Piazza De Nava, Reggio Bene Comune: 'Favorevoli ai lavori. Non c'è nessuna identità da preservare'

"Viviamo in una città estremamente provinciale, stiamo andando veramente oltre il ridicolo"

Da un comunicato della “Fondazione Mediterranea” di qualche giorno fa, nonché da ulteriori post su fb del suo referente, apprendiamo che il movimento “Reggio Bene Comune” pare sia favorevole al progetto non per ragioni (già ampiamente e pubblicamente articolate) di carattere urbanistico, socio-culturali ecc… ma in quanto movimento “politicizzato”.

Con un livello di evidente astio ed intolleranza ai pareri discordi a quello “preservativo-conservativo” dobbiamo purtroppo registrare un ulteriore e gratuito attacco alla nostra intelligenza; non certo alla nostra posizione politica legittima nel gioco democratico delle parti.
Affermare che siamo favorevoli a tale progetto, in quanto “politicizzati”, è cosa grave ed altamente mistificante; come lo è, d’altronde, la campagna denigratoria che ormai da oltre un anno è stata posta in essere contro Chiunque si sia espresso o si azzardi ad esprimersi a favore dell’intervento previsto (seppur con delle riserve): spesso con attacchi personali sferrati, con artìfìci linguistici di forma, finanche al Sovrintendente Fabrizio Sudano o al funzionario Salvatore Patamia con argomentazioni ai limiti della denuncia alla Procura della Repubblica per diffamazione o calunnia”.

Lavori a Piazza De Nava, Reggio Bene Comune si schiera a favore del progetto di riqualificazione.

“Un movimento politico, pensate un po’, sapete di cosa si occupa? Di politica! Interviene sulle questioni di rilevanza pubblica per come ritiene opportuno rappresentandone la propria visione e concezione rispetto alla comunità in cui viviamo ed a cui apparteniamo.

Esiste una grande differenza linguistica tra essere “politici” o “politicizzati”.
Non servono certo lauree per comprenderlo e, qualora servissero, comunque non mancherebbero in “Reggio Bene Comune” quelle figure di competenza tecnica, oltre che culturale, tali da potersi esprimere serenamente su un progetto, come quello in atto, che riguarda la città.

La cultura, d’altronde, non è questione di “istruzione” (vorremmo ricordare) e, a dire il vero per fortuna, ci si può esprimere democraticamente magari anche con la basilare “terza media” ma con ottime disamine culturali.

Non possiamo non condividere quanto già espresso, con un recente comunicato-stampa, dal Touring Club Italiano che ha ben focalizzato ed evidenziato il pieno diritto di ognuno a prendere parte ad un confronto sul tema con la propria legittima posizione senza temere di essere giudicati o messi alla gogna.

“I nostri pareri, meramente pertinenti alle scelte architettonico-urbanistiche, sono radicalmente diversi da quelli di Chi (non solo la Fondazione Mediterranea) ritiene che quella in atto sia la “demolizione” di una “identità storico-urbanistica della città”; affermazione che contiene un inganno linguistico-comunicativo grave perché di “storico” non verrà demolito proprio nulla ed è stato ampiamente confermato a più riprese da Sovrintendenza ed Amministratori comunali; questi ultimi (Falcomatà e Brunetti nello specifico) addirittura qualificati come “criminali urbanistici” e rei di questo ulteriore “scempio”.

Ci mancava pure che non si utilizzasse, anche qui, il leit-motiv di ogni minestra politico-oppositiva “A curpa è i Falcomatà”; scopriremo, a breve, che anche la guerra in Ucraina o il cambio climatico è “colpa di Falcomatà”.
Qui stiamo andando veramente oltre il ridicolo scadendo nel grottesco!

Le ragioni oggettive per cui siamo favorevoli al progetto di riqualificazione di tutta l’area attorno al Museo Nazionale è che la città, se non ve ne foste accorti, ha stratificato e sovrapposto livelli urbanistici (soprattutto negli ultimi 50 anni) che hanno stravolto e cambiato completamente il senso e le funzioni del suo impianto post-terremoto.

Voi, piuttosto, parlate di “identità storico-urbanistica” di una città ricostruita sulle macerie di un sisma e su quelle volute e ricercate, dagli stessi nuovi progettisti, a completamento (questo è il caso di dirlo veramente) della demolizione, per ragioni naturali, con quella con la dinamite per “fare largo “al nuovo annullando tracce (quelle sì) di antiche e storiche memorie cittadine.

Come si fa a parlare di “identità” di una sottospecie di piazza, di poco più di 100 anni, rispetto ad una città che viene annoverata, per la sua fondazione, tra le prime al mondo “post-diluvio universale”? (ricordiamo che Aschenez è pronipote di Noè) Che concetto distorto avete di “identità”?

Non ci è assolutamente chiaro né architettonicamente né, tantomeno, antropologicamente! Come se dicessimo, di una persona di 50 anni, che fosse “identitario” il solo suo ultimo anno di vita a dispetto degli altri 49!

