Reggio, un anno dall’omicidio di Via Melacrino. Billie Jay Sicat davanti al Gup
Una storia di violenza cieca, con pochi precedenti a queste latitudini. Billy Jay, armato di machete, l'ha uccisa senza pietà
30 Luglio 2020 - 10:18 | Vincenzo Imperitura

Le schedine giocate senza soluzione di continuità, l’attesa per le estrazioni, la delusione e la rabbia per i numeri che non escono e i soldi, tanti sospettano gli inquirenti, che continuano ad andare perduti in attesa di una vincita che non arriva mai: ci sono i fantasmi del gioco d’azzardo legale dietro il raptus omicida che giusto un anno fa, ha segnato la morte, tremenda per le modalità in cui è avvenuta, di Mariella Rota, la sessantaseienne reggina ammazzata a colpi di machete nella tabaccheria di famiglia, in via Melacrino.
Un omicidio violentissimo – anche per i canoni di una città come Reggio che, suo malgrado, ha vissuto sulla propria pelle due sanguinosissime guerre di mafia – che ha scosso profondamente la città dello Stretto e che vede sul banco degli imputati – domani è fissato davanti al Gup la prima udienza del procedimento – Billie Jay Sicat, cittadino filippino residente da anni in Calabria.
Una storia di violenza cieca, con pochi precedenti a queste latitudini, che inizia nei giorni precedenti all’omicidio. A raccontarlo agli inquirenti è lo stesso imputato che, ricostruendo le ore precedenti alla mattanza, ha parlato di una serie di vincite che lo stesso non sarebbe stato in grado di riscuotere.
«Sono andato in tabaccheria per spaventarla – dice Sicat agli investigatori della mobile che lo avevano rintracciato nel giro di una manciata d’ore – perché continuava a non pagarmi le schedine che vincevo. Mi ha riso in faccia, sono diventato un animale».
Ma la tesi del raptus omicida scattato sul momento, cozza con la ricostruzione degli investigatori secondo cui quella violenza assurda si è sviluppata lungo altri contorni. All’appuntamento con la vittima infatti, il cittadino filippino (arrivato in città grazie al ricongiungimento con la moglie che a Reggio era sbarcata già da qualche anno) era arrivato armato di un machete e con nascosti in uno zaino alcuni abiti pronti ad essere indossati subito dopo l’assalto, per confondere e sfuggire agli eventuali inseguitori.
Un piano premeditato quindi, scattato nei minuti precedenti alla chiusura della tabaccheria e portato a termine con determinazione e freddezza. Sono le stesse telecamere interne della ricevitoria a raccontare per immagini l’aggressione: Sicat che entra nel negozio con il volto travisato, la mano che corre a impugnare quel coltellaccio prelevato da casa, i colpi che cadono con sempre maggiore violenza.
La donna probabilmente non ha nemmeno il tempo di capire cosa le sta succedendo. In pochi attimi la lama colpisce la povera Mariella Rota prima al collo, poi alla testa. Ma i primi colpi andati a segno non placano la furia del filippino che continua ad accanirsi sul corpo della vittima, colpita ripetutamente sulle braccia e sulle mani alzate nel tentativo vano di parare quella furia che le si è abbattuta contro. Per Mariella Rota non c’è speranza, l’assassino, reo confesso, non le ha lasciato scampo. Portata a termine l’aggressione, Sicat poi rivolge la sua furia contro i dispositivi elettronici presenti nel negozio, nel tentativo, andato a vuoto, di cancellare le immagini di quella furia senza senso. E poi la razzia della cassa e il cambio di abiti prima di provare a confondersi con la gente che affolla le strade di quella torrida giornata di fine luglio. Tutte precauzioni inutili. Gli uomini della mobile di Reggio ci mettono pochissimo a recuperare le immagini delle telecamere a circuito chiuso e la caccia all’uomo che ne deriva viene portata a termine in una manciata d’ore.
«Da almeno tre anni mi nascondeva le vincite – proverà a giustificarsi l’indagato – mi imbrogliava, mi ha fregato un sacco di soldi».
Una tesi che fatica a stare in piedi – la malcapitata Rota era considerata come una donna gentile e attenta con la propria clientela – e che Sicat proporrà a sua discolpa durante l’udienza di domani.
