La Peste del 1629 ed il Covid del 2020: similitudini e diversità raccontate da uno studente

Nicola mette a confronto due eventi che hanno segnato la storia: l’attualissimo Covid e la Peste del 1629

“Anno bisesto, anno funesto”, recita così un famoso detto popolare che sembra risalire all’epoca degli antichi romani.

Furono questi ultimi, infatti, a introdurre nel loro calendario un giorno in più ogni 4 anni, per compensare le sei ore circa che “avanzano” ogni anno dai 365 giorni. Il 24 febbraio era il “sexto die ante Calendas Martias”, quel giorno diventò il “bis sexto die”, da cui la denominazione “bisestile”. Per loro, inoltre, febbraio era il mese dei riti dedicati ai defunti, quindi un periodo caratterizzato da tristezza e dal lutto. Eventi tutt’ altro che felici e da qui deriva l’idea che l’anno bisestile sia ricolmo di sventure. Seppur data la sua natura superstiziosa di detto popolare, possiamo dire che è davvero veritiero, con riscontri tangibili nel corso della storia.

Ricordiamo due principali date nel remoto e recente passato: il 1908 e il 2016. La prima data, che riguarda noi reggini in primis, porta con sé il ricordo dell’evento sismico più disastroso del XX secolo, cioè il terremoto-maremoto che rase al suolo le città di Reggio Calabria e Messina. Nella seconda data, peraltro il più recente anno bisestile, ricordiamo i tragici attentati terroristici di Bruxelles, Orlando e Nizza, che ruppero la quiete di un periodo apparentemente stabile.

Senza nessun dubbio il 2020, anch’esso anno bisestile, può essere associato al famoso detto prima citato. Abbiamo infatti uno sconvolgente inizio di anno, caratterizzato da incredibili tensioni politiche e militari tra USA e Iran, continui attacchi missilistici ed occupazioni varie, che facevano configurare un improbabile inizio di una nuova guerra mondiale, di portate assai più grandi delle due precedenti e senza dubbio più distruttiva.

Per concludere in bellezza gennaio, in un incidente aereo a Los Angeles, è morta la leggenda cestistica Kobe Bryant, figura nota non solo per le sue gesta in un campo da basket con la palla a spicchi, ma anche per lo spessore umano e sociale. Non contento, l’autore di questo gran libro che è il 2020, ha deciso di continuare la sua drammatica trama nei 2 mesi seguenti, e chissà come continuerà. In questi due mesi abbiamo assistito alla nascita (in realtà la prima manifestazione si è avuta nel dicembre del 2019) e all’incredibile diffusione di un nuovo e catastrofico virus, qual è il Covid-19.

Il Covid-19 (dove “CO” sta per corona, “VI” per virus, “D” per disease e “19” indica l’anno in cui si è manifestata) è il nuovo virus, che prende il nome di corona, data la forma del suo RNA+ osservata al microscopio elettrico, che si è sviluppato dalla Cina ed ha ben presto contagiato moltissime persone, si è diffuso in Europa, utilizzando l’Italia come “lascia passare”. Ampiamente sottovalutato inizialmente, il virus nel giro di due settimane ha contagiato centinaia persone, dapprima nel Nord Italia per poi svilupparsi lentamente nel resto della penisola.

Le dimensioni che sta assumendo il Covid-19 riportano alla memoria di un’altra epidemia giunta a noi grazie all’opera dei “Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni: la peste del 1629. Da ciò che ci giunge dagli scritti e testimonianze di quest’ultimo possiamo delineare dei caratteri particolarmente comuni con il nuovo Coronavirus. Possiamo rintracciare la prima affinità tra le due calamità nell’origine e nella loro modalità di diffusione, infatti in entrambe la trasmissione avviene non solo per via aerea, ma anche per contatto; sia l’una che l’altra non sono nate in Italia, bensì giunte qui tramite trasferimenti di persone, come nel caso del Covid, o tramite invasioni militari, come nel caso della peste da parte dei Lanzichenecchi. Una seconda congruenza è di carattere sociale: in entrambi i casi la negligenza della popolazione, anche se nel 1629 potremmo chiamare in causa soprattutto l’ignoranza, incrementò il contagio. Siccome entrambe si manifestano con gli stessi sintomi di febbre, furono entrambe spacciate come “semplice influenza”, e si disse anche che quest’ultima, stagionale, avesse un tasso di mortalità più elevato. Curioso il fatto che sia per la peste del 1629 che per il Covid19 il focolaio principale in Italia sia stato in Lombardia. Dopo il contagio di massa della prima città, ne conseguì, per entrambe le calamità, l’isolamento delle città limitrofe. Il risvolto psicologico che

queste due malattie ebbero sulla popolazione è il punto su cui focalizzarci. L’incontrastato contagio e il tasso di mortalità hanno causato e continuano ancora a causare reazioni sociali non completamente adatte alle circostanze, a volte del tutto esasperate e malsane. Parlo degli assembramenti all’interno dei supermercati stretti d’assedio, con relativa razzia dei beni primari, come acqua, latte e biscotti, in violazione, peraltro, delle direttive ministeriali. Mi sento di sottolineare però la solidarietà che l’Italia prima, e le altre nazioni a ruota, hanno mostrato in occasione di questa epidemia. Si è gradualmente formato un senso di vicinanza al prossimo che mi piacerebbe paragonare alla “social catena”, cantata da Giacomo Leopardi ne “La Ginestra”, la quale unì gli uomini contro la natura malvagia. L’espressione social catena esprime il massimo messaggio della riflessione leopardiana e riflette sulla capacità del genere umano, davanti all’infelicità degli uomini, di stabilire un rapporto di solidarietà e ad allearsi comunemente per costruire un soccorso reciproco.

Personalmente, durante questo periodo di reclusione forzata, mi sono sentito mancare la libertà a cui ero abituato, come credo un po’ tutti. Questa mancanza mi è pesata soprattutto dal punto di vista mentale e psicologico. Il dover rinunciare ad avere i miei spazi, dei momenti di sfogo con gli amici, non poter passare due ore in palestra, lontano da ogni preoccupazione e problema, è stato difficile e mi ha costretto a rivedere radicalmente la gestione del mio tempo, privato della possibilità di avere un momento solo mio o uno spazio privato. Non riuscire più ad avere delle cose che, per quanto semplici possano sembrare, erano il mio quotidiano, come un allenamento o un giro in motorino con un amico/a, non è stato per nulla semplice da gestire. Sebbene possa sembrare strano, mi manca incredibilmente la scuola. Per quanto efficiente si stia rivelando la didattica a distanza, nulla è paragonabile ad una lezione frontale, quell’empatia, che attraverso sguardi, gesti, risate e riflessioni, si sviluppa nell’aula e garantisce la buona fruizione della lezione stessa.

Un plauso particolare al grande autore che tesse la trama di questo 2020 in maniera davvero incalzante e catastrofica, con l’augurio di vedere, proprio come in ogni grande romanzo, la luce in fondo al tunnel.

Gattuso Nicola IV I, Liceo Scientifico “Leonardo da Vinci”