Morte pentito Filocamo, ipotesi suicidio in attesa dell'autopsia

Il giovane collaboratore di giustizia reggino trovato cadavere in un appartamento nel centro di Lecce

Sarà l’autopsia a fare luce sulla morte di Antonino Filocamo, il giovane collaboratore di giustizia reggino trovato cadavere in un appartamento nel centro di Lecce dove era stata trasferito in seguito al suo ingresso nel programma testimoni.

Sul tavolo restano tutte le piste anche se da una prima ricostruzione gli inquirenti che hanno ritrovato il corpo sembrerebbero pensare al suicidio, vista la mancanza di segni di colluttazione (sia sul corpo del giovane, sia nella stanza dove era riverso il corpo senza vita di Filocamo) e il ritrovamento di un pezzo di spago che potrebbe essere stato utilizzato per togliersi la vita.

Poco più che trentenne e titolare di un bar a due pasi dall’aula bunker del tribunale di Reggio, il giovane esponente dei Serraino era considerato dai magistrati della distrettuale antimafia dello Stretto un collaboratore «estremamente attendibile» e a conoscenza di tante delle dinamiche criminali del clan.

A cominciare dalla latitanza di Maurizo Cortese, reggente della cosca a cui il giovane aveva provveduto durante il periodo passato a nascondersi dalle forze dell’ordine. Supporto logistico e soprattutto denaro che Filocamo aveva raccolto attraverso estorsioni e taglieggiamenti ai commercianti del quartiere.

Poi, nel luglio dello scorso anno, l’operazione Pedigree che lo aveva mandato in galera assieme alle giovani leve del casato di ‘ndrangheta e la decisione di saltare il fosso, iniziando un difficile percorso di collaborazione con gli inquirenti per ricostruire affari e strategie portate avanti dalla cosca. Fino a lunedì quando la polizia ha fatto irruzione nella casa del collaboratore di giustizia su sollecitazione di alcuni parenti che non riuscivano più a mettersi in contatto con lui, trovandone il corpo senza vita.

L’OMICIDIO GULLI’

Diversi interrogatori di Filocamo sono già stati messi a verbale dai magistrati; alcuni di questi sono confluiti anche in procedimenti su altre realtà criminali reggine. Come nel caso dell’omicidio di Nino Gullì, freddato con tre colpi al petto nel maggio del 2008 davanti ad una sala giochi del rione Modena.

“Non conosco i dettagli perché io ero piccolino – aveva raccontato Filocamo ai magistrati – e ancora non ero accoscato. Credo però che Gullì fosse un Rosmini e all’epoca chi comandava per i Rosmini era Franco Giordano. Mi ha detto Nino Barbaro che Franco Giordano è il mandante dell’omicidio di Nino Gullì – aveva messo a verbale il giovane collaboratore di giustizia –

Durante la detenzione a Catanzaro, Nino Barbaro mi ha detto che Franco Giordano è il mandante dell’omicidio di Nino Gullì. Me l’ha detto mentre eravamo all’aria. Nino Barbaro parlava con Edoardo Mangiola, che è uno dei Libri, e poi mi ha riferito cosa si erano detti”.