Reggio, il ricordo a 5 anni dalla tragedia: l’amore puro di Carlo Alberto non morirà mai
Giovanna D'Elia ricorda suo figlio Carlo Alberto: cinque anni di amore eterno e speranza per dodici vite
05 Dicembre 2024 - 15:19 | di Grazia Candido

Carlo Alberto Restuccia era amore puro, era luce, gioia per chi ha avuto la fortuna di stargli accanto, era vita. Non amava mettersi in mostra, ma non poteva fare a meno di aiutare quotidianamente, i meno fortunati, i bisognosi, gli amici, la sua amata famiglia. Il 19 Febbraio prossimo, saranno 5 anni dalla prematura e tragica scomparsa di Carletto, come amavano chiamarlo i suoi amici, deceduto in un incidente stradale a San Leo di Pellaro, dopo un violento impatto contro un palo dell’illuminazione sul quale si schiantò il conducente della macchina dove viaggiava il giovane reggino. Lo scontro fu forte e il 23enne seduto sul sedile passeggero, volò via dall’abitacolo riportando traumi gravissimi. La mamma Giovanna non può e non vuole dimenticare nulla di quel momento e quando parla del suo “bambino”, lo descrive come se fosse ancora qui con noi, racconta la sua dolcezza, la sua bontà, la necessità di fare sempre qualcosa per il prossimo perché “senza bene, non siamo niente”.
Carlo Alberto nonostante la giovane età, lo aveva capito e questa sua purezza d’animo, riusciva a trasmetterla non solo con azioni concrete ma anche, con la musica. Diplomato al Liceo Scientifico “Volta”, amava cantare e suonare.
“Aveva un talento innato, suonava tutti gli strumenti, chitarra, pianoforte, flauto, basso, batteria – ricorda mamma Giovanna -. Nella sua cameretta, ci sono le sue amate chitarre e in casa il suo inseparabile pianoforte, per Carlo la musica era libertà, gli dava serenità. Da grande, voleva fare lo chef, era un ragazzo creativo, metteva il cuore in tutto ciò che faceva”.
Un cuore che oggi batte ancora, perché gli organi di Carlo Alberto stanno dando vita ad altre persone. L’ultimo gesto d’amore del giovane e della sua splendida famiglia che, nonostante l’atroce dolore in quel devastante momento, non hanno fatto vincere la rabbia e la disperazione, è stato di proseguire la strada della speranza e dell’amore eterno.
Come flashback, scorrono nel quotidiano di Giovanna, le immagini di Carlo volontario, di quando si è tatuato sul petto le labbra della mamma dicendogli: “Ho deciso di portarti non solo dentro il cuore ma anche, sulla mia pelle per tutta la vita”, la ricorrenza di San Valentino quando le regalava i fiori, le uscite insieme, le giornate trascorse con i nonni. Carlo Alberto aveva lo stesso nome del nonno materno, un nome regale il cui significato è dunque “uomo nobile libero” e ne era orgoglioso, come lo era dei suoi genitori Mimmo e Giovanna e di suo fratello Omar Gabriel.
“Ho ancora sul telefono il suo ultimo messaggio di quella tragica notte – afferma Giovanna -. Il mio bambino non c’è più, per una mamma i figli sono sempre bambini e quando la vita te li porta via, ti crea una lacerazione che nessuno potrà mai curare. E’ un evento contro natura, che sovverte drammaticamente la logica della vita. Tutte le mattine, mia madre Angela va al cimitero di Condera per avere un contatto con il nipote tanto amato, non si può dimenticare Carlo Alberto, la sua morte è inaccettabile. Quando muore un figlio è finita, vai avanti per forze maggiori, ma è difficile. Io devo andare avanti, lo devo a Carlo, a mio figlio Omar anche se il dolore che sento al cuore, è devastante”.
Giovanna sa bene che purtroppo, suo figlio non tornerà più e lo sapeva anche quando insieme al marito, ha deciso di donare gli organi del ragazzo perché “Carlo era amore ed essendo stato un donatore Avis, come fai dopo che la sua vita terrena si è spenta, a non donare ancora? Dodici persone sono sopravvissute grazie a lui – ricorda la dolce mamma -. Ho dato il perdono al ragazzo responsabile della morte di mio figlio perché a 23 anni, i colpi di testa possono esserci, non si ha la maturità di capire che l’azione che si fa, può creare danni irreversibili. Il problema nasce quando chi ti dovrebbe impedire il colpo di testa, ti dovrebbe tutelare e non lo fa. Non serve l’odio, non apparteneva a Carlo né a noi, in questo momento serve difendere l’amore, quello che mio figlio nel breve tempo della sua vita, è riuscito a donare”.
A casa di Giovanna, attaccati ovunque ci sono i post-it di Carlo Alberto, i vestiti, gli oggetti personali, le foto di momenti felici appannate dalla nostalgia che sembra non avere mai fine e si respira la purezza di quell’anima bella che aiuta chi è rimasto su questa terra ad affrontare il dolore che, spesso, separa invece di unire. Non è così a casa Restuccia dove si riscopre la misura diversa di sentirsi vicini a chi è stato portato via, ma che resterà per sempre lì, dove ha generato il vortice dell’amore immortale.
