'Non possono neanche darmi un bacio': la storia di Maria, figlia di due infermieri reggini

La storia di Maria e della sua 'quarantena'. Il padre lavora al pre-triage del GOM, la madre, oltre a prestare servizio per il 118 è presidente della CRI

Per rallentare la diffusione del coronavirus siamo costretti all’isolamento in casa, è una situazione avvilente e dalla difficile sopportazione. La voglia di uscire si fa sempre più insistente eppure, per il bene di tutti, questa è l’unica opzione valida. Le giornate passano ripetitive e monotone. Mi manca vedere i miei amici, le strade della città, persino la scuola (strano a dirsi!).

La consapevolezza di aver dato la quotidianità per scontato e l’attesa continua, non si sa esattamente di cosa, pesano sulla nostra nuova maniera di vivere. Tutto sommato però stiamo affrontando bene l’emergenza, ci atteniamo alle direttive e questo ci offre l’opportunità di ingegnarci adattandoci. Grazie ai social riusciamo a vivere con più serenità questo momento. Ci teniamo occupati grazie alle piattaforme streaming e ai social network come Instagram, Skype ecc.; con lo smartworking mandiamo avanti la società e la vita; in mancanza di attività ci dedichiamo alla cucina, alla lettura e alla scrittura. Del resto c’è sempre la scusa della spesa o del portare a passeggio il cane come piccole vie di evasione.

L’importante è  fare la nostra parte, dobbiamo dare man forte a tutto il personale sanitario che si prodiga per il prossimo, come fanno i volontari della CRI che per evitare che i più vulnerabili, soprattutto gli anziani, escano di casa li assistono portandogli spesa e medicinali a domicilio, effettuano anche  un servizio denominato SEP, in cui professionisti forniscono supporto psicologico per via telefonica alle persone sole. Così come l’AVIS che si sta impegnando per una raccolta straordinaria di sangue per far fronte all’emergenza.

In particolare, la mia famiglia vive una condizione singolare in quanto i miei genitori essendo infermieri sono in prima linea nella battaglia contro il coronavirus. Mio padre lavora al pre-triage nella tenda messa a disposizione al di fuori del pronto soccorso accogliendo così i possibili pazienti infetti; è chiuso all’interno dei dispositivi individuali di protezione che portano la fatica all’estremo, gli riesce difficile persino respirare; mentre mia madre oltre ad essere la presidente della CRI comitato di Reggio Calabria, presta servizio presso il 118 di Reggio Calabria come infermiera in ambulanza; fa del suo meglio per rassicurare i suoi colleghi e i nostri concittadini, si impegna ad assistere e soccorrere il prossimo.

Quando tornano dal lavoro sono sfiniti, per il servizio reso alla comunità, preoccupati e tuttavia ottimisti, credono fermamente nel futuro e nelle persone. A rendere il tutto più estenuante c’è il fatto che, essendo a stretto contatto con possibili infetti, devono tenersi a debita distanza, più di chiunque altro: non possono né abbracciarmi né darmi un bacio sulla fronte. Tuttavia non demordo:

“Rimaniamo distanti oggi per abbracciarci con più calore, per correre più veloci domani. Tutti insieme ce la faremo” cit. Presidente Giuseppe Conte.

Maria Nicolò, V A – Liceo Classico “T. Campanella”