Spirlì contro la fiction Rai 'La sposa': "Parlano una lingua strana. Non siamo orangutan"

"A calci nel sedere fuori dalla Calabria", il commento dell'ex presidente f.f. della Regione Calabria

Continua a far discutere la fiction Rai ‘La sposa’. Le prime due puntate, andate in onda domenica 16 gennaio su Rai1, hanno fatto il pieno di ascolti ma anche di polemiche. I social network sono invasi da commenti di calabresi indignati, perchè secondo loro la fiction non sarebbe aderente alla realtà calabrese dell’epoca. C’è poi chi evidenzia l’amarezza per una serie che parla di Calabria…ma che è stata girata in Puglia.

Tra i critici dell’ultimo prodotto Rai, c’è anche Nino Spirlì. Attraverso Facebook, l’ex presidente f.f. della Regione Calabria non ha usato mezzi termini.

“Parlano una strana lingua, che non corrisponde a nessuna delle lingue di Calabria. I matrimoni per procura si facevano al limite, per terre lontane – Americhe, Australia, Belgio… – e non per le regioni del Nord.

Forse, alcune delle nostre Donne sono partite per il Piemonte, o la Valle d’Aosta e la Liguria, dove si erano già installati gruppi di Calabresi, ma certamente non per il Veneto, che era regione depressa più della Calabria. Poi, errori di trovarobato: 1) La madonna di Lourdes in plastica?  2) La nduja?”.

Continuano a sfornare fiction trattandoci come orangutan. A calci in culo fuori dalla Calabria. E quei soliti asini in giro per i Paesi… (E sì che uno l’ho fatto cancellare dallo spot di Muccino…)”, il post di Spirlì pubblicato sui social network.

Spirlì, a distanza, di qualche ora, è tornato sull’argomento ricordando anche i suoi trascorsi da autore.

“Cara, tu mi conosci e saprai che, fra l’altro, ho scritto per RaiUno soggetti per fiction: ho sempre seguito la regola d’oro, e, cioè, quando mi ispiravo alla vita reale, ad essa aderivo rispettosamente. La cinematografia è forma letteraria contemporanea: con essa ci consegniamo al futuro e non possiamo sbagliare. Potremmo creare un falso passato per i nostri eredi.

Ecco perché, aderendo al recente passato della Calabria, gli autori avrebbero dovuto, quantomeno, documentarsi meglio e trasferire una vera verità. Tutto qui”.