Questo Natale vorrei una città di cui non dovermi vergognare

Reggio Calabria è la città delle meraviglie, ma anche degli orrori. Come potrebbe essere diversamente in una terra che non riesce a combattere i suoi demoni?

Reggio Calabria è la città delle meraviglie, ma anche degli orrori. È per questo che, fra le tante cose da chiedere a questo Natale, una la riservo proprio a lei.

“Questo Natale vorrei una città di cui non dovermi vergognare”.

Come potrebbe essere altrimenti in una terra che non riesce, in alcun modo, a combattere i suoi demoni?

Vedere il “cattivo” che ci circonda non vuol dire necessariamente sminuire il bello e il buono, anzi. Spesso, avere a cuore le sorti di qualcuno (o qualcosa, come in questo caso) significa ammettere che gli ostacoli sono tanti e, forse, invalicabili. Provate a pensare al “marcio” che circonda Reggio Calabria. Il riferimento è molto più velato della classica associazione di idee rifiuti – mafia – malapolitica. Spesso, consapevolmente o inconsapevolmente, siamo noi il male più grande per questa città. Noi che ci siamo arresi, noi che puntiamo il dito contro il prossimo senza mai fare una mea culpa, noi che forse dovremmo sbarazzarci del disincanto che “a fare qualcosa” devono essere gli altri.

Una città dallo sconfinato potenziale

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Provate a pensare a tutto il suo sconfinato potenziale:

  • la storia millenaria;
  • la cultura dei popoli che l’hanno abitata;
  • la cucina conosciuta in tutto il mondo;
  • i paesaggi mozzafiato;
  • il fantastico clima in tutte le stagioni dell’anno.

Nessuna è come lei. Ogni più piccola peculiarità trasuda perfezione. È impossibile, però, chiudere gli occhi o abbassare la testa di fronte anche alle cose più banali, alla mancanza di servizi essenziali, tutti tasti dolenti di una società che non è riuscita a fare il salto di qualità e di cui tutti si lamentano da anni.

L’ABC di una città del XXI secolo a Reggio Calabria è divenuto, invece, qualcosa per cui essere grati. Non è così che dovrebbe essere, non è così che si dovrebbe essere costretti a vivere nel posto che si è scelto di non abbandonare.

*Città nell’enciclopedia Treccani: centro abitato di notevole estensione, con edifici disposti più o meno regolarmente, in modo da formare vie di comoda transitabilità, selciate o lastricate o asfaltate, fornite di servizî pubblici e di quanto altro sia necessario per offrire condizioni favorevoli alla vita sociale (il concetto di città è legato a quello di una molteplicità di funzioni di varia origine e indole, economiche, sociali, culturali, religiose, amministrative, sanitarie, ecc., riunite in un solo luogo e per tale ragione non è condizionato dal numero degli abitanti)”.

Reggio Calabria non è una città, è una missione di vita

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“Questo Natale vorrei una città di cui non dovermi, per forza, vergognare”.

Lo dico a malincuore, ma è la verità. Allo stato attuale me ne vergogno e lo faccio perché amo questa città come se fosse la metà di me stessa.

La riflessione sulle disastrose condizioni della citta dello Stretto non è un attacco politico agli amministratori di ora o del passato, ma una semplice constatazione. Accusare qualcuno servirebbe forse a qualcosa? Trovare un colpevole cambierebbe magicamente le cose? Purtroppo no.

Prendere coscienza, invece, delle cose che non vanno e rimboccarsi le maniche per cambiarle davvero, questo si che può fare la differenza. Non mi aspetto, ovviamente, che qualcuno arrivi con la bacchetta magica a sistemare il gran casino che è questa terra: ‘ndrangheta, malapolitica, ignoranza e pregiudizi l’hanno smembrata di tutte le sue qualità migliori. Ma non è giunto il momento di dire basta? Non è forse arrivata l’ora di smetterla di lanciare i rifiuti per strada? Non è ora di pretendere dalle persone che abbiamo scelto per governarci piani di azione tangibili e concreti? Non è ora di far tornare Reggio Calabria al suo antico splendore?

Io credo di sì e credo anche che il sogno di una città di cui non dovermi vergognare dovrebbe essere il desiderio di tutti, da esprimere non solo a Natale, ma ogni giorno dell’anno e da perseguire fino allo stremo delle nostre forze.