Un quarto di secolo con Di Bella: 'Tante storie a lieto fine. La moglie di un boss mi ringrazia ancora oggi...' - VIDEO

Oltre 25 anni al servizio di Reggio. Il bilancio del presidente Di Bella ai microfoni di CityNow tra esperienze, progetti, storie ed emozioni

“Le storie che hanno avuto lieto fine sono tante. Qualcuna non lo ha avuto, e ci ha addolorato molto. Ce n’è una che riguarda la moglie di un importante boss reggino, temutissimo. Lui viene arrestato e condannato a tanti anni di carcere, la signora viene condannata in primo e secondo grado e allora quando la convoco in ufficio le dico che ho giudicato altri suoi familiari, se vuole che anche i suoi figli facciano la stessa fine? Questa signora dopo tanti ripensamenti è venuta da noi ci ha chiesto di aiutarla ad andare via dalla Calabria. L’abbiamo fatta andare via con i suoi due bambini, È stata accolta da Libera e ci ha chiesto anche di trovare una famiglia che potesse custodire i suoi figli per tutta la durata della carcerazione. Questa famiglia li ha tenuti per quasi due anni, mantenendo i contatti con la signora in carcere, e finalmente quando è tornata in libertà si è potuta ricongiungere ai suoi figli. Siamo ancora in contatto, mi scrive delle lettere bellissime e mi dice: giudice quando guardo in questa città la gioia negli occhi dei miei bambini il mio pensiero non può che andare a lei e al tribunale per questa nuova vita che ci ha regalato. Per noi queste sono gratificazioni enormi, umane più che professionali”

Le parole, misurate, calibrate, e pronunciate con un pizzico di emozione, sono di Roberto Di Bella, Presidente del Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria. Si collega alla consueta diretta di CityNow col direttore Vincenzo Comi, dalla Sicilia, da dove continua a lavorare facendo la spola con la nostra città.

Frequenta Reggio Calabria dal 1993 quando nelle vesti di giudice, era all’inizio della sua carriera che, dal settembre del 2001 lo ha visto diventare presidente Tribunale per i minorenni.

Tra giugno e luglio sarà trasferito a Catania. “Mi dispiace. Io a Reggio ho trascorso gran parte della mia vita professionale. Mi sento un po’ un regino d’adozione”, dice.

A lui si deve il protocollo d’intesa dal titolo evocativo, “Liberi di scegliere. Assicurare una concreta alternativa di vita ai soggetti minorenni provenienti da famiglie inserite in contesti di criminalità organizzata o che siano vittime della violenza mafiosa e ai familiari che si dissociano dalle logiche criminali”.

Un innovativo circuito comunicativo e prassi giudiziarie condivise, al fine di consentire al Tribunale per i Minorenni ed alla Procura della Repubblica presso lo stesso Tribunale, di individuare una strategia educativo culturale volta alla rimozione di un modus vivendi criminale, nel quale l’indottrinamento malavitoso dei minorenni è consuetudine radicata e necessaria per garantire continuità generazionale e il mantenimento del potere sul territorio.

Ma al Presidente non piace che si parli di “metodo di Bella” – “non mi piace – dice – è un orientamento giurisprudenziale”.

“Liberi di scegliere nasce da una esperienza, anche personale, ed ho avuto possibilità di avere osservatorio privilegiato sul territorio, mi sono trovato a giudicare i figli di coloro che processavamo negli anni 90. Se questo dato lo valutiamo a quello che è l’indiscusso predominio alle grande famiglie di ndrangheta, allora significa che la cultura criminale si tramanda in famiglia. Abbiamo visto sfilare tantissimi ragazzi che avevano potenzialità e sentimenti per aspirare ad una vita diversa di quella di sofferenza riservata loro dalla famiglia. Non potevamo più assistere inermi a quello che accadeva e accade. È stato un istinto di sopravvivenza professionale e personale”.

