Sciolta la Fondazione Corrado Alvaro, Staropoli: ‘L’unico faro acceso nella notte di San Luca’

"Chiedete a chi ci è passato – scrive Staropoli – se la Fondazione ha mai chiesto qualcosa in cambio. La risposta è no."

staropoli scrittrice

La Prefettura di Reggio Calabria ha disposto lo scioglimento degli organi della Fondazione Corrado Alvaro, storico presidio culturale del paese aspromontano.

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La decisione, motivata da irregolarità gestionali e da presunte infiltrazioni, ha suscitato profondo dolore e indignazione in tutta la comunità calabrese, e in particolare tra intellettuali e studiosi che per anni hanno trovato nella Fondazione un punto di riferimento.

Tra le voci più accorate, quella della scrittrice Giusy Staropoli Scalafati, che in un lungo post ha affidato alla rete il suo grido di dolore:

“Scrivo e piango, piango e scrivo, ma devo scrivere anche piangendo”, esordisce, rievocando con commozione il 24 gennaio 1997, data della nascita della Fondazione, simbolo di rinascita per un territorio spesso raccontato solo attraverso le ombre della criminalità organizzata.

Fondata con l’intento di tenere viva la memoria di Corrado Alvaro, uno dei più importanti intellettuali del Novecento italiano, la Fondazione ha rappresentato per decenni una scommessa culturale coraggiosa, nata in un contesto difficile, dove troppo spesso si è scelta di abbandonare invece che investire.

“In molti ci hanno creduto”, scrive Staropoli, ricordando le figure centrali che hanno dato anima e voce al progetto: da Padre Stefano De Fiores , primo presidente, a Don Massimo Alvaro , fratello dello scrittore e presidente onorario fino alla sua scomparsa. Fino ad arrivare all’attuale presidente, Aldo Maria Morace , illustre italianista e docente universitario.

Il provvedimento della Prefettura colpisce però non solo un’istituzione, ma anche un’intera narrazione: quella di un paese che, grazie alla cultura, stava cercando di scrollarsi di dosso lo stigma della ‘ndrangheta.

“La Fondazione era l’unico vero presidio di legalità e cultura. E oggi viene spesa. Perché?” si chiede l’autrice, con un tono che alterna rabbia e dolore.

Con forza, l’appello si rivolge anche allo Stato, a cui si chiede non un giudizio sommario, ma ascolto:

“Vorrei poter parlare con lo Stato, non allo Stato”, afferma la scrittrice, denunciando un sistema che, nell’intento di contrastare la criminalità, finisce per punire indiscriminatamente anche chi lavora per costruire bellezza e giustizia. La Fondazione, nel corso degli anni, ha accolto studenti, studiosi, giornalisti, offrendo gratuitamente supporto, materiali e accoglienza a chiunque volesse approfondire l’opera e il pensiero di Alvaro.

“Chiedete a chi ci è passato – scrive ancora Staropoli – se la Fondazione ha mai chiesto qualcosa in cambio. La risposta è no.”

Il suo è anche un grido rivolto al mondo intellettuale:

“Chi celebrerà, ora, i 130 anni dalla nascita di Corrado Alvaro? Chi ricorderà l’uomo, il pensatore, il poeta?”

L’appuntamento è per il 15 aprile , davanti alla sede della Fondazione, a San Luca: una chiamata aperta a scrittori, poeti, studiosi, cittadini e politici per difendere un’istituzione che, per il paese e per la Calabria, ha rappresentato molto più di un semplice centro culturale:

“Siamo tutti San Luca, siamo tutti la Fondazione Corrado Alvaro.”

E se è vero che i calabresi vanno parlati, allora quel giorno ci parleremo tra di noi. Corrado Alvaro non può subire tutto questo.

L’impegno di Aldo Maria Morace, in tutta la sua integrità morale e culturale, e di tutti i membri della Fondazione, a qualunque categoria di famiglie questi appartengano, è innegabile. È tangibile. Non lo si oscuri. Non lo si infanghi. Rivivrebbe Antonello dell’Argirò, e non possiamo permettercelo.

L’auspicio è che ora la Prefettura faccia il suo rapidissimo corso, che la Fondazione ritorni ai suoi membri, a San Luca, e che si cooperi tutti affinché San Luca rinasca con Corrado Alvaro in questo 130° anniversario. Intellettuali calabresi, ci siete? O adesso, a primavera, o d’estate è troppo tardi – conclude Staropoli – Ho finito di scrivere, ma non di piangere”.

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