Caos Giunta, Pazzano dice no a Falcomatà...e al centrodestra

"Altro che apertura, abbiamo detto No in tutte le lingue. Vedremo alla prova dei fatti, chi gioca per sé stesso e chi gioca per la città"

Caos Giunta al Comune di Reggio Calabria, Saverio Pazzano dice no all’ingresso nell’amministrazione Falcomatà.

“Ci è stato proposto per l’ennesima volta in questi anni di entrare in giunta o, almeno, di accogliere una delega o un incarico. Insomma, di entrare in maggioranza con un significativo riconoscimento.

Abbiamo detto NO con estrema chiarezza. Crediamo di essere gli unici nel panorama dei gruppi consiliari ad avere rifiutato un’offerta che –di questi tempi – pare sempre più ghiotta e su cui addirittura pare la politica cittadina sia impantanata per un posto al sole, una poltrona, uno strapuntino.

Abbiamo detto NO perché crediamo non esistano un progetto politico, un percorso comune, una visione di città davvero alternativa e discontinua rispetto a ciò che abbiamo visto e vissuto negli ultimi dieci anni. Altro che apertura! Abbiamo detto No in tutte le lingue!

Semplicemente, abbiamo proposto –in una città spaccata dagli interessi personali e dalle personalizzazioni, dall’individualismo che vince sugli interessi collettivi- che si costruisse un percorso di partecipazione per rompere definitivamente col passato”, le parole di Pazzano.

Il consigliere comunale di opposizione spiega i motivi alla base del mancato accordo con il sindaco Falcomatà e allo stesso tempo respinge la mozione di sfiducia dei colleghi di centrodestra.

I motivi del no di Pazzano

“Credevamo e crediamo che chi si riconosce nei valori civili, sociali e culturali del campo progressista non possa in alcun modo accogliere per Reggio un destino in cui si aprono praterie alle Destre, né possa accettare ancora oltre un’amministrazione che navighi a vista e che neghi i servizi essenziali. Riteniamo ancora che l’unica possibilità sia ascoltare le realtà del tessuto sociale, ambientale, culturale e civico per fissare gli obiettivi dei prossimi mesi e dei prossimi anni.

Quello che vediamo –e il metodo attraverso il quale si è composta e si finirà di comporre la giunta- ci sembrano tipiche più di un consiglio di amministrazione che di istituzioni politiche al servizio della cittadinanza. Ossia, realtà aziendali che rispondono ad interessi parziali più che a interessi collettivi e in cui sia presente una pur minima dialettica politica.

L’impenetrabilità del palazzo dell’amministrazione cittadina è stata proverbiale in questi anni, solo la costruzione di una partecipazione al percorso di definizione degli obiettivi realmente raggiungibili e il successivo impegno dei gruppi politici e delle persone nella composizione della squadra di giunta avrebbero potuto invertire la tendenza e il presente di una città nella palude.

Bisogna ascoltare prima, la partecipazione non si costruisce a posteriori. Abbiamo già visto com’è andata. Le nostre perplessità restano tutte e sono decisive per lasciarci scegliere ancora la strada della minoranza. E dunque, resteremo alla minoranza e proseguiremo in quel lavoro di cucitura dei corpi intermedi esclusi, a essere la voce critica e costruttiva che siamo stati finora.

La sfiducia, quella reale, la misureremo sugli atti politici fondamentali, il bilancio come le altre attività, e non su una proposta di sfiducia nata come fu per le firme dal notaio, per fare clamore e basta. Non siamo noi l’ago della bilancia e -se la semplice matematica ha un senso- non lo saremo. A 17 ne mancano 4 e non 1. E abbiamo il dubbio che, se mai in aula del consiglio ci si potesse (ma è fantascienza) avvicinare al numero necessario, bene, quel giorno ci sarebbe qualche assenza o qualche contrattempo a garantire la continuità di questa amministrazione.

Se qualcuno ci tira per la giacchetta è perché mancano i reali contenuti d’opposizione e il teatro prevede che si trovi un capro espiatorio per allontanare gli argomenti e buttarla in caciara.

Quello che possiamo rimproverarci è di avere degli ideali molto chiari e di non volerli barattare per una bella poltrona o per qualche like. Una cosa impensabile in una realtà in cui si cambiano carro e bandiere con la più completa nonchalance.

Vedremo alla prova dei fatti, evidentemente, chi gioca per sé stesso e chi gioca per la città. Allo stato attuale sentiamo di dire ancora una volta che, perché la città si tiri fuori dal pantano, è necessario radunare il campo progressista e ascoltare e partire dai contenuti di quest’area per guardare all’oggi e per guardare lontano”, ha concluso Pazzano.