, archiviato il campionato, ottenuta l’omologa del piano di ristrutturazione da parte del Tribunale fallimentare di Reggio Calabria, Marcello Cardona e Felice Saladini hanno tenuto una conferenza stampa dai toni trionfalistici e palesemente in contrapposizione con la FIGC e con tutte le istituzioni calcistiche. Aspetti questi che non sono stati ben accolti a Roma, dove, proprio il giorno dopo quella conferenza, guarda caso, il Ministro dello Sport Andrea Abodi è intervenuto ai microfoni dei giornalisti bocciando pubblicamente il salvataggio della Reggina e dichiarando testuali parole:

“il caso va esattamente nella direzione opposta dell’equa competizione”.

Cristallizzato quindi questo nuovo clima (decisamente più ostile) tra Reggina e Istituzioni sportive nazionali, dal 20 giugno è iniziato a trapelare qualche rumor della mancata iscrizione al campionato di serie B da parte della Società amaranto, per il mancato pagamento delle somme erariali, previdenziali e assistenziali. È stato come prestare il fianco.

Da qui via al caos: ansia e preoccupazione da quel momento hanno invaso Reggio Calabria, trovando pieno riscontro il 30 giugno, con il verdetto Covisoc e l’ufficiale esclusione della Reggina per inadempienze economiche.

Ho capito che la situazione stava precipitando quando, tornato in Federazione da Gravina per due incontri a distanza di poche ore l’uno dall’altro, ho percepito un netto irrigidimento nei confronti dei rappresentanti della Società amaranto (contrariamente al primo confronto ed alle varie interlocuzioni telefoniche).

In tutto questo, va precisato che la Reggina 1914 non aveva ancora versato la quota prevista (i famosi 757mila euro da versare entro il 20 giugno).

Dopo aver a lungo dialogato con il Presidente Gravina, comprendendo il grave rischio a cui stava andando incontro la nostra squadra del cuore, mi sono sentito in dovere di far riflettere Saladini sul mancato pagamento, invitandolo a raggiungermi urgentemente in Capitale, nei miei uffici di Montecitorio, per parlarne di persona, sollecitandolo a pagare immediatamente, per dimostrare alla Federazione che il mancato pagamento fosse da imputare ad una svista tecnica e non ad una mancanza di solidità economica. Il giorno immediatamente successivo, 5 luglio, Felice Saladini ha pagato i 757mila euro all’erario.

Contestualmente è stato presentato dal club amaranto il ricorso alla Covisoc, per chiedere l’ammissione al campionato di Serie B. A quel ricorso ho deciso di dare supporto non solo perorando verbalmente la causa amaranto ai massimi livelli dello Sport nazionale, ma anche mettendo nero su bianco cosa rappresenti la Reggina per i reggini, per la Calabria intera, in Italia e nel mondo. Insieme ad altri tre noti professionisti reggini del contesto amaranto, abbiamo scritto a otto mani una missiva rivolta proprio alla Covisoc, a chi avrebbe dovuto valutare il caso. A questa lettera formale, abbiamo affiancato l’interlocuzione istituzionale diretta avuta con il prof. Paolo Boccardelli, Presidente della Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio Professionistiche (Covisoc appunto) e Presidente della Commissione delle Licenze UEFA, sottoponendogli l’importanza culturale, economica, sociale, storica, oltre che sportiva, della Reggina.

Non è bastato, non poteva bastare, dinanzi alla perentorietà dei termini federali. Ma ci abbiamo provato, non lasciando nulla di intentato, per quelle che potevano essere le mie competenze da parlamentare.

Quando il Consiglio Federale della FIGC ha respinto il ricorso della Reggina, dando ragione ai rilievi della Covisoc, facendo diventare rovente il clima in Città, i tifosi (giustamente inferociti) hanno organizzato una manifestazione in Piazza Duomo il 10 luglio. Qui sono stato invitato con insistenza da parte dei rappresentanti della Curva Sud ad intervenire. Occasione in cui ho esternato tutte le mie preoccupazioni, dicendo a chiare lettere che la situazione era particolarmente contorta e molto critica, ma che, per quanto di competenza di ciascuno, avremmo fatto di tutto per tentare di salvare la Reggina. Il mio intervento è pubblico, facilmente recuperabile su internet, ripreso da decine di testate giornalistiche e da centinaia di comuni cittadini.

Nel frattempo, sono continuate le interlocuzioni con i vertici dello Sport nazionale. Tuttavia, le speranze sono andate via via sgretolandosi: il 17 luglio, il Collegio di garanzia del Coni, ultimo grado di giustizia sportiva, ha respinto il ricorso della Reggina, escludendola di fatto dalla Serie B; stessa storia davanti al Tar del Lazio, unico tribunale non federale e primo grado della Giustizia amministrativa, quando il 3 agosto ha bocciato le volontà della Reggina. Fino ad arrivare al triste e doloroso epilogo del 30 agosto, con il Consiglio di Stato che ha definitivamente posto una pietra tombale sulla Reggina 1914.

