Reggio, Lido comunale epicentro del degrado. Come fa ad essere ancora agibile?

Strutture danneggiate e pericolanti, sporcizia e devastazioni diffuse, servizi ed impianti devastati. L’ex salotto buono della città si trova in condizioni drammatiche. Ecco la situazione di pericolo in cui versa

Non solo tonnellate di sporcizia. Non solo inerti pericolosi, preservativi, ettari di fazzoletti insanguinati e cataste di bottiglie rotte, con segni diffusi di reiterate devastazioni a danno di infissi ed accessi. Non soltanto erbacce, plastiche sparse, zone incendiate, insidiose batterie esauste, pneumatici vecchi ed aiuole ormai diventate voluminosi ed incolti arbusti.

Tutti sintomi di una sorveglianza prossima allo zero. Il Lido Comunale di Reggio Calabria, sito d’eccellenza cittadino negli anni ‘60 e ‘70 poi scivolato in un lento ed inesorabile oblio, mostra da anni deficienze strutturali ben oltre il limite dell’inquietante.

Ferri di armatura corrosi con staffe “esplose” e bacchette letteralmente consunte per l’azione sessantennale di salsedine, infiltrazioni ed esposizione all’ossigeno. Ed ancora, cementi copriferro ed intonaci sgretolati, solai spesso deformati che mostrano evidenti segni di separazione dalle pareti con lesioni vaste, profonde ed a volte passanti. Tanto nel telaio, che nelle tamponature. Rampe di scale quasi in polvere, cornicioni contenuti a fatica da reti al limite della loro resistenza o lasciati liberi di sgretolarsi, come attestano i mille calcinacci.

E poi porte divelte, pavimenti distrutti ed impianti elettrici ed idrici consegnati da tempo, ai più macabri ricordi. Con cavi elettrici ammalorati e tubi fradici, offerti alla vista ed al tatto. Né sfugge l’inquietante mimetizzazione di alcune travi e pilastri danneggiati, nell’impalcato adiacente alla Torre Nervi, zona dove è più frequente la sosta contemporanea di centinaia o talvolta migliaia di persone, combinata perlopiù con l’azione di potenti onde sonore. Quelle cover di compensato e quelle pennellate di vernice bianca sui ferri arrugginiti e da decenni scoperti, come attestano le immagini, sono espedienti attuati in occasione dei Mondiali di windsurf di qualche anno fa, quando il comune volle imbellettare agli occhi dei tanti ospiti internazionali, un sito che mostrava già evidentissime problematiche generali.

Cover ed appendici che sono cresciute di volume ed estensione ogni anno, per celare alla vista le fratture sempre più profonde e pericolosamente presenti, anche nella cruciale congiunzione strutturale di solai, travi e pilastri. Nessun lavoro di retrofit sismico (adeguamento ndr), anche solo provvisionale, come sarebbe stato quantomeno auspicabile, è stato mai fatto nel tempo, a tutela degli occupanti occasionali e stabili del Lido. Neanche delle staffe ad L imbullonate, dei puntelli, qualcosa che almeno mitighi il problema, anche solo temporaneamente.

Poco rassicura, il fatto che la ridotta altezza dell’impalcato e l’assenza di sovrastrutture su buona parte dei solai, comporti rischi relativamente inferiori. Le condizioni di resistenza residuali di ampie zone del Lido Comunale infatti, non solo come carichi statici ma soprattutto in caso di violenti e ravvicinati scuotimenti dovuti alle accelerazioni tipiche di un forte terremoto, sono molto probabilmente assai inferiori rispetto al progetto originario, che comunque non risponde da decenni a nessuna norma sismica di riferimento.

Un calcestruzzo armato tanto vetusto e così esposto alla salsedine avrebbe necessitato quantomeno, come misura assolutamente minima, di ispezioni a vista annuali e di step manutentivi radicali, cadenzati e rigorosamente effettuati nel tempo, da parte di personale tecnico qualificato.

