Docuserie Carabinieri, il regista Camarca: 'Partire da Reggio per unificare l'Italia'

Il regista di "Avamposti" ai microfoni di CityNow spiega la docuserie. Poi il pensiero su altre fiction: "Criminali fatti passare per Amleto"

L’altra faccia della medaglia, è questo ciò che Claudio Camarca, regista di “Avamposti – Uomini in prima linea“, desidera raccontare agli spettatori italiani. Una serie un po’ fuori dai soliti schemi, che non vede protagonista la narrazione criminale, che spesso e volentieri ha fatto discutere la società, bensì il contrasto alla criminalità organizzata e, più in generale, la lotta a qualsiasi forma di illegalità, ai cittadini.

“Avamposti” la docuserie dedicata all’Arma dei Carabinieri

La docuserie, realizzata da Stand by me in collaborazione con l’Arma dei Carabinieri, andrà in onda sul Nove dal 14 febbraio alle ore 21.25 e sarà disponibile in anteprima dal 7 febbraio su discovery+.

Avamposti” racconta la quotidianità dei Carabinieri in servizio ai reparti territoriali, laddove i militari sono costretti a misurarsi in realtà caratterizzate da degrado e crimine. Per la serie sono state scelte quattro diverse città, simbolo dell’intero Stivale: Catania, Reggio Calabria, Torino e Milano.

Camarca: “Basta personaggi ispirati alla criminalità”

“Si tratta di un factual più che di una fiction – ha spiegato il regista ai microfoni di CityNow, in occasione della presentazione di Avamposti. È un documentario di azione. Tutto ciò che raccontiamo è vero, siamo stati 10 giorni a girare all’interno della Scuola Allievi Carabinieri di Modena a Reggio Calabria.

Ciò che avviene qui non è più difficile o “criminale” di quanto accade a Catania, Milano o Torino ma esattamente lo stesso. Questo è uno dei motivi per cui la serie è dislocata in queste diverse città. Ci tenevo a partire da qui – ha aggiunto Camarca – perché partire da Reggio Calabria vuol dire unificare l’Italia. L’intento era quello di raccontare non una terra di confine, ma un paese confinato, soprattutto a causa della criminalità”.

Il regista si è poi soffermato sull’importanza dei messaggi veicolati dalla televisione e dalle fiction, in particolar modo alle giovani generazioni:

“Non sono una persona polemica, ma mi indigno quando uno spacciatore, uno stupratore, un assassino viene fatto passare per Amleto. Capisco il poco senso della misura di alcuni sceneggiatori e scrittori, ma differenza di quelli che scrivono, io alcuni luoghi emblematici per la criminalità li conosco palmo a palmo. Portandovi mano per mano a Napoli e Foggia, in alcuni quartieri si sentono i bambini chiamarsi con i nomi delle fiction e allora capisci che qualcosa non ha funzionato.

Ci sono serie che hanno creato un vero e proprio fenomeno, a Roma molti vanno d moda. Intere generazioni di bambini hanno preso i loro soprannomi ispirandosi a personaggi negativi della criminalità e questo invece di assurgere a paladini dell’antimafia, come i ragazzi in divisa di “Avamposti””.

Camarca conclude con un invito:

“Lasciamo spazio a questi signori. Come cittadino e come padre credo che l’unico modo per vivere in una società migliore sia stare insieme all’arma e schierarsi al fianco dei magistrati”.