Regionali, Lucano dice si a de Magistris: 'Candidato dalla parte degli ultimi'

Alla base del progetto politico di Mimmo Lucano per le elezioni regionali, lo stesso modello che ha tolto Riace dall'invisibilità

«Mi accusano di avere costruito il modello Riace per tornaconto politico, e fanno finta di dimenticare che ho rinunciato ad un seggio sicuro a Bruxelles. Ma io che c’entro con Bruxelles? Non parlo neanche inglese. Il mio posto è qui, a Riace, in Calabria».

È nella piazzetta del “villaggio globale” del piccolo centro jonico, che Mimmo “il curdo” Lucano annuncia la sua personale discesa in campo in vista delle elezioni regionali, schierato capolista in tutte le circoscrizioni calabresi a fianco di De Magistris, Tansi e «tanti amici che negli anni hanno capito e sposato il significato alla base di quello che è stato il progetto Riace». Un progetto di sinistra quello a cui Lucano ha aderito «in modo spontaneo, senza calcoli, con le liste ancora tutte da costruire insieme ai nostri compagni di viaggio». Un progetto che si richiama ad un pantheon preciso: Rocco Gatto, Giuseppe Valarioti, Peppino Impastato ma anche Ocalan e il Pkk Curdo «perché modello Riace significa stare dalla parte degli ultimi, e non solo con le idee, ma con la prassi quotidiana».

Il progetto politico

Sotto il sole feroce di questo anticipo d’estate, Lucano descrive quello che sarà il progetto politico «che va oltre la tornata elettorale»; ma la quotidianità spinge, e la richiesta pesantissima di condanna (7 anni e 11 mesi di reclusione) avanzata dai magistrati locresi nei suoi confronti appena pochi giorni fa, finisce per irrompere più volte nel flusso di pensieri che l’ex sindaco snocciola a braccio davanti al consueto plotone di giornalisti.

«Sono convinto che ci sia una differenza importante tra il concetto di legalità e quello di giustizia sociale. Avere firmato la carta d’identità per Filmon, un bambino di quattro mesi che aveva bisogno di cure, è considerato un reato per i magistrati di Locri, io invece la chiamo “umanità”. Mi contestano poi di avere fatto la stessa cosa nei confronti di Becky Moses, morta bruciata viva nella baraccopoli di San Ferdinando dopo essere stata costretta a lasciare Riace. Per loro è un reato, io invece sono orgoglioso della mia firma su quel documento». È un muro contro muro con l’ex prefetto Di Bari quello tratteggiato da Lucano: un “noi” e “loro” netto a tracciare un solco «tra chi aiutava gli ultimi ed è stato indagato, e chi era responsabile per la morte di Moses e non solo non è stato punito, ma è stato promosso dall’ex ministro Salvini».

Le elezioni sono ancora lontane, le liste ancora da rodare e definire, ma le idee sembrano già abbastanza chiare: nel bene e nel male, il modello di riferimento sarà quello che «che ha tolto Riace dall’invisibilità, restituendogli la dignità che povertà, malgoverno e emigrazione forzata gli avevano tolto».