Al Circolo culturale "L'Agorà" un incontro dedicato alla legalità

Diverse sono le figure che si sono battute per il

Diverse sono le figure che si sono battute per il trionfo della legalità, della giustizia, pagando, in molti casi con la vita per tali principi. Il Circolo Culturale „L’Agorà” ha inteso ricordare la memoria di questi protagonisti e, prendendo spunto dal famoso romanzo di Leonardo Sciascia, pluralizzandone il titolo, organizza da qualche anno una serie di incontri il cui filo conduttore è „I giorni della civetta”.

La nuova conversazione si è basata sulla figura dell’uomo e del giornalista Mario Francese, ucciso a Palermo la sera del 26 gennaio 1979. Un cronista – come ricordato dal senatore Figurelli nel corso della seduta della Commissione parlamentare d’inchiesta del 26 gennaio 1999, quando a vent’anni dall’omicidio di Mario Francese, ne descriveva la figura […] un cronista ce si occupava soprattutto di cronaca giudiziaria: l’inchiesta, la ricerca, il far parlare i fatti erano la sua costante preoccupazione; la professionalità, quindi non il pregiudizio e l’ideologismo, né lo scoop ed il «velinismo»: questo è molto importante […]

Una figura nobile, così come ricordato nei i saluti da parte del Presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci che ha evidenziato che „la vita e le opere di personaggi come Mario Francese rappresentano una importantissima testimonianza, non soltanto del coraggio e dell’amore per la verità di cui i Siciliani sono capaci, ma anche del prezzo, tragico, altissimo, e spesso gravido di conseguenze anche “ulteriori” – tragedie nelle tragedie – che essi sono disposti a pagare in nome della legalità. „

Inoltre, e non per ordine d’importanza il saluto/testimonianza da parte di Giulio Francese, presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Sicilia, nonchè figlio di Mario che nella sua toccante testimonianza ha voluto ricordare la figura del padre e quella del fratello Giuseppe che „ha avuto un ruolo fondamentale per fare riaprire il processo, ha riletto tutte le carte di papà, le ha trascritte, catalogate. Si è costruito una sua robusta cultura sulla mafia e, nello specifico, sui corleonesi, è diventato giornalista perché gli altri giornalisti tacevano, ha scritto, ha fatto da pungolo ai magistrati che alla fine, dopo 20 anni dall’omicidio, su nostra richiesta, hanno riaperto l’inchiesta e celebrato un processo che ha portato alla condanna di mezza cupola di Cosa nostra. Giuseppe però quella lotta con se stesso e contro tutti l’ha pagata, si è stremato in questa rincorsa alla verità che era diventata la sua missione, la sua ragione di vita. La sentenza, la sua vittoria, non ha cancellato il suo dolore e il grande vuoto che gli è rimasto dentro. E si è suicidato, forse pensando di andare finalmente a raggiungere papà.” Mario Francese pagò con la propria vita per il trionfo della legalità, della giustizia e per “lo straordinario impegno civile con cui la vittima aveva compiuto un’approfondita ricostruzione delle più complesse e rilevanti vicende di mafia degli anni Settanta”. Mario Francese fu in prima linea nell’analisi della sfera della malavita organizzata siciliana. Il suo fu uno dei primi esempi di «giornalismo investigativo».

Questi alcuni de dati che sono emersi nel corso dell’incontro organizzato da Circolo Culturale „L’Agorà”, al quale ha partecipato il giornalista Fabio Papalia (direttore della testata on line Newz.it).