La città post-terremoto cosa avrebbe di “identitario” visto che è stata concepita, di fatto, come un copia-incolla di stili senza esprimerne uno proprio?

Esiste forse, in questo impianto urbanistico, uno stile “reggino” quindi qualificabile come “identitario”? Ne esiste uno che, nei secoli o nei millenni, si sia distinto e caratterizzato come tale? Quale identità avremmo che possa qualificare il reggino come comunità e popolo?

Ditecelo perché forse o abbiamo studiato male o siamo ignoranti; perché ci sarebbe sfuggito, eventualmente, qualcosa di eclatante e non ce ne siamo accorti!

Siamo Osci? Saturni? Ausoni? Pre-italici? Siamo magno-greci? Romani? Visigoti? Bizantini? Arabi? Francesi? Spagnoli? Ebrei? Normanni?
Fateci capire come concepite, culturalmente e dunque urbanisticamente, il concetto di “identità” e come ne abusiate per fini meramente propagandistici!

Perché qui, a quanto pare, a voler “politicizzare” siete solo Voi; altro che! Potremmo parlare, verosimilmente, di una certa “identità” del costruito forse solo in ambito rurale o in città, paradossalmente, solo per il “non-finito”.

La lingua è qualcosa di esatto e non lascia adito a mistificazioni di tale livello: piazza de Nava non è e non può, per ragioni storico-culturali, essere in alcun modo definita “identitaria” urbanisticamente.

Piazza de Nava di fatto è solo e soltanto, come “piazza”, un pezzettino di una città riconcepita a suo tempo (con grosse forzature) sulla necessità impellente di ricostruire e ridare spazi, case e servizi primari ad una popolazione devastata e non certo con la serenità, la lucidità e l’orizzonte progettuale che merita un territorio, la sua morfologia e le sue peculiarità.

L’unico valore serio ed oggettivo di quella piazza è il monumento, con annessa fontana, a firma del prestigioso F.Jerace; per il resto parliamo di pilastrini e tubi razionalisti ( di valore storico-architettonico complessivamente trascurabile) e del NULLA -trash di mattonelle in cemento prefabbricato.

Queste uniche due cose (monumento e presenze razionaliste) saranno preservate e NON SARANNO DEMOLITE! Per cui di COSA stiamo parlando?

A distanza di 300 mt circa, Piazza del popolo, le stesse architetture razionaliste sono in uno stato di degrado pauroso ma non abbiamo registrato alcun tipo di dibattito pubblico a loro difesa e preservazione.
Che “identità”, tra le decine di questa città, vorreste preservare?

Perché quella piazza è esempio esclusivo di “razionalismo fascista”; non di stili locali ma di uno nazionale declinato a Reggio come in tutta Italia, del resto, in quel periodo fu fatto con decine di altre città.

Pertanto respingiamo al mittente questa accusa di “politicizzazione” confrontandoci con le nostre teste e le nostre gambe sul tema ad ogni livello e senza nessun problema di sorta.

Il nuovo progetto, per fortuna ormai cantierizzato, ricuce il Museo Nazionale ad una città completamente trasformata; la statua di G. de Nava, con annessa fontana, avrà maggiore visibilità e valorizzazione; l’area pedonale consentirà alle migliaia di turisti che arrivano di sostare, dialogare e trascorrere del tempo in modo armonioso prima o dopo l’ingresso al Museo.

Ci sarebbero altre 100 ragioni ma solo queste, di per sé, sono sufficienti a giustificare un intervento che strappa al degrado quella “non-piazza” (ripetiamo) vissuta sempre ai suoi “angoli” perché impraticabile ed assolutamente disfunzionale rispetto alla sua teorica natura.

Una piazza, infatti, solitamente svolge una funzione centripeta di aggregazione; piazza De Nava, invece, ha funzionato sempre in modo centrifugo spingendo verso l’esterno gli avventori; tanto che per decenni ogni angolo aveva ed ha avuto una connotazione precisa di carattere sociologico, di target ecc.

Sosteniamo fortemente, d’altronde, il fatto di cucirla al Museo (Palazzo Piacentini) e non all’edificio alle sue spalle per come era stata concepita.

Senza fare benaltrismo, per concludere, sorprende come molti degli stessi soggetti che oggi urlano al “crimine urbanistico” hanno legittimato e sostenuto politicamente e culturalmente, in passato, scempi (quelli sì veramente) come il rifacimento della storica Piazza Carmine (area mercatale trasformata in non si sa cosa), Piazza Castello (di raro imbarazzo la nuova sistemazione), Piazza Orange (altra area mercatale storica) o gli orribili gazebi sul lungomare basso.

Viviamo in una città estremamente provinciale in cui poche persone con un minimo di “scuole” si autoreferenziano “intellighenzia alto borghese” e gli altri passano per venduti o per ignoranti.

Il conservatorismo cittadino sa di parrucconi decaduti e naftalina da abiti nell’armadio del nonno. Ad avviso di tanti, tra costoro, l’Architettura dovrebbe scomparire e le città rimanere sotto cloroformio cristallizzate in un tempo che è solo quello che hanno vissuto loro”.