Un sito degradato e fuori norma come il Lido Comunale, a cui è stato riconosciuto un valore storico tale da vincolare finora qualunque intervento strutturale o di demolizione parziale o totale, almeno in sue alcune vaste zone, si fa fatica a capire come possa essere tuttora fruibile e agibile, limitandosi ad inibire l’accesso con pannelli di truciolato improvvisati e già divelti da alcuni ospiti evidentemente abituali.

In questo contesto degradato inoltre, persiste la problematica mai risolta del Torrente Caserta, a nord del Lido. Questa foce a mare coperta nel 2006, da quasi 15 anni è in testa alle classifiche di maggiore inquinamento per sbocchi a mare non industrializzati, di tutta Italia. Anche la copertura di questo corso d’acqua, perennemente maleodorante, è da tempo crollata e mostra alla vista nutriti contingenti di scarafaggi e corpulenti topi, dalle dimensioni quasi canine.

Anche la dirimpettaia Arena Lido, ultimata quasi 20 anni fa, versa in condizioni critiche dal punto di vista tecnico e non più solo igienico: umidità ed infiltrazioni hanno intaccato infatti da anni parte del fabbricato, provocandogli danni visibili. Ad oggi, è utilizzata come discarica ed al suo interno sono cresciuti ormai veri e propri arbusti. Nel tempo, vari architetti hanno posto l’attenzione sull’effetto barriera che il Lido così com’è genera, impedendo la visione del mare dalla parte iniziale del lungomare Falcomatà, in antitesi a quanto accade in altre città del mondo che sorgono sul mare, che invece valorizzano questo elemento naturale per tutta l’estensione del litorale urbano. Quand’anche dovesse essere confermata l’attuale configurazione architettonica, non risulta comprensibile né accettabile però, come possa perdurare uno stato di abbandono e di conseguente pericolosità di quasi tutta la struttura, in una città civile ed a vocazione marittima, quale dovrebbe essere Reggio Calabria.

Né risulta chiaro quanto sia economicamente, urbanisticamente e strutturalmente conveniente, investire ingenti cifre per ristrutturare il Lido nella sua attuale configurazione, impattante e costoso a livello costruttivo, ambientale ed estetico, come per sua stessa costituzione è. Alla totale riqualificazione intera dell’area, dovrebbe poi seguire un aggiornamento sismico rigoroso ed oneroso. A tal proposito, non è chiaro quando siano state fatte le ultime ispezioni tecniche approfondite su tutta l’area e quale sia stato il responso.

Una soluzione futura ipotizzata, attraverso l’utilizzo di strutture snelle, con design e volumi meno invasivi, assolverebbe ad una doppia funzione estetica e gestionale, molto più favorevole. Ripristinare e quindi mantenere in vita un fronte cementizio tanto imponente anche  per i prossimi decenni, riproporrebbe sempre le stesse problematiche. Fra preoccupanti dati scaturiti dall’analisi delle acque marine ogni anno e le condizioni attuali apocalittiche delle strutture terrestri, non si comprende come ampie zone del Lido Comunale possano oggi essere accessibili al pubblico, anche a carattere temporaneo. Nella stragrande maggioranza delle città del mondo, perlopiù della sismicità potenziale della nostra, un’area così sarebbe stata già chiusa, sorvegliata e cinturata con strutture fisse, invalicabili e non labili ed  approssimative. Come invece accade oggi.

Il Lido Comunale reggino, nell’anno solare 2019, non è più il fiore all’occhiello di una città bella e gentile il cui ricordo è lontanissimo nel tempo, ma l’epicentro del degrado più diffuso ed annoso e della tremebonda sottovalutazione dei rischi, più annichilente.

La città più grande della Calabria e fra le più antiche in assoluto, resta ancora molto lontana da una dimensione vagamente metropolitana, da un’identità forte ed inattaccabile e da un livello complessivo che sia anche solo ed anche solo sufficiente.