Carezze, baci, abbracci, il caffè al bancone di un bar, la cena al ristorante, le persone che amiamo. Nel lungo elenco delle cose di cui siamo stati privati a causa della pandemia da Covid, ci sono anche, per noi reggini, le passeggiate a Scilla.
La nostalgia delle passeggiate a Scilla
Ognuno di noi ha il suo “posto del cuore“, ma la bellissima perla della Costa Viola rientra, probabilmente, in quello di quasi tutti gli abitanti dell’area metropolitana ed anche in quello di chi, prima del virus, ha avuto la fortuna di visitarla.
In tutto il lungomare si contano due sole persone intente in una timida corsa invernale. Niente via vai di auto in cerca di parcheggio, niente “vasche” per respirare l’aria di mare. Pur essendo molto più silenziosa d’inverno, rispetto alla bella stagione, Scilla non è mai stata così desolata come in questa domenica di gennaio.
Il silenzio assordante
Persiane chiuse e saracinesche abbassate, insegne sbiadite mostrano già i segni indelebili che il Covid ha lasciato sugli imprenditori, in particolar modo del settore della ristorazione. I teloni coprono le storiche scritte delle attività commerciali più conosciute a Scilla. Dalle vetrate dei ristoranti si intravedono le sedie capovolte sui tavoli nudi, in attesa di tempi migliori.
L’unica cosa che si ode, chiara e forte come sempre, è lo sciabordio del mare. Le onde sbattono a Marina Grande nel silenzio assordante dell’assenza di chi vorrebbe essere qui ma, per validi motivi, non può. In lontananza suonano le campane della chiesa principale in piazza San Rocco, i rintocchi scandiscono un tempo che, qui, sembra essersi momentaneamente fermato.