Prima di quel giorno fatidico, per dare maggior vigore alla battaglia, ho esplicitamente esortato il Presidente Roberto Occhiuto ed il Vicepresidente Giusi Princi a far costituire la Regione Calabria parte civile nell’udienza del Consiglio di Stato, unendosi a Comune e Città Metropolitana. Non hanno esitato mezzo secondo nello schierarsi accanto al Club amaranto. A loro ho anche suggerito in quell’occasione di far presente all’Avvocatura di Stato regionale che fosse delegato un avvocato reggino tra tutti quelli calabresi, magari conoscitore della vicenda: infatti, poi, ne è stato incaricato l’avvocato Gianclaudio Festa, che da grande professionista e grande tifoso è riuscito a fare una splendida arringa portando avanti le ragioni di un’intera comunità. Inoltre, vorrei evidenziare che è stata la prima volta nella storia che una Regione italiana si costituisse parte civile per una squadra di calcio.

E sempre per dare maggiore vigore alla causa Reggina, è stata attuata la “restituzione” della Società a Saladini, per arrivare più credibili alla sentenza del Consiglio di Stato. Come tutti sanno, le tante fantomatiche cordate di imprenditori si erano smaterializzate; contestualmente tutto l’ambiente (tifosi, istituzioni, Taibi) sosteneva che Ilari, vuoto nel progetto e nella sostanza, non fosse credibile e che quindi fosse necessario metterlo da parte. L’unica strada percorribile per dare un senso al ricorso era presentarsi con un minimo di credibilità. Da qui la mia incalzante mediazione, alla rincorsa insistente del “fantasma” Ilari, per restituire a Saladini le redini della Società Reggina 1914.
Seppur tardi.

In mezzo a tutti questi frenetici passaggi e fredde date, c’è poi da inserire alcuni capitoli nei capitoli.

Uno a se stante, per esempio, lo merita il sig. Manuele Ilari, che definire opportunista è un eufemismo; personaggio strano, indecifrabile, a tratti impercettibile nel suo nulla cosmico, capace di tutto e di niente da un secondo all’altro. E mi fermo qui. Per capire il soggetto basta dire che dopo aver formalmente ridato la Società a Saladini (con tanto di atto ufficiale e di pec in mio possesso poche ore prima che lo scrivessi sulle mie pagine social) ha tentato biecamente di confondere le acque e generare solo confusione mandando un’email a mezzanotte passata (aizzato strumentalmente da qualche esponente reggino) destinata a tutte le redazioni giornalistiche reggine, affermando il contrario – quindi il falso – per altro con una forma e uno stile che si commentano da soli. Stessi modi utilizzati giorni prima con i Sindaci f.f. di Reggio Calabria, che, nel giusto ma vano tentativo di convincerlo a cedere la Società, si sono persino scomodati per raggiungerlo fino a Catania. Ed anche con loro si è rivelato per quello che era.

Un altro capitolo è da dedicare senza dubbio a Felice Saladini, primo responsabile della disfatta. Gli errori imperdonabili della proprietà sono evidenti e restano agli atti. E ha l’ulteriore demerito di aver ceduto alle difficoltà affidando tutto ad una persona inqualificabile come appunto Ilari, per poi tentare con tutte le sue forze, fino alla fine, di salvare il salvabile.

E non ci è riuscito.

Capitolo successivo: Massimo Taibi. Il Direttore sportivo è tra le persone con cui mi sono confrontato più spesso in questo periodo e tra le poche costantemente al corrente di tutte le fasi. Ho toccato con mano la sua sensazione di smarrimento dinnanzi ad una situazione più grande di lui, nella quale si è ritrovato senza punti di riferimento societari, tra chi si è dimesso lavandosene le mani, chi ha ceduto e chi ha fatto finta di prendere le redini avendo però solo doppi fini. Massimo deve essere davvero visto come un vero amico di Reggio Calabria e della regginità. Uno status che merita per quanto si è sbattuto in questi mesi per tentare di far andare le cose al meglio. E ancora lo sta facendo.

Dulcis in fundo, il capitolo a cui più tengo: i ragazzi della Curva Sud. Non finirò mai di ammirarli per lo spirito identitario ed il senso di appartenenza, e poi per l’entusiasmo e la speranza che hanno alimentato. Li ho supportati nel passato, l’ho fatto in questa fase delicatissima, continuerò a farlo nel futuro.

In questo grande caos, dove c’era palesemente più da perdere che da vincere, sono stato mosso sempre, solo ed esclusivamente dall’amore per la mia Città e quindi per la Reggina, per la gente.

Lungo l’Autostrada Salerno-Reggio, in direzione Sud, all’altezza tra gli svincoli di Gallico e del Porto, sul muro in cemento sopra una galleria campeggia una grande scritta in vernice: “DIFENDI REGGIO”. Non so chi l’abbia fatta, ma ogni volta che la leggo penso che difendere Reggio sia compito di ogni reggino. E così ho fatto, anche questa volta.

La sindrome di Schettino non mi appartiene. Anche a costo di andare incontro a disfatte annunciate.

Se qualche altro reggino, invece, certamente più titolato a farlo in virtù di precisi ruoli, avesse agito prima e non parlato dopo, con umiltà e senza boria, probabilmente oggi staremmo parlando di calcio giocato.