Lo scrittore calabrese Alberti a CityNow: "La donna più forte dell'uomo? Nella disobbedienza si!"

Equilibriste estreme, spietate nell’analisi della propria vita e dei propri sentimenti, le protagoniste raccontano, ognuna, le difficoltà, il malamore, la solitudine, la violenza, il rimpianto. L'autore si racconta a CityNow

Se è vero che, come disse William Shakespeare, le donne parlano due lingue, una delle quali è verbale, sarà facile comprendere di cosa sia fatto l’alfabeto con cui Mario Alberti, ne ‘Il posto del vento‘,  racconta l’universo femminile. Un alfabeto capace di narrare sentimenti vertiginosamente profondi , fatto di passioni, desideri, fragilità e coraggio. È un viaggio di sola andata quello condotto dall’audace capitano di ventura Alberti, che accompagna i suoi lettori alla scoperta di un mondo così affascinante eppure ancora così poco conosciuto. Issate le vele, il vento ha guidato la nave dello scrittore melitese lungo la costa jonica della Calabria, permeata di storia e di storie che attendevano di essere raccontate. Irretita da immagini fugaci e ricordi sbiaditi, la scrittura di Alberti va oltre ciò che i sensi percepiscono e la scienza indaga, svelando una dimensione trasversale della femminilità. La donna non è solo creatura sessualmente connotata ma si fa gesto, profumo, paradigma di uno sguardo attraverso cui guardare la realtà.

All’indomani della presentazione del suo libro a Reggio Calabria, avvenuta sabato 2 marzo, presso Le botteghe delle Terre del Sole, l’autore si racconta ai microfoni di CityNow.it

Impresa titanica quella di avventurarsi nell’universo femminile. Ne sei uscito indenne? Cosa ti porti dietro dal viaggio nell’anima delle donne?

Mi porto dietro un’assoluta normalità, una sensazione di comodità . Per me non esiste un universo femminile, esiste un universo umano. Al di là delle differenze biologiche e culturali, il cuore è uguale: è lì che si racconta.

Donne: sesso forte o sesso debole?

Non credo che possano definirsi “sesso debole”: questa idea è stata a lungo legata ad un grave gap colturale. Credo tuttavia che in un aspetto la donna sia più forte dell’uomo: nella disobbedienza. Io non conosco a tal punto l’universo maschile e quello femminile da poterli separare così nettamente: penso piuttosto che ci siano uomini che piangono e donne che non piangono. A causa dei costrutti culturali secondo i quali “l’uomo non deve piangere” si è spesso costretti a blindarsi. E quando ci si blinda si soffre sempre. Oggi, i tempi  destrutturati che stiamo vivendo hanno il coraggio di aggredire anche questi costrutti.

Sessualità ed emancipazione: cosa si è perso e cosa si è guadagnato? 

Io non so cosa si sia perso. Quello che è certo è che molte barriere sono cadute, e questo è un bene. Una ragazza, quarant’anni fa, doveva restare a casa ad attendere il fidanzato (qualora avesse superato le barriere dei genitori!). Il ragazzo, invece si trovava comunque in una situazione di vantaggio e viveva pienamente la libertà che gli era concessa culturalmente. Questo dato di fatto non mi consente, avendo vissuto a scavalco tra queste epoche, di dire che forse si stava meglio prima. Per di più, il fatto che oggi l’amore riguardi due uomini o due donne è un vantaggio per l’umanità, un’ esplosione di libertà che non esisteva prima. Purtroppo però questi tempi mi preoccupano molto perchè leggo un tentativo di arretramento sotto il profilo dei diritti. L’amore è anche un diritto.

Nel tuo libro scrivi che Roghudi è femmina e sa di menta. Quale caratteristica ti ha indotto ha rintracciare la femminilità in un’essenza, in un profumo, un luogo?

Io non so dove si trovi la menta a Roghudi, non conosco la vegetazione del luogo. So però per certo che quel luogo profuma. Io percepisco un istinto animalesco: il profumo di menta io l’ho sentito. Se Roghudi avesse un ormone sarebbe di certo femminile e saprebbe di menta. Io amo molto quel luogo e sono convinto che bisogna visitarlo in solitudine perché quello è un lungo che parla: ogni suppellettile abbandonata, ogni giacca appesa in un appendino precario, ogni casa sulla fiumara, ogni balcone. Ci si deve andare da soli per ascoltare certe cose…

Qual è il messaggio che vuoi lanciare alle donne?

È un messaggio che lancerei a tutti: è quello di perseguire sempre la propria libertà, che non è libertinaggio ma è responsabilità. Non è giusto che quando in una famiglia si devono porre delle priorità, si scelga di valorizzare il lavoro del marito e non quello della moglie. E’ sbagliato che sia sempre la donna a doversi “fermare”. Il mio messaggio per le donne è questo: continuate a farla la vostra rivoluzione, perché probabilmente non si è ancora del tutto compiuta.