Processo Araba fenice: assolto con formula piena l’ex bancario Giulio Lugarà

Il reato contestato era stato prescritto in primo grado, ma l'imputato ha fatto ricorso in appello per dimostrare la propria innocenza, confermata dalla Corte d'Appello

Tribunale Corte Appello Reggio Calabria (1)

Si è conclusa con una sentenza di assoluzione piena la lunga vicenda giudiziaria che ha coinvolto Giulio Lugarà, già dipendente del Monte dei Paschi di Siena di Reggio Calabria, oggi in pensione. Anni fa, Lugarà era finito al centro del procedimento penale denominato “Araba Fenice”, che aveva portato all’arresto di numerosi soggetti.

La vicenda e l’accusa nei suoi confronti

A Lugarà era stato contestato di aver prestato aiuto a Giuseppe Liuzzo, all’epoca imprenditore e successivamente divenuto collaboratore di giustizia. Durante il suo ruolo di bancario, Lugarà sarebbe stato accusato di aver agevolato l’attività della società del Liuzzo, la quale era sottoposta a sequestro preventivo. Per tali fatti, Lugarà aveva subito 11 mesi di arresti domiciliari ed era stato sospeso dalla retribuzione. L’imputazione nei suoi confronti era formulata in via alternativa come concorso esterno in associazione mafiosa o favoreggiamento reale.

Il primo grado e la decisione del Tribunale

Al termine del lungo dibattimento di primo grado, il Tribunale Collegiale di Reggio Calabria aveva escluso l’ipotesi di concorso esterno, ma aveva dichiarato prescritto il reato di favoreggiamento reale. Tuttavia, questa decisione non aveva soddisfatto l’imputato, poiché la prescrizione non rappresentava un riconoscimento della sua innocenza e gli avrebbe impedito di ottenere l’indennizzo per l’ingiusta detenzione e le retribuzioni non percepite durante il periodo di sospensione.

Il ricorso in appello e la difesa di Lugarà

Per tale motivo, Lugarà ha deciso di proporre appello contro la sentenza di primo grado, affidando la propria difesa all’avv. Andrea Alvaro. L’impugnazione di una sentenza di prescrizione è una procedura giuridica complessa, poiché la prescrizione prevale sull’assoluzione, a meno che non venga dimostrata l’evidente innocenza dell’imputato.

L’assoluzione con formula piena

La Corte di Appello di Reggio Calabria, presieduta dalla dott.ssa Elisabetta Palumbo, ha accolto integralmente i motivi di appello avanzati dalla difesa. Andando oltre la pronuncia di primo grado, la Corte ha pronunciato sentenza di assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste”, riconoscendo così la manifesta innocenza di Giulio Lugarà.

Conclusione della vicenda giudiziaria

Si chiude finalmente una lunga e dolorosa vicenda giudiziaria, segnata da anni di sofferenza personale e professionale. Con questa sentenza, la Corte ha riconosciuto la piena estraneità di Lugarà ai fatti contestati. La decisione rappresenta un premio alla determinazione e alla fiducia nella giustizia dimostrate dall’imputato.