Il Comitato No Ponte: “Villa San Giovanni sotto assedio. Farsa e tragedia”
La Commissione Territorio smonta il progetto. Dubbi su sismicità, viabilità, e compensazioni ridotte al 2%
07 Maggio 2025 - 10:46 | Comunicato Stampa

“I confini tra farsa e tragedia diventano sempre più labili nel progetto di costruzione del Ponte sullo Stretto. La riunione della Commissione Territorio del Comune di Villa San Giovanni, con la partecipazione del personale tecnico della società di progettazione Stretto di Messina SpA, ha confermato le previsioni più fosche condivise dai cittadini di Villa e dello Stretto.
Approssimazione e distopia: queste sono le due parole che possono sintetizzare le relazioni tecniche offerte ieri dai tecnici della società davanti a consiglieri e cittadinanza, massicciamente presente all’appuntamento.
Da una parte, infatti, i tecnici hanno continuamente fatto riferimento a scenari di futura realizzazione che cozzano con l’obiettivo (non perseguibile) di avviare i cantieri entro pochi mesi. Lavori sulle interferenze tra strutture civili e di cantiere, approvvigionamento idrico, viabilità interna, costruzione di pozzi e depuratori, riduzione del disagio e monitoraggio ambientale: un programma tutto declinato al futuro e infarcito di verbi al condizionale”. E’ quanto afferma il comitato No Ponte in una nota.
“Non è dato sapere come verrà ricavata l’acqua per i cantieri (se non sperando in piogge sempre più rare), né come – concretamente – la viabilità interna verrà salvaguardata garantendo che la zona nord di Villa San Giovanni non venga isolata dal resto del tessuto urbano. Nessuna menzione per il collegamento ferroviario (che ci è stato spiegato, in questi mesi, essere il volano per lo sviluppo dell’alta velocità in Calabria, ad oggi nemmeno prevista nei piani di Rfi) e negazione all’inverosimile della pericolosità sismica e dei vincoli di faglia peraltro emersi negli ultimi mesi proprio nell’area in cui andrà a essere collocato il pilone calabrese.
Risorse e progetti: un déjà-vu del 2013
“Ad oggi, mentre le risorse messe a disposizione dal governo e dirottate da fondi cruciali per le regioni del Sud come il Fondo di Coesione e Sviluppo lievitano fino a oltrepassare i 14 miliardi di euro, le carte del progetto sono le stesse di un anno fa (e, più precisamente, del vecchio progetto cassato nel 2013), come evidenziato dagli stessi consiglieri di maggioranza.
Ma la società Stretto di Messina, in vita dal 1981 e riesumata da Salvini, ci è costata oltre 500 milioni di euro e solo nel 2024 ha visto quadruplicato il costo del personale, anche in ragione della sopraggiunta possibilità di sforare il tetto dei 240 mila euro annui per i manager pubblici.
Dall’altra parte, in ogni caso, lo scenario abbozzato resta tra i peggiori per la popolazione villese. Un quadro distopico, in cui la cantierizzazione prevede che la città perda definitivamente il rapporto con il mare e la sua vocazione turistica. Il lungomare Fata Morgana diventerà altro, prevedendo sovrappassi sulla ferrovia e con pendenze aspre che, pur nei limiti normativi attualmente previsti, diventeranno ordinarie e diffuse nella “città sotto il Ponte”.
Nei lunghi mesi di allestimento dei cantieri (e negli anni successivi) non è dato sapere come verrà ridotto l’esponenziale inquinamento ambientale e sonoro che si abbatterà sulla città, mentre è certo che in numerosi tratti della viabilità interna ci saranno ampie zone di interferenza con mezzi e materiali di cantiere, da Villa a Campo Calabro.
Infine, anche la beffa sulle cosiddette “opere compensative” e “preliminari”: la scelta spetta al MIT e la spesa dovrà in ogni caso non superare il 2% del costo complessivo dell’opera. In altre parole, briciole.
Appello alla mobilitazione: fermiamo insieme quest’opera
I territori (le istituzioni, la cittadinanza e in particolare gli espropriandi) escono mortificati e umiliati da questo confronto, proprio mentre si apprende di inquietanti fughe di notizie sulle inchieste contro gli appetiti della ‘ndrangheta.
Il ponte sullo Stretto resta un’opera di regime imposta con violenza a un territorio che avrebbe bisogno di ben altri interventi: una dichiarazione di guerra contro la democrazia, la dignità e il futuro dei territori dello Stretto.
Non lo accetteremo. Serve una mobilitazione ampia, radicale e popolare, capace di unire chi rifiuta il saccheggio del Sud, la devastazione ambientale e il bavaglio imposto con il Decreto Sicurezza. Fermiamo insieme questa opera inutile, costosa e pericolosa. La lotta è appena cominciata”, conclude il comitato.
