Ponte sullo Stretto, perchè si discute ancora di un'opera così importante

L'argomento è vecchio un quarto di secolo. Per quanto tempo ne parleremo ancora?

Ci risiamo. Ecco il nuovo ‘ciclo’ di dichiarazioni propagandistiche che riguardano il Ponte sullo Stretto.

Il dibattito si riaccende come avviene ormai ciclicamente (ogni 5-6 mesi da oltre 25 anni) e i politici tornano a ‘sguazzarci’ anche solo in cerca di un pò di notorietà.

D’altronde l’attenzione, se si parla di una grande opera così tanto discussa, è sempre molto alta e dunque via al nuovo valzer di dichiarazioni.

Ponte si, ponte no?

L’eterno dilemma è stato vissuto da più generazioni e interesserà, speriamo di no, anche i nostri figli.

Ad oggi c’è chi ancora definisce l’opera ‘una cazzata’ (il livello ed i termini della discussione sono sempre molto elevati), chi ‘non è contrario alle grandi opere purchè abbiano un senso…’, chi invece è totalmente favorevole, chi puntualizza come ci siano decine e decine di opere incompiute in Calabria e centinaia di ponti da completare e chi, come la De Micheli, ci ricorda (semmai avessimo avuto qualche dubbio) come il Ponte sia

“un’opera che se dovesse essere fatta, andrebbe fatta nel mare e quindi dobbiamo avere, anche in coerenza con le ragioni per le quali è nato questo Governo, la transizione ecologica e la sostenibilità ambientale…”.

Insomma, se le parole potessero servire alla costruzione di un’opera gli italiani ne avrebbero già una decina di Ponti sullo Stretto.

A rilanciare l’infrastruttura simbolo del berlusconismo, questa volta ci pensa il leader di Italia Viva Matteo Renzi che annuncia:

“Costa più non farlo”.

Il dibattito va avanti da circa un trentennio e l’argomento è vecchio un quarto di secolo.

La tanto discussa ‘lingua d’asfalto’ che unisce Calabria e Sicilia darebbe migliaia di posti di lavoro, modernizzerebbe il sud e darebbe una spinta all’economia del Meridione.

Basterebbe questo per essere d’accordo.

Ma all’Italia, si sa, piace complicare le cose. E il tira e molla infinito del Ponte sullo Stretto sembra essere il frutto di un perverso piano cinquantennale perpetrato nell’ombra a carico degli italiani architettato dalla classe politica che gioca a piacimento nel presentarlo e ripresentarlo con tempi e modi raffinati. Come fosse una discussione su cui far leva ‘ad orologeria’.

Siamo nel 2020 e le grandi opere non nascono per caso ma a seguito di un interesse pubblico primario. Il Sud ha bisogno di un’opera di questo tipo.

Si farà, non si farà? Se non lo vedranno i nostri figli, è tuttavia probabile che un domani (molto lontano) si possa sbloccare la ‘storia infinita’ del Ponte sullo Stretto e che almeno tra due generazioni si possa dare inizio all’opera faraonica.

Chissà, magari la politica oltre alle parole passerà ai fatti, prima o poi…

L’eterno dilemma ci ha stufato.