Consolidare l’esperienza

Di Bella è stato definito anche il Giudice che strappa i giovani alla ndrangheta, ma qual è il confine tra il concetto della responsabilità genitoriale e la patria potestà?

“Intanto, ci troviamo all’interno di una cornice giuridica molto chiara. Non siamo degli avventurieri del diritto. I genitori hanno una discrezionalità nell’esercizio della loro responsabilità genitoriale ma la discrezionalità non vuol dire arbitrio ed esporli ad un destino di sofferenza. Ecco questo è il confine. Se il mafioso non indottrina il figlio o lo tiene distante dal suo stile di vita noi non interveniamo. Se invece i ragazzini, bambini in alcuni casi, sono coinvolti in attività criminali, allora noi abbiamo l’obbligo interveniamo. In questi anni ne abbiamo visti tanti, a 9- 10 anni, coinvolti nel traffico di droga, per favoreggiamento di latitanti, hanno trasportato armi, minorenni che si sono resi responsabili di omicidi efferati, anche contro le forze dell’ordine. Abbiamo visto in tanti anni degli orrori, situazioni tribali, un Tribunale che si occupa di minorenni non si può girare dall’altra parte”

“Certamente c’è indottrinamento criminale integralista, molto marcato, e noi stiamo intervenendo per ampliare i confini culturali di questi sfortunati ragazzi. Se un ragazzino vive in quei contesti, ha sempre respirato quella cultura, e tutti i familiari sono intrisi di quella cultura, spesso non c’è nessuno ad indicargli la corretta strada educativa. L’obiettivo è proprio questo, nei casi estremi con allontanamento temporaneo dalla famiglia, dotare questi ragazzi di strumenti culturali per renderli liberi di scegliere. È una sorta di progetto Erasmus della legalità”

Di Bella è anche convinto, e speranzoso, che occorra una legge al sostegno del protocollo Liberi di scegliere:

“Serve una copertura normativa, finanziamenti stabili, formare il personale, aiutare i ragazzi che vogliono emanciparsi da quei contesti a studiare o a trovare una realizzazione lavorativa. I protocolli hanno carattere temporaneo e legati alle volontà contingenti delle singole persone che li sottoscrivono. E allora volendo proiettarsi in una prospettiva più ampia servirebbe una legge per dare una continuità giuridica e sociale all’operazione di infiltrazione culturale che ci siamo prefissi. So che ci sono diversi progetti in cantiere speriamo che questo accada. L’emergenza Covid ha inghiottito un po’ tutto, speriamo che presto ci possano essere degli sbocchi. Io dico sempre che ci vorrebbe un Piano Marshall per il sud, una valutazione globale di quelle che sono le esigenze dei territori e poi intervenire”.

“Abbiamo creato grazie al protocollo siglato nel 2017, e rinnovato nel novembre del 2019, una rete di protezione sociale per quei ragazzi che vogliono andare via, spesso sono accompagnati dalle madri, adesso hanno una rete d’appoggio composta da assistenti sociali, psicologi, volontari antimafia, come quelli di Libera, una rete che è finanziata dalla Cei con i fondi dell’8 per mille, e che consente a tanti ragazzi di realizzare i loro sogni di libertà, perché la ndrangheta comprime la libertà”.

 “Freed by Football”

“È un Protocollo firmato con il presidente della Figc Gravina, ispirato dal nostro tirocinante Claudio Romeo. Ha consentito a diversi ragazzi di fare esperienze molto importanti il calcio come palestra di vita, abitudine al sacrificio e alle regole. Ha dato l’opportunità di fare esperienze veramente significative. Speriamo possa rinnovarsi a Reggio Calabria e, chissà, poterlo esportare anche altrove. Lo sport è uno strumento di aggregazione culturale formidabile, purtroppo in tante parti della provincia reggina mancano centri di aggregazione e luoghi dove possono praticare lo sport, formarsi una coscienza civica anche attraverso la condivisione”

