Reggio e appalti truccati: scambio di favori tra dipendenti del Comune ed imprenditori 'amici'

Condotte contestate ad alcuni dipendenti di Palazzo San Giorgio che, abusando del proprio ufficio, avvantaggiavano l'attività imprenditoriale dei Gironda

Ciò che più stupisce, tra i diversi fatti di reato che emergono dalle carte dell’inchiesta ‘Revolvo‘ della Guardia di Finanza di questa mattina, e che ha portato agli arresti di tre imprenditori reggini ed un carabiniere, è il coinvolgimento di alcuni dipendenti del Comune di Reggio Calabria alle operazioni criminose, ‘a tu per tu’ con la ‘ndrangheta.

Ben sette sono coinvolti nell’inchiesta.

Sei sono accusati di concorso esterno con la ‘ndrangheta: Arturo Arcano (funzionario dell’ufficio Programmazione), Vincenzo Cuzzola (responsabile dell’ufficio Reti e Sottoservizi), Giuseppe Mafrici (dipendente dell’ufficio Arredo urbano e Verde pubblico), Giuseppe Marino (responsabile unico del procedimento di appalto relativo alla struttura sportiva del quartiere San Giovannello), Alfredo Maria Mesiano e Domenico Alessandro Macrì  (responsabile unico del procedimento relativo al progetto integrato del Centro Agroalimentare di Mortara).

Indagato invece per corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio il responsabile del Settore Progettazione de esecuzione Lavori pubblici del Comune Giancarlo Cutrupi.

Nella lista dei soggetti coinvolti in un’inchiesta di ‘ndrangheta la metà dei nomi riguarda dunque dipendenti del Comune di Reggio.

L’unitarietà della ‘ndrangheta: ‘fare mafia’ tra famiglie con ‘principi condivisi’

L’inchiesta ha origine da un’altra nota indagine, ‘Araba Fenice‘ che ha svelato un ruolo predominante della ‘ndrangheta nel campo dell’edilizia, anche privata. Assieme ad ‘Araba Fenice’, sono stati acquisiti ai fini dell’indagine anche atti provenienti dall’inchiesta ‘Pedigree‘, ‘Metameria‘ e ‘Gotha‘. Ma è dalla rilettura dell’indagine ‘Araba Fenice‘ che è nata ‘Revolvo‘.

Inchiesta che rivaluta alcune posizioni facendo emergere un altro spaccato di attività illegale variegate in cui emerge il meccanismo dello scambio del ‘favore’ unitamente alla totale assenza di rispetto dell’interesse pubblico.

Ciò che a nostro avviso più di tutto preoccupa è proprio l’infinità di condotte illecite, che emergono dalle carte. Comportamenti di alcuni dipendenti del Comune, che dall’interno di Palazzo San Giorgio, avrebbero posto in essere, al fine di agevolare l’attività dei Gironda.

Alla base del quadro investigativo, come sempre più spesso accade, ci sono le intercettazioni telefoniche, oltre alle classiche attività di pedinamento e controllo.

Dall’indagine emerge “l’evoluzione del modo di ‘fare mafia’ a Reggio Calabria, ovvero lo svincolo dai vecchi retaggi legati al sistemico controllo di una determinata zona del territorio, a favore di una più moderna e funzionale ‘collaborazione’ tra le ‘famiglie’, ora destinate alla spartizione di lavori di edilizia e proventi, indipendentemente dal locale di riferimento”.

La ‘ndrangheta dunque non è più un’insieme di cosche, famiglie o ‘ndrine scoordinate ma al contrario una grande organizzazione unitaria.

Dipendenti comunali piegati alla volontà della ‘ndrangheta

Quello che allarma maggiormente, oltre alla conferma di quanto già conoscevamo grazie a precedenti inchieste, è proprio l’evoluzione del ‘metodo mafioso’, capace di rappresentare a Reggio una vera e propria cultura che permette di infiltrarsi fin dentro i locali di Palazzo San Giorgio, imbonendo il funzionario pubblico di turno.

Ed è proprio la connivenza tra i ‘colletti bianchi’, inseriti all’interno del Comune di Reggio, che la ‘ndrangheta può curare i propri affari.

Dalle carte emergono continui legami tra le famiglie di ‘ndrangheta ed alcuni dipendenti pubblici.

Il ‘Gruppo Imprenditoriale Gironda‘ attorno al quale graviterebbero diverse famiglie di ‘ndrangheta, era in grado di interagire con l’amministrazione cittadina, piegata dall’interno al volere dei singoli piuttosto che al bene della collettività. E l’anello di congiunzione con Palazzo San Giorgio sarebbe stato Filippo Gironda.

Ai dipendenti pubblici indagati vengono contestati diversi episodi di corruzione, quasi tutti inclini, ad un interessato e persistente favoritismo verso imprenditori ‘amici’, abbandonando ogni minimo pensiero di fedeltà o rispetto della cosa pubblica.

Dall’inchiesta dunque viene a galla un modo di di vivere la città (da parte di alcuni dipendenti pubblici) che fa paura e che condanna di fatto la ‘res pubblica’.