'Alitalia cancella i voli per il Tito Minniti': la lettera e l'avvertimento di un reggino

"Forse Alitalia sfrutta l’emergenza sanitaria per nascondere la propria decisione strategica di non “offrire” più voli diretti da e verso Reggio Calabria"

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di un reggino emigrato al nord che ha, ancora, a cuore le sorti della sua terra natia.

LA LETTERA

“Care cittadine e cari cittadini di Reggio Calabria,

chi scrive è una delle tante persone che, ormai da anni, vive lontano dalla città dello Stretto che gli ha dato i natali. Questa premessa, per molti, costituisce un motivo che dovrebbe impedire, a chi ha lasciato la propria terra, di occuparsi delle faccende locali. Si viene tacciati di aver abbandonato la Calabria, di tornarvi solo per le vacanze e di essere, dunque, opportunisti.

Forse è vero, ma questo non mi ha mai impedito di decantare le bellezze del mio luogo d’origine, invitando spesso le persone conosciute in Italia e nel mondo, nei vari posti in cui ho vissuto, a scoprire i tesori nascosti che Reggio Calabria e la sua provincia offrono.

È proprio per questo motivo che mesi fa, con altri cittadini di questo Nord Italia, che ora è così fortemente colpito dalla pandemia del Covid-19, si era deciso di trascorrere alcuni giorni a ridosso del 2 giugno proprio “giù”, da noi. In quei tempi non sospetti gli ospiti, come molti prima di loro, furono addirittura sorpresi di scoprire che da Milano si potesse raggiungere Reggio Calabria in meno di due ore con un volo diretto.

Non erano i primi a meravigliarsi dell’esistenza del nostro aeroporto, ma probabilmente saranno gli ultimi.

Sì, perché proprio ieri Alitalia ha cancellato i voli già prenotati. L’asserita motivazione, cito testualmente, sarebbe “a causa dell’emergenza sanitaria Covid-19 e ai conseguenti provvedimenti di restrizione relativi agli spostamenti decisi dalle autorità nazionali e internazionali”.

Una spiegazione che, onestà intellettuale vorrebbe, è quantomeno falsa.

Ad oggi, infatti, nessun provvedimento, legislativo o simile, preclude gli spostamenti per tale arco temporale. Delle due l’una: o le misure restrittive sono già state predisposte ben oltre il mese di maggio (il che merita di essere portato a conoscenza dei cittadini), o – più semplicemente – Alitalia sfrutta l’emergenza sanitaria per nascondere la propria decisione strategica di non “offrire” più voli diretti da e verso Reggio Calabria.

Personalmente, tendo verso questa seconda interpretazione, specie considerando che, come di molti voi sapranno, Reggio Calabria è l’unica destinazione nazionale che non è possibile prenotare se e quando l’Italia riuscirà a superare, o quantomeno gestire, questo maledetto virus.

È proprio alla luce di questa lettura dei fatti che vorrei richiamare l’attenzione di tutti su una necessità: non permettere che nessuno approfitti di questa situazione per rendere inoperativo l’aeroporto di Reggio Calabria. Resterà formalmente aperto, può essere, ma senza voli è come una Ferrari senza motore.

Sono tra quelle persone che, quando è scoppiata l’emergenza sanitaria, non ha minimamente considerato di “svernare” al Sud durante la quarantena, ma ciò che Alitalia sta facendo, nel silenzio delle istituzioni, è impedire in maniera assoluta, a tutti coloro che sono lontani dalle famiglie, di poterle riabbracciare quando questo sarà di nuovo possibile.

Sinceramente, soprattutto ora che siamo tutti lontani dai propri affetti, anche nella stessa città (perché rinchiusi in casa), non è accettabile pensare che quando tutto sarà finito il tempo minimo di viaggio per raggiungere Reggio Calabria da Milano sarà di circa nove ore. Ma è ciò che, nel silenzio dell’Italia in lockdown, si sta decidendo alle spalle della comunità di Reggio Calabria.

A breve, anche la Camera renderà legge (sulla “fiducia”) il decreto che assegna 400 milioni di Euro ad Alitalia nella prospettiva di farne una newco pubblica. In altre parole, Alitalia torna ad essere una società dello Stato. Uno Stato che ha deciso di fare a meno di Reggio Calabria.

Se davvero dobbiamo tutti pensare sin d’ora alla “fase 2” di questa emergenza, per consentire la ripresa della società, allora che lo Stato spieghi perché a ripartire non dovrà essere anche il nostro aeroporto, il nostro turismo e il nostro contributo, di chi lavora o raggiunge il Nord per necessità, ma che non dimentica che la casa è una, quella dove si è nati e cresciuti.

Per questo motivo, ritengo che, come in questi giorni si è scesi in piazza per impedire/consentire gli spostamenti sullo Stretto, gli amministratori locali e la comunità (a prescindere dalla “sponda”) dovrebbero allo stesso modo sollevare la voce e ribadire fin da adesso che, se una ripartenza ci sarà, questa dovrà volare da e per Reggio Calabria.

Altrimenti, il silenzio non sarà solo quello delle strade di questi giorni, ma sarà il rumore del fondo sul quale vorrebbero lasciare un Sud già debilitato, ma che mai si è arreso”.

Bruno Tripodi