Liberi di scegliere diventa un libro ed entra nelle scuole

“Alla fine di questo percorso professionale ho sentito l’esigenza di lasciare una traccia emotiva. Quest’ultimo libro l’ho scritto con Monica Zapelli, che è anche la sceneggiatrice del film, con l’obiettivo di lasciare anche una traccia culturale ed emotiva di questo percorso. È destinato prevalentemente ai ragazzi della scuola. È un racconto autobiografico della mia esperienza ma anche una storia di emozioni e relazioni in un territorio di frontiera, e contiene racconti storie di ragazzi che non ce l’hanno fatta ma anche di persone che si sono emancipate da quei contesti. L’obiettivo è anche storicizzare gli interventi, raccontare quello che è successo in questi 25 anni con la speranza di evitare ai ragazzi che lo leggeranno le sofferenze patite dai coetanei”.

“Ci siamo accorti come Tribunale per i minorenni che non potevano muoverci da soli. Abbiamo cercato di dialogare con il territorio e con le associazioni, innanzitutto con Libera che ci sta dando una grande mano soprattutto con i ragazzi che sono fuori dal territorio. Ma ci stiamo muovendo anche con l’Unicef e con le associazioni locali, Biesse, Fondazione Scopelliti e Agape, con la dott.ssa Bruna Siviglia abbiamo siglato un protocollo mirato ai ragazzi delle scuole. Prendendo spunto da una circolare diramata dal Ministero dell’Istruzione, partner del protocollo Liberi di scegliere, abbiamo deciso di andare nelle scuole per parlare proprio di ndrangheta, del protocollo e del film. Il libro sta diventando un’occasione importante, perché si sdogana un tabù, possiamo parlare di ndrangheta attraverso le storie dei ragazzi e questo tocca le loro corde emotive”.

Adesso il progetto ha subito uno stop per via dell’emergenza sanitaria in atto. I primi studenti ad aver partecipato al progetto sono stati i liceali degli Scientifici, “Da Vinci” e “Volta”. Poi il Liceo Linguistico, il Piria e via via tante altre scuole. ma la novità è che il progetto sarà “esportato” in tutta Italia.

“Dal prossimo anno partiranno degli incontri di formazione che coinvolgeranno magistrati, Libera, l’associazione Biesse, che ci sta dando una grande mano sul territorio reggino e non solo. Parleremo della ndrangheta e del progetto Liberi di scegliere ovunque. Se ne parlerà in tutte le regioni d’Italia con programmazioni strutturate sulle esigenze dei singoli territori. Si prepareranno anche gli insegnanti, che è una cosa fondamentale, perché la scuola deve essere il primo presidio di legalità, noi come Tribunale interveniamo soltanto su situazioni patologiche, facciamo cioè un intervento di prevenzione secondaria. Io ricordo sempre che la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo dedica alla scuola un articolo molto importante, che recita che la scuola deve far diventare il fanciullo un membro utile della società e deve svilupparne il senso di responsabilità morale e sociale. E allora se in tutto il Meridione d’Italia da quasi un secolo imperversano le stesse organizzazioni criminali, c’è una diffusa cultura del malaffare vuol dire che anche la scuola negli anni non ha adempiuto esattamente alla sua funzione istituzionale”.

All’interno del progetto, è stato indetto un concorso in cui saranno premiati gli studenti che avranno scritto i temi più significativi con delle borse di studio finanziati dall’associazione Biesse e dai proventi del ricavato del libro.

L’augurio

“Auguro ogni bene ai reggini e a Reggio, città dalle tante contraddizioni ma che mi è rimasta nel cuore. Ho incontrato, si, la ndrangheta, ma anche tante persone meravigliose. La società civile sta crescendo e anche trasmissioni come questa vanno nelle direzione giusta che è quella del parlare di questo argomento che non deve essere tabù, le scuole stanno rispondendo più del passato, c’è una crescita della società civile, io dico, ce la faremo”.

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