Bimbo ucciso e abbandonato dentro uno zaino: specchio di una società malata
L'incubo di Villa fotografa un disagio sociale di una famiglia off-limits. Il dramma oggi è ancora tutto da chiarire
30 Maggio 2024 - 19:22 | di Vincenzo Comi

A Villa San Giovanni il dramma continua. Sul caso del bambino morto e lasciato sugli scogli emergono dettagli e particolari agghiaccianti.
Dalle prime indagini, a seguito dell’autopsia effettuata sul corpicino del bimbo, nato da pochissimi giorni e abbandonato sugli scogli del lungomare, affiorano pezzi di un puzzle dai contorni terrificanti. Gli esiti dei primi esami confermano che il bimbo non sia morto durante il parto ma che, al contrario, qualcuno lo avrebbe prima ucciso soffocandolo per poi abbandonarlo, di fronte lo Stretto di Messina.
Bimbo ucciso a Villa, vittima della follia umana
Il piccolo dunque sarebbe stato vittima della follia di una o più persone che avrebbero portato la piccola creatura all’ultimo respiro.
Nel dramma di una comunità afflitta dal dolore, il nome di Villa San Giovanni rimbalza in questi giorni sui tg nazionali per la storia inquietante e sconvolgente, specchio di una società malata che si allontana enormemente dai canoni e dagli standard della famiglia protettiva che per sua natura dovrebbe includere e abbracciare ogni suo componente e che invece, in questa storia mostruosa, al contrario, allontana, disprezza, rifiuta e annienta.
Qui siamo di fronte ad un atto di barbarie e ferocia inaudita. Come affermava il Garante Marziale, si tratta di una “verità indicativa di una cultura opposta al rispetto della vita umana“.
La comunità villese, che in queste ore soffre per il tragico racconto, è sotto choc e si pone mille interrogativi chiedendosi di chi sia la colpa e la responsabilità di una simile tragedia che ha compromesso il percorso di vita di una poco più che bambina, madre a soli 13 anni.
Secondo quanto raccolto, la famiglia coinvolta nel dramma, così come è emerso dalle indagini, viveva sì in una situazione di disagio sociale dal contesto degradato, ma non viveva una situazione del tutto drammatica dal punto di vista economico, poichè riceveva sussidi statali.
Tragedia a Villa, perchè nessuno si è accorto di nulla?
La famiglia aveva una casa in cui vivere, la giovane madre andava a scuola e i contatti con il mondo e la comunità esterna erano costanti. Ci si chiede quindi come mai nessuno ha notato nulla, come mai nessuno si è allarmato. Come mai a nessuno sia nato un sospetto, sia sorta una domanda o un semplice dubbio o un timore. Niente e nulla hanno smosso la sola apparente tranquillità della giovane madre che, al contrario, nascondeva un vero incubo degli orrori.
Chi conosce bene il territorio, sa che nella comunità di Villa San Giovanni, i servizi sociali funzionano e se si vuole denunciare esistono le istituzioni e la società è pronta ed attiva negli interventi urgenti ed estremi in caso di richieste di aiuto. In questo caso però c’è stata una chiara volontà di nascondere prima la gravidanza ed occultare ogni sofferenza, con una crudeltà disumana.
Neonato morto a Villa, la Procura indaga: c’è ancora tanto lavoro da fare
La Procura di Reggio, insieme alla Procura minorile, in questo momento ‘blindate’, sono al lavoro per ricostruire il dramma e comprendere le motivazioni e soprattutto identificare i responsabili della tragedia. Finora gli inquirenti hanno svolto un lavoro lodevole, identificando in poche ore la madre 13enne, affidandola ai medici e ai servizi sociali e salvandole così la vita, dalla setticimia e da una nonna snaturata.
Una nonna che avrebbe quindi preferito la morte di suo nipote alla richiesta di aiuto.
Ed in questo ahinoi il fallimento dell’intera società è fin troppo evidente e la storia di violenza e degrado segna il decadimento sociale in cui viviamo.
Distrutta la vita del piccolo, adesso è necessario aiutare, assistere e circondare d’affetto l’altra vittima, appena tredicenne, della storia dell’orrore. Solo così forse, l’intera comunità potrà in parte colmare il senso di colpa e l’enorme rimpianto di non essersi accorti di nulla, nel’indifferenza generale di una comunità forse oggi troppo egoista e poca attenta alle sofferenze altrui.