Locri, dall'ospedale da campo al reparto covid fantasma: cronistoria di un fallimento

Vari gli annunci fatti in questi mesi sul potenziamento dell'ospedale di Locri ma nessuno finora è stato rispettato

Prima fu l’ospedale da campo, poi l’aumento delle terapie intensive, infine le degenze per i casi covid non gravi. A dare retta agli annunci rimbalzati a favore di telecamera da novembre scorso a oggi, il vetusto ospedale di Locri sarebbe dovuto andare incontro ad una profonda revisione dei servizi offerti ai pazienti se non fosse che i progetti sono rimasti solo sulla carta.

Nella città dove la ripresa dei lavori per il nuovo tribunale viene inaugurata (per la terza volta in poco più di un decennio) con taglio del nastro d’ordinanza e parterre d’eccezione, poche centinaia di metri più su, tra i padiglioni di quello che resta dell’ospedale di contrada Verga, dei lavori annunciati non se ne parla nemmeno più. Né delle tende da paese in stato di guerra, né dei padiglioni da sistemare negli uffici amministrativi ancora occupati, né tantomeno delle postazioni di terapia intensiva (ma quelle almeno ci sono, solo che non sono mai servite e non sono mai state allestite).

L’OSPEDALE DA CAMPO

Siamo a novembre, nel pieno della seconda ondata pandemica, con gli ospedali calabresi sempre più in affanno e il sistema di tracciamento che riproponeva tali e quali tutti i limiti emersi nei primi mesi dell’emergenza. In quei giorni concitati, molti amministratori locali (sindaci, assessori, consiglieri regionali e metropolitani) puntarono l’indice sull’inadeguatezza delle risorse sanitarie del territorio e sulla progressiva e inesorabile spoliazione dell’ospedale locrese. E fu poco dopo l’ennesima manifestazione dei sindaci della Locride che il governatore facente funzioni Nino Spirlì annunciò l’arrivo dell’esercito:

«Sono particolarmente orgoglioso del risultato raggiunto. Nei giorni scorsi – scriveva Spirlì in una nota della Regione datata 13 novembre – avevo chiesto ufficialmente alla Protezione civile e alla Croce Rossa italiana la consegna di ospedali da campo. Il mio appello – condiviso con la Giunta e i consiglieri regionali – è stato accolto con grande sollecitudine e questo non può che infondere nuova fiducia per il prossimo futuro».

E in effetti, una manciata di giorni dopo, nell’eliporto dell’ospedale di Locri atterrarono tecnici e ingegneri dell’esercito e della protezione civile che erano anche riusciti a individuare un area idonea dove montare le tende. Ma la suggestione dell’ospedale da campo durò pochissimo, appena una decina di giorni. Furono gli stessi uomini della protezione civile a sancire il passo indietro in favore di una nuova soluzione, si disse allora, «più stabile».

IL REPARTO COVID FANTASMA

Archiviata l’idea dell’ospedale da campo, i tecnici dell’azienda sanitaria e i commissari all’emergenza virarono verso la riconversione dell’ex reparto di pediatria (che nel frattempo era stato a sua volta riconvertito in uffici amministrativi in seguito alla chiusura del padiglione) che avrebbe dovuto ospitare le degenze dei malati covid ancora infetti e contagiosi ma fuori ormai dal pericolo di aggravamento. Una quarantina i posti previsti (e annunciati) ma anche in questo caso, passata l’onda mediatica delle dichiarazioni di soddisfazione di amministratori e politici, tutto si è fermato e dei tecnici che sarebbero dovuti venire ad allestire il nuovo reparto non se ne è più sentito parlare. Forse troppo complicati i lavori per rimettere in sesto dei locali che avevano bisogno di profonde ristrutturazioni.

«Dovevano venire i tecnici per studiare i lavori da mettere in opera per il reparto dei malati Covid ma qui non si è mai visto nessuno – filtra dagli uffici dell’ospedale – forse hanno ritenuto che quelli allestiti a Melito e Gioia Tauro fossero sufficienti. O forse la strada che si era scelta non era veramente percorribile».

LE TERAPIE INTENSIVE

Qualche passo avanti si è fatto invece, almeno sulla carta, con le nuove postazioni di terapie intensive.

Sarebbero una decina i nuovi posti letto (con relativa attrezzatura) che potrebbero essere messi a disposizioni dell’utenza in caso di bisogno. Con altre tre postazioni che potrebbero essere ricavate dall’utilizzo delle sale operatorie.

Ma l’ospedale di Locri – l’unico a disposizione di un’utenza che conta oltre 150 mila abitanti – non è tra quelli destinati a ricevere i pazienti covid, e questa attrezzatura, finora è rimasta inutilizzata seppur disponibile.