Legislazione sui semi di marijuana: sono legali o no?

In Italia è consentito l’acquisto di semi di marijuana, anche se la loro coltivazione è considerata illegale

Quello della legalizzazione delle droghe leggere è un tema estremamente controverso, capace di scaldare gli animi e polarizzare l’opinione pubblica a tal punto da generare forti tensioni tra i sostenitori e detrattori della legalizzazione della cannabis e dei suoi derivati (marijuana e hashish). Tale contrapposizione, che è spesso alimentata dalla politica, si rispecchia anche nella normativa vigente in materia. Come vedremo a breve, infatti, in Italia vige un duplice regime normativo sulla canapa.

Va peraltro tenuto presente che negli ultimi anni, a fronte di una normativa non del tutto chiara, si è riscontrata una rapida diffusione nelle vendite della cannabis light tanto nei negozi fisici (nelle tabaccherie soprattutto) quanto negli store online. Sono proprio quest’ultimi, in particolare, che hanno permesso di ampliare l’offerta sul mercato di prodotti (certificati) di alta qualità venduti anche da appositi eCommerce che offrono semi di cannabis solo online.

In questa sede, precisiamo fin da subito, non ci soffermeremo sulle modalità e sugli orientamenti con cui il dibattito pubblico sul consumo di cannabis viene portato avanti nel nostro Paese. Lo scopo di questo articolo è, invece, quello di ripercorrere le principali tappe che hanno segnato l’evoluzione del quadro normativo in materia. Fatta questa breve ma dovuta premessa, passiamo ora a delineare il quadro di riferimento da tenere in considerazione.

Tra semi, cannabis e legalizzazione: l’ambiguità della normativa italiana

In Italia, la normativa di riferimento che disciplina la produzione e il consumo di stupefacenti è il D.P.R. 309/1990 (noto come legge Iervolino-Vassalli), che costituisce il Testo Unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza.

La legge Iervolino-Vassalli introduce nell’ordinamento la distinzione tra droghe leggere e pesanti sulla base dell’inserimento delle sostanze stupefacenti in due appositi elenchi, pubblicati (e periodicamente aggiornati) dal Ministero della Salute; laddove ogni elenco rimanda a sanzioni specifiche variabili in base alla tipologia e all’entità di stupefacente posseduto.

In ordine al regime giuridico cui è assoggettata la cannabis e i suoi derivati, il decreto in questione precisa che infiorescenze, olii e resine da fiori e foglie sono da considerarsi illegali, indipendentemente dal contenuto di THC. Se il commercio di tali sostanze determina una sanzione penale, il consumo delle stesse comporta, invece, una sanzione amministrativa (solo nel caso di quantità modica destinata ad uso personale).

La legge stessa, tuttavia, presenta un’eccezione: non è previsto alcun provvedimento sanzionatorio per la canapa coltivata per la produzione di fibre o per gli altri usi ammessi dalle normative comunitarie (art.14 del D.P.R. 309/1990); disposizione questa che ha generato una certa ambiguità, perché non consente di distinguere con chiarezza tra gli usi leciti e quelli illeciti della pianta.

L’evoluzione della legislazione antidroga: dalla “Fini-Giovanardi” al “decreto Lorenzin”

Il sistema sanzionatorio sopra descritto è stato stravolto dalla legge 49/2006 di conversione del D.L. 272/2005 (nota come legge Fini-Giovanardi). Il provvedimento, di fatto, equipara le droghe leggere a quelle pesanti, raggruppandole in un’unica tabella e inasprendo le relative sanzioni.

Tuttavia, la Fini-Giovanardi è stata dichiarata incostituzionale con la sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale. Per colmare il vuoto legislativo creatosi dopo la sentenza di incostituzionalità è stato emanato il decreto-legge n. 36 del 2014, noto come decreto Lorenzin (convertito nella legge n. 79 del 2014), che introduce una classificazione delle sostanze stupefacenti e psicotrope in cinque tabelle sulla base del grado di pericolosità delle stesse.
Un diverso orientamento prevale a seguito dell’emanazione della legge del 2 dicembre 2016 n. 242, che regola la coltivazione e l’utilizzo della cannabis destinata alla produzione industriale nel settore alimentare, cosmetico, tessile ed ornamentale. Tale norma ha effetto solo sulle varietà ammesse nel Catalogo comune delle Varietà di specie delle piante agricole.

Più nel dettaglio, la legge n. 242 del 2016 disciplina i derivati della canapa che non contengono sostanze stupefacenti e psicotrope, stabilendo che i prodotti a base di cannabis possono essere commercializzati solo se la concentrazione di THC in essi presenti non supera il limite dello 0,2%. È a questa legge che si deve il proliferare della produzione e commercializzazione della cannabis light. Va precisato però che la norma, se da un lato ne vieta esplicitamente la combustione o il consumo, dall’altro consente la vendita e l’acquisto di semi di cannabis legale a scopo collezionistico.

È dunque legale comprare semi di cannabis?

Questa ambiguità di fondo nella normativa tuttora vigente in Italia ha creato confusione riguardo l’illiceità o meno dell’uso dei semi di cannabis. Il nodo della questione risiede nel fatto che non ne è vietato esplicitamente l’acquisto, purché non sia finalizzato alla coltivazione.

Il principale riferimento normativo al riguardo è la legge n. 242 del 2016 che, come abbiamo visto si muove in direzione opposta rispetto alla precedente legge Iervolino-Vassalli (D.P.R. 309/1990). È alla normativa introdotta nel 2016 che si deve il proliferare della diffusione della cannabis light, ovvero della canapa a bassa concentrazione di tetraidrocannabinolo (THC).

Tale legge consente, infatti, la vendita di cannabis light e di altri prodotti da essa derivati, a condizione che quest’ultimi presentino basse concentrazioni di THC. In pratica, i prodotti a base di cannabis sono da considerarsi legali quando l’entità di THC in essi presente non supera lo 0,2%; per gli alimenti a base di canapa questa soglia può raggiungere lo 0,5%.

Occorre evidenziare, infine, che per la vendita dei semi di canapa, come quelli in vendita su Sensoryseeds, noto eCommerce del settore, ricorre l’obbligo di iscrizione nel “Catalogo comune delle varietà della specie di piante agricole” (Direttiva 2002/53/CE); non è invece richiesta un’autorizzazione diversa da quella necessaria per l’attività di coltivazione agricola. Per meglio comprendere la differenza fra la coltivazione di canapa ad uso industriale e quella di Cannabis light si rimanda a questo articolo dove è possibile trovare informazioni più dettagliate in merito.