I Bronzi di Riace erano biondi: l'ipotesi del prof. Castrizio

L'ipotesi del professore reggino è fra le più accreditate nel mondo degli accademici

I Bronzi di Riace erano cinque, erano biondi, e i due ripescati nelle acque di Riace, facevano parte di un gruppo statuario che rappresentava il momento subito precedente al duello fratricida fra Eteocle e Polinice, fratelli di Antigone, del mito dei Sette a Tebe collegato con quello di Edipo.

L’autore dell’ipotesi sull’identità dei Bronzi – conosciuti come A e B e ritrovati esattamente 48 anni fa – che trova confronti e appigli nelle fonti letterarie e iconografiche, e ora anche negli ultimi risultati delle indagini su patine e argilla, è Daniele Castrizio, professore ordinario di Numismatica greca e romana all’Università di Messina e membro del comitato scientifico del MArRC, il Museo Archeologico di Reggio Calabria.

Già lo scorso anno il professore reggino aveva esposto la sua teoria ai microfoni de Le Iene e a quelli di CityNow. La storia della ‘famiglia’ dei Bronzi ha affascinato i lettori curiosi di capire quale sia la verità sui guerrieri divenuti simbolo della città dello Stretto.

Castrizio da più di vent’anni studia le statue di Riace e collabora con i Carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio nelle indagini sulla presunta sparizione di elmi, scudi, lance e di altre statue del carico di Riace. L’archeologo ha illustrato la sua ipotesi, fra le più accreditate nel mondo degli accademici, a Sky Tg24.

“I Bronzi di Riace erano biondi e dorati e furono realizzati ad Argos, nel Peloponneso greco, entrambi nella metà del V secolo, a poca distanza temporale l’uno dall’altro, nella stessa bottega ma da maestranze diverse. Si è capito che B corregge gli errori di A, che rimane comunque la statua più perfetta nella tecnica di fusione del bronzo tra quelle arrivate sino a noi dall’antichità”, esordisce l’archeologo Castrizio illustrando i dati forniti dalla scienza, cioè dalle analisi su patine e argille.

Grazie al salto recente compiuto dalla tecnologia, si scioglie finalmente uno dei tre misteri che da 48 anni accrescono il fascino intorno ai due “guerrieri” e che sono un rompicapo per archeologi, scienziati e non solo. Almeno tre i grandi misteri il primo dei quali riguarda come si mostravano i Bronzi in antico, dove quando e da chi furono realizzati; il secondo relativo a chi rappresentassero e quanti fossero; il terzo: come e perché finirono nelle acque di Riace. Ad alcune di queste domande la scienza è ora finalmente in grado di rispondere, mentre nelle acque di Riace hanno preso a indagare i sonar in cerca del relitto e delle ipotetiche altre statue. Una certezza ormai conclamata è che i due guerrieri furono realizzati ad Argos: la prova è l’argilla con cui furono creati i modelli poi utilizzati per gli stampi in cera nei quali fu colato il bronzo. La terra è argiva e Massimo Vidale, professore di archeologia dell’Università di Padova, è sulle tracce delle cave.

“Siamo già a questa fase avanzatissima – commenta Castrizio – Fino a pochi anni fa, non sapevamo quasi nulla e si brancolava nel buio delle ipotesi, ora siamo addirittura a circoscrivere il punto preciso in cui fu prelevata la terra”.

Le analisi di Vidale danno nuovi elementi:

“I due bronzi, per i quali a livello stilistico si erano proposte datazioni diverse e con scarti anche di 50 anni, sono praticamente coetanei – spiega il professore reggino -: siamo nella metà del V secolo, l’argilla è la stessa per entrambi e proviene da due cave in due luoghi molti vicini. La bottega non poteva che essere ad Argos dove era attivo Pythagoras di Reggio, il bronzista considerato da Plinio tra gli eccelsi, con Fidia, Mirone e Policleto, nella cui bottega lavorava il nipote Sostrato, che ne proseguì l’opera”.

Novità assoluta dei nuovi studi intorno ai Bronzi è il loro colore. In età greca le statue apparivano bionde e dorate, in età romana erano nero lucide. Perché?

“Il nero lucido è il colore che assumono dopo il restauro che subirono quando furono trasferite a Roma – spiega l’archeologo – I Bronzi in origine erano esposti probabilmente ad Argo, ma dopo la conquista della Grecia e le spoliazioni del 146 a.C. di Lucio Mummio, furono portati nella capitale e qui esposti almeno fino al IV d.C”.

Castrizio spiega:

“Assodato che labbra e capezzoli erano di rame per imitarne il colore naturale e i denti d’argento, alcune novità riguardano gli occhi di calcite, un quarzo trasparente e lucido, con dentro del vetro rimasto solo nella statua B. Il colore degli occhi dei Bronzi era ambrato. Perché? Perché questo era il colore degli occhi dei leoni. Si è inoltre scoperto che i Bronzi sono le uniche statue al mondo ad avere la caruncola lacrimale, realizzata con una pietra rosa posta fra occhi e naso”. Al colore dorato si è arrivati grazie a una serie di prove eseguite dalla squadra di studiosi giapponesi che hanno commissionato a una nota fonderia di Firenze la ‘ricostruzione’ del bronzo dei guerrieri con le esatte percentuali della lega.

A questo punto restano due misteri: chi rappresentassero e perché finirono nel mare di Riace. Qui le ipotesi di Castrizio prendono forza grazie a fonti letterarie e confronti iconografici.

“Il fatto che fossero biondi avvalora la mia ipotesi sulla loro natura eroica e mitologica. La mia idea è che A e B siano Polinice ed Eteocle, fratelli di Antigone, che si sfidano a duello per il trono di Tebe”.

Secondo Castrizio, i Bronzi erano esposti ai lati di un gruppo che vedeva al centro la loro madre Euryganeia, con le braccia allargate e disperata mentre cerca di dissuadere i figli dal duello, e fra loro Antigone e l’indovino Tiresia. Se le statue erano cinque, che fine hanno fatto le altre presunte tre? Nei quasi cinquant’anni dal ritrovamento, avvenuto a 10 metri di profondità e a 300 dalla riva, che segnò una pagina epocale per tutta l’Italia c’è una storia parallela, fatta di cause in tribunale, denunce e, per alcuni, anche di depistaggi.

Una storia sulla quale sono attive le indagini dei carabinieri e su cui in qualche modo anche la Soprintendenza vuole vederci chiaro, avendo autorizzato di recente indagini mai eseguite prima d’ora nel punto in cui, nell’anno del ritrovamento dei Bronzi, una nave americana segnalò la presenza di qualcosa in fondo al mare, a molti metri dal punto in cui poi furono recuperate le statue.

Fonte: Sky Tg24