Covid e tiroide: l’endocrinologo mette in guardia i pazienti

Il Covid può portare un ipertiroidismo, anche se solo apparente. A volte passa senza bisogno di una cura, altre invece no. La spiegazione del dott. Tromba

Foto Tromba E

L’attuale epidemia da coronavirus richiede un impegno in prima linea degli endocrinologici nella cura dei loro pazienti che, mai come in questo frangente storico, hanno bisogno di sentirsi rassicurati e di avere risposte precise sulla loro condizione di salute, sull’eventuale maggior rischio di contrarre l’infezione da SAR-CoV-2 e/o di avere malattia più grave.

Su questo argomento, è intervenuto il noto endocrinologo reggino dott. Domenico Tromba, consigliere dell’ordine dei medici di Reggio Calabria,  segretario regionale AME (Associacione medici endocrinologi),  membro cda Unime.

Il legame tra coronavirus e tiroide

“Le evidenze scientifiche sull’infezione da SARS-CoV-2 sono in continuo aggiornamento ed evoluzione-spiega il dott. Tromba- questo vale anche per quanto riguarda le informazioni a nostra disposizione sulle possibili relazioni tra nuovo Coronavirus e sistema endocrino, in particolare tra Coronavirus e malattie tiroidee. Il Covid-19 può danneggiare la tiroide, ma non solo: in pandemia sono aumentate le malattie a carico di questa ghiandola, a causa dello stress. Alcuni sintomi-prosegue l’endocrinologo- come sentirsi stanchi, spossati, con dolori o febbricola dopo essere guariti dal Covid,  potrebbero essere dei campanelli d’allarme di una delle conseguenze del virus nell’organismo, in particolare di un effetto che può dare a livello della tiroide”.

Gli studi condotti finora hanno dimostrato che c’è un nesso tra il coronavirus e la ghiandola tiroidea.

“Proprio come accade con altri virus- evidenzia il dott. Tromba- il Covid-19 è in grado di entrare nella tiroide e di distruggere le cellule che ne compongono il tessuto e contengono ormone tiroideo. La tiroide, infatti, è un po’ come se fosse un serbatoio: se il tessuto è danneggiato, gli ormoni immagazzinati vengono liberati e vanno in circolo. Il primo effetto è un ipertiroidismo, anche se solo apparente perché non dovuto a iperproduzione. Questa condizione è detta di tiroidite subacuta. Con il passare del tempo-dice l’endocrinologo– la situazione torna alla normalità, almeno nella maggior parte dei casi e una volta eliminato il virus dall’organismo, la tiroide riprende la sua funzionalità”.

Sono stati però segnalati alcuni casi, circa il 10/20%, nei quali non c’è stato un pieno recupero e si è dovuto ricorrere a una terapia a base di tiroxina, l’ormone della tiroide.

Tromba spiega come riconoscere i danni

“In genere -afferma il noto endocrinologo-ci sono alcuni sintomi che permettono di individuare il problema. I danni alla tiroide, dovuti al Covid, solitamente compaiono un paio di settimane dopo la guarigione dalla malattia. È il caso di rivolgersi al medico, che potrà valutare la situazione, se si avvertono: febbricola; spossatezza come da infezione virale; tachicardia; sudorazione; dolore al collo che si irradia all’orecchio. Sono sintomi analoghi a quelli di uno stato influenzale, ma con l’aggiunta del dolore nella sede della tiroide, tanto che si parla di influenza della tiroide.

Basta una semplice ecografia-spiega il dott. Tromba– insieme agli esami del sangue per controllare i livelli di Tsh (l’ormone della tiroide) e alcuni indicatori di infiammazione, per arrivare a una diagnosi. L’ipertiroidismo iniziale, invece, non porta a variazioni di peso, si tratta di una forma lieve che non comporta alcun cambiamento sensibile.
Un altro fenomeno che si è osservato e che riguarda i pazienti ospedalizzati, è che nei malati Covid si è sviluppata la cosiddetta sindrome da bassa T3: accade che l’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide si mette a riposo e produce meno ormone tiroideo. È un meccanismo di protezione per non stressare l’organismo. Accade, però, non solo nei casi Covid, ma anche ad esempio in caso di incidente e ricovero in terapia intensiva.

Dobbiamo però  rassicurare la popolazione-conclude l’esperto endocrinologo- con  dire che, una volta guariti, tutto torna nella normalità e ancora mi preme sottolineare che l’iporoidismo da tiroidite subacuta, qualora dovesse essere permanente, è facilmente correggibile con trattamento sostitutivo con levotiroxina. Tanto per tranquillizzare la popolazione”.

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