“La Libertà rubata” di Pasquale Ippolito: l’acquiescienza di tanti incontra il coraggio di pochi


di Eva Curatola – “In questa città ci sono tante persone veramente per bene. […] Ritengo però che la cultura dominante sia la mafiosa, cosi come lo è l’approccio alla vita da parte della gente, i rapporti intepersonali ed i rapporti sociali. Qui […] se sei compare di qualcuno non c’è nulla che ti possa ostacolare.

La Libertà rubata” narra l’epopea di una famiglia mafiosa e la storia di una città soffocata dal malaffare e dalla corruzione. Un luogo immaginario che potrebbe corrispondere ai tanti luoghi del nostro Paese dove impera un sistema di criminalità feroce, tra l’acquiescenza dei tanti e il coraggio di pochi. Un sistema che ha il nome di ‘Ndrangheta.
Autore del libro è Pasquale Ippolito, nato a Caltanissetta. Si è trasferito giovanissimo a Reggio Calabria, dove ha vissuto e lavorato. Lascia un vuoto all’interno del mondo giudiziario ma anche tra la società calabrese, nel 2014 quando muore all’età di 78 anni. Magistrato e scrittore, Pasquale Ippolito è autore non solo del romanzo “la libertà rubata“, ma anche di una raccolta di novelle dal titolo “storie, storielle e sceneggiate“. Cosi poco più di un anno fa la nostra città perde un uomo che Giuseppe Raffa definisce:
“un magistrato illuminato e un uomo di grande cultura. Riservatezza e saggezza nell’amministrare la giustizia in una terra difficile come quella reggina sono l’importante esempio che il Dott. Ippolito lascia sia all’attuale classe dirigente sia ai giovani per averne osservato e studiato i fenomeni che hanno interessato diverse generazioni.” Nonostante il ruolo di primo piano, Pasquale Ippolito è sempre stato una presenza terrena che preferiva evitare le luci della ribalta.

Morto un Papa, se ne fa un altro; e nella ‘Ndrangheta ad un boss scomparso di morte naturale o di morte violenta, succede un altro boss, solitamente proveniente dallo stesso nucleo familiare.

Da un lato troviamo quindi lo Stato, che non sempre è uno Stato che garantisce la giustizia, anzi è spesso corrotto e dall’altro la Mafia, la grande forza che ormai smuove il mondo; il binomio può essere rappresentato dalle figure di: Totò Lionti, il poliziotto che vorrebbe espellere tutto il marcio che c’è nel mondo, e Nello Majo il mafioso “che non ha bisogno di essere autorizzato da nessuno per far ciò che vuole”.

“Tra noi ed i delinquenti ci deve essere sempre la trincea che si chiama codice penale che segna una linea di confine che non deve mai essere valicata.”

La storia narrata all’interno del romanzo è perfettamente costruita, ogni pagina costituisce un tassello. La scrittura è fluida, a differenza di altri romanzi dello stesso genere che a volte possono risultare un pò pesanti. Il tutto è descritto in maniera minuziosa, dalla villa “principesca” del boss ai dialoghi all’interno della caserma di polizia. Tutto contribuisce a creare il clima perfetto affinchè il lettore si senta cosi attratto dalla storia da non distogliere gli occhi dal libro fino all’ultimissima pagina.

Dalle pagine del libro traspare chiaramente l’umanità dell’autore e si intuisce a primo impatto che si tratta di un uomo profondamente innamorato della propria terra.

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