Processo Gotha - Il pentito Vecchio: 'La bomba in Comune? Era una bufala. La piazzò Carminello'

L'ex assessore Seby Vecchio racconta in aula della bomba piazzata in comune nel 2004

Servizi segreti e capi ultras, cosche massomafiose e pacchi bomba che non potevano esplodere. Ci sono alcune delle pagine più oscure della recente storia di Reggio nelle parole che il neo collaboratore di giustizia Seby Vecchio (l’ex poliziotto già pezzo grosso a palazzo San Giorgio prima del suo arresto con l’accusa di associazione mafiosa e della decisione di collaborare con la giustizia) ha messo a verbale nel corso dell’udienza di mercoledì al processo “Gohta”.

Incalzato dai pm della distrettuale antimafia nel procedimento sugli intrecci tra ‘ndrangheta, massoneria e politica nella città dello Stretto, l’ex assessore torna indietro ai tempi della prima consiliatura di Peppe Scopelliti.

È il 2004, sono ancora lontani i tempi del “sindaco più amato d’Italia”, e una pattuglia della polizia, su imbeccata dei servizi segreti, scova nei bagni del palazzo comunale, un ordigno fabbricato col il tritolo della “Laura C” – la nave affondata al largo di Melito che sarebbe stata usata dalle cosche come deposito per l’esplosivo – privo di innesco e che quindi non poteva esplodere.

«Ho parlato in prima persona sia con i politici che persone della ‘ndrangheta – ha riferito Seby Vecchio in aula –  Per quanto riguarda l’esplosivo, è stato una bufala. È stato preparato. Era un attentato per accreditare un peso politico maggiore a Scopelliti».

Una finta quindi che, secondo il racconto del collaboratore di giustizia, sarebbe stata messa in piedi dalla ‘ndrangheta con il bene placido del vertice dei servizi, quel Nicolò Pollari, in quegli anni di casa a Reggio.

«I servizi – ha detto ancora Vecchio – erano interessati a blindare la persona di Peppe Scopelliti affinché prendesse tutto e per tutto. Alla fine c’era sempre il lato economico. Più che fortificarlo Scopelliti, bisognava inventarlo, strutturarlo e portarlo avanti dal nulla nell’interesse delle consorterie ‘ndranghetistiche, di Paolo Romeo e dei De Stefano. È una convergenza tra consorterie ‘ndranghetistiche e servizi finalizzati a rendere più solida la figura di Scopelliti». E se la bomba, come racconta Vecchio, era una bufala, per poterla sistemare c’era bisogno di qualcuno che la potesse piazzare senza dare nell’occhio.

«Non so se ancora oggi è impiegato a Palazzo San Giorgio, ma è conosciuto come ‘Carminello ultras della Reggina‘ che lavorava come usciere al Comune. Si prestò un dipendente del Comune. Non so da chi gli venne chiesto di farlo ma c’è stato un coinvolgimento così tanto da poterlo fare in maniera pulita, cioè posizionare il tritolo nel bagno e uscirsene senza che nessuno se ne accorgesse fino a dare l’allarme».

LA REAZIONE DI CARMINELLO

Neanche il tempo di metabolizzare la dichiarazione di Seby Vecchio che Carmine Quartuccio – autentica leggenda della galassia ultras reggina, per quasi 30 anni alla guida della curva amaranto – è intervenuto con una diretta su Facebook che è subito diventata virale.

«E io avrei messo la bomba al comune? Io? E con l’aiuto di uno dei servizi? Ma come fa uno che è stato nelle forze dell’ordine a dire una cosa del genere a gente che al massimo “tirau cacchi petra o campu”?».

Carminello, in un video di poco più di due minuti, rimbalza le accuse del pentito confessando di avere paura per le conseguenze di questo attacco e promettendo querele.