Estorsione Vesper, la prepotenza dei Tegano: 'Vui non sapiti cu su i cristiani'

Sette gli indagati per cui la procura di Reggio ha chiuso le indagini su una serie di atti intimidatori e vessatori nei confronti del titolare di un noto locale della movida cittadina

Sono giovani, hanno cognomi che pesano, e si comportano come se la città gli appartenesse. Dalle carte delle indagini sui rampolli dei Tegano che tormentavano il gestore del Vesper, viene fuori uno spaccato fatto di bullismo, prepotenza e presunzione, spesi dietro lo spauracchio di una delle cosche – quella dei Tegano di Archi – più potenti e feroci del panorama criminale cittadino. Sono sette gli indagati per cui la procura di Reggio ha chiuso le indagini su una serie di atti intimidatori e vessatori nei confronti del titolare di un noto locale della movida cittadina. Consumazioni gratis, devastazioni, irruenze, persino un aggressione alle forze dell’ordine che erano intervenute per placare gli animi: nelle accuse mosse dal sostituto procuratore Sara Amerio c’è tutto il campionario dei “good fellas” masticato da Hollywood e riproposto sullo Stretto con le medesime dinamiche.

VUI NON SAPITI CU SU I CRISTIANI

Una serie di vessazioni continue e durature nel tempo che hanno portato il giovane gestore del locale, Gianfranco Laganà, a denunciare quanto accaduto tra il 2017 e il 2019. Una situazione già vissuta in città e che era diventata quasi comune in quel periodo, con i giovani dei casati di ‘ndrangheta che rivendicavano con la violenza le proprie assurde pretese sulle attività presenti sui territori succubi della loro influenza. «Mi ricordo di te, tanto ci dobbiamo rivedere» diceva minaccioso uno degli indagati ad un agente intervenuto al Vesper, «vui non sapiti cu su i cristiani, vi pisciamo addosso». Estorsione aggravata dal comportamento mafioso l’ipotesi avanzata dai magistrati dello Stretto nei confronti dei giovani orbitanti nella galassia criminale del clan di Archi. «Tu ti devi muovere – dice Domenico Tegano al malcapitato gestore del locale – che quando veniamo noi devi prepararci da bere e stare zitto e saresti pazzo a chiedermi lo scontrino». Uno stillicidio di prepotenze che aveva lasciato il segno sia nel titolare del locale che tra i suoi dipendenti. Alcuni di loro erano già passati attraverso quel tipo di “gogna” in passato, durante il servizio presso altri locali, e temevano la pericolosità dei soggetti e la violenza con cui avrebbero potuto reagire alla notizia di una denuncia.