Lettera aperta di un tifoso: ‘Ripensare ad una nuova Grande Reggio per far tornare grande anche la Reggina’
Secondo Giuseppe "Reggio è una città completamente statica, ferma, che non ha saputo rinnovarsi e che vive continuamente ancora nel ricordo di quello che fu"
04 Agosto 2023 - 09:25 | di Redazione

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Giuseppe “Fossa” Criaco, appassionato tifoso amaranto.
“La sentenza del Tar del Lazio di ieri sancisce non solo il fallimento “sportivo” della Reggina1914 srl ma di una intera città; della sua classe dirigente, ma anche di quella produttiva, che non riescono più a dare alla città di Reggio quel respiro economico, culturale e programmatico che il territorio merita. Che i reggini meritano, sebbene silenziosi complici di questo degrado.
Oggi non è tempo di accusare FeliceSaladini nonostante le sue indicibili colpe, oggi è tempo di constatare le condizioni in cui versa la città e fotografare quello che è oggi il sistema Reggio. Sebbene Reggio, tutta la città e la tifoseria hanno il diritto di sapere quale sia la terribile verità che sta alla base della decisione “politica”, a mio avviso”, di cancellare la Reggina dal calcio professionistico. Chi sa parli.
Oggi in città si punta il dito contro l’avventuriero Lametino (come leggo spesso sui social) e tanto basta a tacitarci la coscienza. Ma nessuno ha il coraggio di guardare dritto negli occhi questa città e fare un sincero “Mea Culpa. Un atto di costrizione per quelle che sono state nel tempo le scelte “devastanti” fatte all’interno di quella cabina elettorale.
Una città che vive ancora di notabilato e lavoro dipendente, spesso sottopagato e fuori dalle statistiche ufficiali, che vive ancora di lavoro stagionale e precario, dove manca una idea compiuta di impresa, e dove il terziario ancora fatica a decollare. In tutto questo la Reggina è specchio di una città: e non ci potrà essere mai una squadra da serie A se non abbiamo una città di Serie A.
Ed oggi cosa ci racconta la città, dal centro alle periferie: ci dice di una città che tira avanti stancamente, giorno dopo giorno, e che come il gabbiano di Gaber “non ha più nemmeno l’idea di volare”. Una città che incapace di fare fronte alla mille problematiche che la attanagliano: dall’emergenza rifiuti, alla crisi idrica di questi giorni. Una città che ormai non si guarda più allo specchio anzi ne ha il terrore. Potrebbe scoprire, alle sue spalle, la vera essenza del suo demone che ormai la sta divorando lentamente. Nella totale incapacità della politica, di dare alla citta ed ai reggini un obiettivo o meglio sarebbe una “visione” capace di risvegliarli da questa letargia civica e sociale e farli tornare protagonisti delle proprie ambizioni.
Qualcuno dice che la città non sa più sognare, come aveva saputo fare in passato; altri affermano che la città è ormai inerte e non sa più reagire, vittima di una sorta di atavica rassegnazione. La Reggina dunque panacea e balsamo sociale per novanta minuti. Troppo poco, siceramente.
Ed allora è tempo di farla una sana autocritica, prendendo spunto dalla “crisi Reggina”, che deve necessariamente condurci fuori dal solito perimetro fatalista, da quella muta rassegnazione che lentamente opprime il nostro essere con una cappa dell’anima come le giornate di “scirocco” che soffocano la nostra città.
Oggi la crisi della Reggina non può e non deve essere ricondotta alle alchimie di Felice Saladini, che avrà pure le sue colpe e sono anche tante, ma dov’era l’alternativa domestica, reggina, casalinga, alla “calata” del lametino nel giugno scorso. Dov’era la politica, la classe dirigente cittadina e la classe imprenditoriale. Perché nessun imprenditore reggino si è sentito in dovere lo scorso giugno, unitamente alla nuova proprietà, di investire (anche in cordata) nella nuova società amaranto, impedendo da subito che quel “progetto triennale” fosse solo immaginario
Invece si è ritenuto “pilatescamente” molto meglio affidare a Marcello Cardona il ruolo di Praefectus vigilum per sentirsi esenti da critiche o da colpe. Non è così.
Oggi la Reggina, e quindi la città, scontano quella pavidità, quell’ “ignavia” parimenti responsabile così come lo è stata la “via dell’avventura” di Felice Saladini.
Oggi Reggio è una città completamente statica, ferma, che non ha saputo rinnovarsi e che vive continuamente ancora nel ricordo di quello che fu, rimpiangendo i fasti veri o presunti degli ultimi due Sindaci che comunque a modo loro rivitalizzarono la città: Italo Falcomatà e Giuseppe Scopelliti, E con la Reggina, in quegli anni, bandiera e orgoglio cittadino,
Oggi è il momento di resistere, oggi è il momento della responsabilità e dell’orgoglio doti indispensabili per riprendere in mano questi colori e questa bandiera e riportarli là dove meritano. Abbiamo il dovere quanto meno di provarci, tutti assieme, nessuno si senta escluso. La città deve riappropiarsi della Reggina e la Reggina deve riappropiarsi del suo ruolo di emblema e simbolo della Reggio che vuole rinascere.
Oggi progetti nazionali economici e infrastrutturali stanno paventando un cambiamento epocale per il nostro territorio. Un’opera che potrebbe davvero cambiare la prospettiva futura per questa terra. E non tanto per l’opera in sè, ma per la convenienza economica, se saputa leggere per tempo, e la capacità di attrarre capitali ed investimenti capaci di cambiare la narrazione che vuole questo territorio naturalmente non predisposto a favorire gli investimenti. Falso, basti guardare Gioia Tauro, oggi il più grande terminal per il transhipment (trasbordo merci) presente in Italia.
Oggi è’ tempo di Ripensare nuovamente ad una Grande Reggio, una città capace di rinnovare e rinnovarsi al traino di questo progetto che sembra finalmente attuabile e potrebbe davvero diventare volano di una economia del futuro.
Da oggi è necessaria una visione innovativa che coinvolga tutti gli attori per rifondare questa “nuova Reggina”. E sarà necessario lo stesso popolo amaranto.
E’ necessaria una programmazione seria, ma anche la consapevolezza di quello che non vogliamo più essere: terra di conquista da parte di soggetti che non hanno mai pensato a far grande la Reggina.
Perchè questo ci ha sbattuto in faccia la sentenza di oggi: a Reggio Calabria si è maneggiato con logiche diverse il prodotto calcio.
Da oggi tutto questo, compreso il dolore che tutti intimamente stiamoo provando, ci deve rendere consapevoli di quanto coraggio e di quanta responsabilità la nuova società dovrà avere da oggi in avanti. Saranno queste doti le sole idonee per costruire dalle fondamenta una nuova squadra, un nuovo team da offrire ad un nuovo Mister. Per tornare a vincere.
Insomma una nuova rinascita che da oggi in avanti impone Responsabilità e Coraggio. Parole che possono essere solo vuoti “fonemi”, oppure, possono diventare parole fondanti del nuovo corso della nuova Reggina (o qualunque sia il suo nome), se la città tutta e la nuova società sapranno “fare sistema”. Allora sì, che si potrà essere ambiziosi. E tornare grandi, tutti assieme”.
