Il centenario della nascita di Leo Ferrè è stato ricordato dall’Associazione Culturale Anassilaos con una conversazione del Prof. Pino Papasergio che ha riscostruito la vita e l’opera dell’artista inserendola nel contesto della generazione di chansonniers francesi che vanta, per citare soltanto i più importanti, Charles Trenet, Gilbert Bacaud, George Brassens, Jacques Brel, Charles Aznavour, Boris Vian a Georges Moustaki. Leo Ferrè, tra essi, ha fatto della poesia “anarchica” e “libertaria” la propria cifra stilistica. Nato nel piccolo Principato di Monaco nel 1916, ha vissuto in Francia e negli ultimi anni della sua vita (dal 1969) in Italia, in Toscana. Maestro e punto di riferimento per i cantautori francesi e italiani ha saputo essere insieme poeta e musicista. Il recente conferimento del Nobel per la Letteratura a Bob Dylan, nonostante le riserve avanzate da autorevoli studiosi, dimostra – ha rilevato la prof.ssa Pina De Felice, responsabile poesia di Anassilaos nella sua introduzione, quanto siano ormai maturi i tempi per rivedere e reinterpretare il rapporto tra testo e musica in alcuni artisti che, come nel caso di De Andrè, sono stati considerati grandi poeti (Fernanda Pivano). E la questione si applica certamente – ha notato il Prof. Pino Papasergio – alla figura e all’opera di Ferrè, poeta della libertà e dell’anarchia, cantautore, compositore, artista e intellettuale raffinato, un po’ “canaglia” e un po’ “genio” che amava il mondo e lo descriveva nelle sue composizioni a volte con dolcezza, spesso con rabbia, sempre con passione e umana partecipazione. Di lui ebbe a dire il pittore Zimkovitz, suo grande amico “il suo intimo furore evocativo è largamente alimentato nel dialogo, ideale quanto materiale, con la poesia e il canto fascinosamente coinvolgente”. Poeta ribelle in Les Anarchistes (gli Anarchici) “Han raccolto già tutto /di insulti e battute E più hanno gridato/Più hanno ancora fiato/Hanno chiuso nel petto/Un sogno disperato/ E le anime corrose/Da idee favolose”… “Non son l’uno per cento/ma credetemi esistono/Stretti l’uno con l’altro e se in loro non credi/ Li puoi sbattere in terra ma sono sempre in piedi/Sono gli anarchici”; d’una triste consapevolezza ne “La Solitude” “La disperazione è una forma superiore di critica. Per il momento noi la chiameremo felicità, le parole che usate non sono più “le parole”, ma una specie di condotto attraverso il quale gli analfabeti si ripuliscono la coscienza; malinconico e struggente nella sua più famosa canzone “Avec le temps”, pubblicata nel 1971 ma composta nel 1969 “Col tempo, va via, tutto se ne va via ci si dimentica dei volti e della voce… Col tempo, va via, tutto se ne va via l’altro che adoravi, che cercavi sotto la pioggia l’altro che indovinavi al volgere di uno sguardo tra le parole, tra le righe e sotto il fard di un giuramento mascherato che va a fare nottata…..Con il tempo, va via, tutto se ne va via e ti senti bianco come un cavallo esausto e ti senti gelare nei letti del caso e ti senti tutto solo ma tranquillo e ci si sente traditi dagli anni perduti allora davvero col tempo non si ama più”. La lettura dei brani sopra ricordati e della celebre “Paris Canaille” è stata affidata ai poeti del Lunedì di Anassilaos Pina De Felice, Lilly Arcudi, Silvana La Rocca.
