‘Verità e giustizia al servizio del bene comune’: primo dialogo pubblico sulla realtà reggina.


di Vincenzo Comi- Sullo sfondo un particolare dell’affresco del ‘Buono Governo’ di Ambrogio Lorenzetti, fa da cornice al titolo del primo dialogo pubblico sulla realtà reggina, promosso dall’associazione politico culturale ‘Azione Politica dei Cattolici’. L’incontro, tenutosi a piazza Camagna nel pomeriggio di venerdì è il primo appuntamento di una serie di dibattiti di studio, approfondimento e confronto sui temi concreti del bene comune.‘Verità e giustizia al servizio del bene comune’. Questo il titolo del primo colloquio pubblico con i cittadini. “L’immagine alle mie spalle – spiega l’avv. Agostino Siviglia, presidente APC Circolo Pier Giorgio Frassati – vuole essere di buon auspicio per il futuro di Reggio Calabria. Quello della verità e giustizia al servizio del bene comune è un tema molto delicato.  Nella nostra realtà non c’è condominio, quartiere o strada in cui non ci sia in qualche modo l’influenza della ‘ndrangheta. Tuttavia c’è speranza e come ha detto Papa Francesco dobbiamo scegliere sempre il bene, il vero e il bello. Una delle nostre straordinarie risorse è rappresentata dai nostri giovani e saranno loro presto ad annunciare un reale cambiamento attraverso un senso di fraternità comunitaria.”Filo conduttore dell’incontro la “giustizia” nel suo significato più profondo attraverso le esperienze dei protagonisti che hanno vissuto e continuano a vivere la storia del giovane Riccardo Cordì, ragazzo di Calabria, nato a Locri, arrestato dai carabinieri per furto e danneggiamento. Il Tribunale di Reggio ha deciso di allontanarlo da Locri per un anno. Da lì è partito il suo viaggio.“Riccardo è stato il primo destinatario di un provvedimento che prova ad allontanare i minori appartenenti a famiglie di ‘ndrangheta dal proprio contesto di vita per dare una nuova chance. Conosce la mia figura attraverso un protocollo di intesa che Addio Pizzo ha realizzato con i servizi sociali di Messina – spiega Enrico Interdonato, psicologo e fondatore di ‘Addio Pizzo’ –  Inizialmente le aspettative erano pari a zero ma il punto fondamentale è che Riccardo prima ancora di essere un adolescente di ‘ndrangheta era un semplice adolescente cioè con bisogni evolutivi psicologici e biologici uguali agli altri suoi coetanei. Alcuni ragazzi respirano quotidianamente una pedagogia che alimenta un sistema sbagliato e vi si adattano perfettamente. Nascono già adulti e vengono privati della libertà di scelta. Sono loro le prime vittime della mafia.”A raccontare la storia di Riccardo, anche Francesca Panuccio, direttrice dell’Istituto Politico Sociale Mons. Lanza – che ha curato gli interessi legali del ragazzo. “Parlare di allontanamento forzato non piace a nessuno. Sono parole che contrastano con la libertà creativa dei ragazzi.””Non rinnego la mia famiglia e la mia terra – scriveva Riccardo Cordì in una lettera indirizzata al ‘Corriere della sera – ma adesso posso scegliere”.”E’ presto per dire se Riccardo riuscirà ad uscire completamente fuori da quei meccanismi – continua l’avv. Panuccio  – Per noi la cosa importante è avergli dato l’opportunità di scegliere. Speriamo che continui il suo percorso di legalità”.Presente all’incontro anche Don Pietro Catalano, consulente spirituale APC, Giuseppe Lombardo, procuratore DDA di Reggio Calabria, Luciano Squillaci, portavoce Forum Terzo Settore ed Arcangelo Badolati, giornalista e scrittore.“Dalla Calabria sono partiti messaggi importanti. Da don Antonino Polimeni a don Giorgio Fallara, uccisi nel 1862 a Ortì da quella che allora si chiamava picciotteria – “non siamo più sicuri né in casa né in chiesa” dicevano – ricordando Monsignor Agostino, Vescovo di Locriquell’umile sacerdote che ha avuto il coraggio di decostruire il mito, gridando in piazza che “quelli sono uomini del disonore che non hanno coraggio” – e a Monsignor Giancarlo Bregantini.”Esempi  – conclude Badolati – positivi che ci dicono che la Chiesa vuole essere una giuda e un esempio per tutti.”

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