La fontana vecchia di Gallina e la mutevolezza della società

Dovremmo sforzarci di fare un passo in avanti, dovremmo farlo ad occhi aperti, spronando le Amministrazioni Comunali a tutelare la memoria storica della nostra città

E se una pietra parlasse…?

Immaginiamo per un istante che una pietra fredda, insensibile, appuntita oggi ci stesse parlando.

Immaginiamo anche di dedicarci all’ascolto, pratica inusuale e bizzarra per la frenesia della società 3.0.

Il mio pensiero nasce da Gallina di Reggio Calabria, meraviglioso borgo della nostra terra e contesto familiare dove ancora, le relazioni si instaurano tra persone davanti a un caffè, dove gli automi della società nostrana troverebbero bizzarro l’uomo di terza età seduto su una panchina col bastoncino di legno in bocca.

Era il 1786, tre anni dopo le sofferenze del terremoto, quando i gallinesi attingevano l’acqua da quella “fontana vecchia”, costruita da Re Ferdinando IV di Borbone, prima e unica fontana d’acqua potabile e per uso domestico, lungo la strada del Cimitero, attraverso la vecchia mulattiera.

Vandalizzata, lasciata in preda al degrado, la vera testimonianza di carattere storico ha parlato un tempo attraverso l’autorevolezza di mio nonno materno, Giuseppe Moscato giornalista e funzionario del Comune di Reggio Calabria, Capo Ufficio Stampa e Capo di Gabinetto e lo fa oggi, domandandosi, perché?

Perché si arriva al vandalismo? Perché le Amministrazioni Comunali ignorano la gravità del problema? Perché la Chiesa non attecchisce più tra le giovani generazioni? Perché la famiglia stenta a decollare quale agenzia educativa? Perché la scuola ha archiviato i testi di educazione civica ritornando, solo oggi nella progettazione didattica?

Abbracciare una società disgregata, dallo scarso appeal valoriale, relazionarmi con bassezza e pochezza culturale, rischiare di incappare in problematiche che inorridiscono gli animi nobili della gente per bene a me non sta bene.

Il racconto della cattiva notizia nel circolo mediatico inizia a stancare chi davvero ha il coraggio di ascoltare.

Tutti dovremmo sforzarci di fare un passo in avanti, dovremmo farlo ad occhi aperti, spronando le Amministrazioni Comunali a tutelare la memoria storica della nostra città, veicolando le iniziative sane dei contesti vincenti quali chiesa e sport per citarne alcuni, avendo l’onestà intellettuale di denunciare l’illegalità in ogni sua forma, tornando finalmente uomini.

Se una pietra, levigata dal tempo, prova tangibile della degenerazione della società, vittima silente delle peggiori sconfitte della vita potesse parlare, oggi, starebbe in silenzio.

Il cuore di pietra sarebbe il nostro, di quella società che non commette gravi azioni ma resta immobile a guardare, cancellando con un clic il trascorrere della vita.

Il mio pensiero va ai nostri antenati e ancora più indietro alla mitologica Mnemosine, personificazione della memoria.

Ritengo fondamentale che tutti noi abbandonassimo il letargo storico culturale (che ci attanaglia da oltre un secolo) padroneggiando l’eredità di ciò che abbiamo ricevuto custodendo gelosamente l’intero patrimonio per le generazioni future, perché: “un popolo che non ha memoria non ha futuro”.