Bimbo calabrese morto al Bambin Gesù di Roma, domani l'incidente probatorio

Sono otto i medici dell'ospedale romano indagati per la morte del piccolo Giacomo

Compariranno domani 15 settembre davanti al Gip del tribunale di Roma Andrea Fanelli, gli otto medici dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù finiti indagati per la morte del piccolo Giacomo, poco più di due anni, morto nel nosocomio della Capitale dopo una serie di peripezie al limite del surreale.

Una storia complicata, costellata da quelli che, a leggere le carte del Gip, vengono definiti come errori grossolani, sciatterie e incomprensibili ritardi negli interventi che sarebbero costati la vita al bimbo di Rosarno.

Giacomo era nato nel settembre del 2016 nella sede siciliana del nosocomio pediatrico del Bambin Gesù affetto da «blocco atrioventricolare completo congenito»: una patologia grave e su cui i medici erano intervenuti il giorno successivo alla nascita del bambino, con un intervento chirurgico che, ipotizza la procura di piazzale Clodio «per colpa professionale consistita in imprudenza, negligenza e imperizia e segnatamente nel suturare i due elettrodi sulla parete libera del ventricolo destro in maniera erronea verso il basso, determinavano nel paziente la formazione di due ampie anse intarpericardiche che mobilizzandosi verso l’alto e posteriormente, cagionavano la formazione di un cappio con progressivo strangolamento dell’arteria polmonare».

La personale via crucis del piccolo e dei suoi giovani genitori, entrambi di Rosarno, però non si ferma al presunto errore nell’installazione del device cardiaco: a leggere l’ordinanza che fissa l’incidente probatorio – fissato dal Gip per evitare che l’interrogatorio dei medici e la stesura delle perizie su cui poi materialmente verterà il procedimento bloccassero tutto, vista la complessità delle perizie stesse e le divergenze tra le indagini delle parti offese e quelle disposte dal pm, per circa sessanta giorni – sarebbero tanti gli errori su cui, suo malgrado, ha sbattuto il piccolo Giacomo.

Alle preoccupazioni dei genitori infatti, che periodicamente portano il loro bambino ai controlli predisposti dall’ospedale capitolino, i medici avrebbero prestato poca attenzione ai segnali preoccupanti che venivano fuori dagli esami.

Come nel caso della visita dell’aprile del 2018, quando il cardiologo del Bambin Gesù non prescrivendo «l’esecuzione di una nuova radiografia al torace ritardando gli accertamenti dell’identificazione» del problema «concorreva a cagionare la morte» del bambino.

E ancora, nella visita del settembre successivo, quando il cardiologo, pur ravvisando l’esistenza di un problema molto serio, «non prescriveva una tac cuore d’urgenza» ma ne programmava «l’esecuzione in classe prioritaria “B” così ritardando ulteriormente gli accertamenti». Quella che colpisce il piccolo Giacomo sembra la tempesta perfetta: una serie di combinazioni tremende che potrebbero essere costate la vita al bimbo.

Il 21 dicembre del 2018 infatti il piccolo viene portato nuovamente a Roma per i controlli ma anche in questo caso, qualcosa sembra prendere una piega inaspettata e il cardiologo dopo avere eseguito l’ecografia che attestava i problemi sempre più gravi che si erano abbattuti sul bimbo «non prescriveva una dismissione protetta del paziente che avrebbe consentito una continuità assistenziale e l’immediato ricovero in caso di ulteriore peggioramento del quadro clinico».

Una vera e propria Odissea che si conclude nel peggiore dei modi: dopo l’ennesima tac al cuore a cui era stato sottoposto il bambino il 12 di novembre «che evidenziava la presenza di una significativa stenosi del tronco dell’arteria polmonare» il cardiochirurgo ometteva «di eseguire l’intervento anche nella data preventivata nel 11 dicembre sulla base di una supposta infezione, nonché omettendo di eseguire detto intervento anche quale cardiochirurgo reperibile quando il paziente giungeva dall’ospedale di Polistena il 31 dicembre in condizioni cliniche gravissime – tanto da attivare il trasporto d’urgenza in aereo militare – intervento che eseguiva soltanto il 1 gennaio» intervenendo, scrive ancora il Gip «in macroscopico ritardo».

Il piccolo Giacomo viene dichiarato morto il successivo tre gennaio, dopo gli ultimi, inutili, tentativi di salvargli la vita.

Una storia tremenda, l’ennesima, che domani verrà cristallizzata dall’esame probatorio.