Falcomatà e l'addio alla madre Rosetta: "Conoscevo questo dolore"

"Quante cose pensavo di sapere. Ma il dolore è un inverno che ti sputa in faccia la neve di primavera", il commosso saluto del sindaco

Con un post su Facebook, il sindaco Falcomatà dà l’ultimo saluto alla madre Rosetta Neto, scomparsa la scorsa settimana. Il primo cittadino ricorda il dolore provato più di 20 anni fa con la morte del padre Italo, e da domani annuncia il ritorno al lavoro dopo il lutto subito.

Il saluto di Falcomatà alla madre

“La forma del dolore. Eppure lo conoscevo. Si era presentato poco più di vent’anni fa. Sapevo come affrontarlo perché sapevo che stavolta l’avrei sentito arrivare e mi sarei preparato ad accoglierlo come si fa con un ospite di riguardo, un parente di ritorno. No, non mi avrebbe colto di sorpresa.

Sapevo che sarebbe arrivato come un vento del nord a portare odori che sanno di incenso e fiori chiusi in una stanza, di caffè e camere sterilizzate”.

Sapevo che sarebbe arrivato come tutto ciò che sta dalla parte sbagliata del cielo portando in dote chiacchiere, mani che si intrecciano, baci e abbracci più o meno sentiti.

Sapevo che mi avrebbe fatto dono di una playlist di motivi scelti apposta per me e che, senza accorgermene, avrei iniziato a sentire dentro parole che sanno di frontiere varcate in primavera, di rondini, di balli antichi che nessuno sa fare più e che nella mia ora di tenebra ci sarebbe stato qualcuno a dirmi lascia che sia. Scandito più volte. Lascia che sia.

Eppure lo conoscevo. Mi aveva spiegato, quella prima volta, che la strizza al cuore che sentivo significava iniziare a fare i conti con la differenza tra assenza e perdita. E avrei capito che la perdita è molto peggio.

Mi aveva spiegato anche la differenza tra prossimità e vicinanza e avrei capito che vicino non è ancora abbastanza. Vicino non è mai abbastanza. Quante cose pensavo di sapere. Ma il dolore è un inverno che ti sputa in faccia la neve di primavera.

È un’onda alta e ingorda che promette di tornare.

È un bravo maestro che ti insegna come stargli accanto e farci i conti.

È l’odore di un maglione dentro un cassetto e di una coperta gelata. È un sarto che sparge sale e ti educa all’ago e al filo per cucirti addosso il sorriso migliore sopra una ferita sanguinante.

È la disciplina di un orologio che batte sempre la stessa ora.

È un ragno che tesse una tela di filo spinato.

È una penombra che si fa abisso stretto e profondo.

È l’esigenza di una memoria, il bisogno di un ricordo.

È l’inchiostro stordito dentro una biro che nessuno usa più.

È una domanda masticata in silenzio e ingoiata senza risposta, un digiuno. Dove sei?

È una preghiera.

È essere qui “solo con te, in un futuro aprile”.

Mi ha colto impreparato. Eppure lo conoscevo”, il post di Falcomatà.