San Luca, finita la sorveglianza speciale di Giovanni Luca Nirta

La cassazione ha rigettato il ricorso del Pg sulla revoca della misura. Protagonista della faida di San Luca, Nirta ha scontato 12 anni per associazione mafiosa

A tuti gli effetti un uomo libero: con il rigetto da parte della Cassazione del ricorso presentato dal Pg d’Appello contro la revoca della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, Giovanni Luca Nirta non ha più alcun vincolo alle sue libertà di movimento. «Esprimiamo grande soddisfazione – scrivono in una nota gli avvocati Eugenio Minniti e Giuseppe Miliciaper il pronunciamento della quinta sezione penale della Corte suprema che ha rigettato il ricorso proposto dalla Procura generale. Ritengo – scrive Minniti – che il collegio abbia pedissequamente applicato il principio della cancellazione delle presunzioni di pericolosità sociale nel campo delle misure di prevenzione».

Da Carnevale a Ferragosto

Il nome di Giovanni Luca Nirta – che ha scontato per intero la condanna a 12 anni per associazione mafiosa rimediata nel processo Fehida – è legato a doppio filo con la faida di San Luca, una delle più lunghe e cruente guerre di mafia mai scoppiate nel reggino. Esplosa in seguito ad una banale lite tra un gruppo di ragazzi il giorno di carnevale del 1991, la faida tra i Pelle-Strangio da una parte e i Nirta-Vottari dall’altra degenerò presto in una caccia indiscriminata all’avversario.

Omicidi in montagna e vendette a bordo di special 50, blitz a colpi di kalashinkov in pieno centro e stragi clamorose all’estero: la guerra tra i clan rivali di quella che viene riconosciuta come una delle capitali della ‘ndrangheta, fu una lotta senza quartiere, violentissima e insensata. Una escalation di omicidi culminati con la strage di Duisburg, quando a ferragosto del 2007, furono in sei a essere trucidati davanti alla pizzeria “da Bruno”. Assolto in Appello dalla condanna rimediata in primo grado per l’omicidio di Bruno Pizzata, Nirta – esponente di vertice della famiglia dei “Versu” – fu protagonista di un altro eclatante fatto di sangue. La sera di Natale del 2006 infatti, un commando di fuoco armato di fucili mitragliatori, sparò ad alzo zero davanti alla sua casa colpendo a morte la giovane moglie Maria Strangio e ferendo lui, vero obbiettivo del gruppo di sicari, e altre due persone tra cui un bambino piccolo. Fu questo evento, sostengono le sentenze, a causare la rappresaglia che portò la guerra d’Aspromonte fino in Germania.