Sentenza Miramare, il legale di Zimbalatti tuona: 'Nulla di fatto per la giustizia'

"Si è preferito più facilmente (e comodamente) livellare le sanzioni per tutti. Resta tanta tristezza e avvilimento", le parole dell'avv. Zampano

Sentenza Miramare, l’avv. Luca Zampano, legale di Antonino Zimbalatti, si dichiara triste e avvilito dopo quanto deciso ieri dalla Corte d’Appello. Ben nove ore di camera di consiglio hanno portato alla condanna per tutti gli imputati, con pene inferiori rispetto al primo grado.

“Per mia abitudine professionale non amo solitamente esprimere pubblicamente considerazioni, valutazioni, opinioni su sentenze, che riguardano miei assistiti, siano esse favorevoli o meno.

Ritengo sia il comportamento deontologicamente più opportuno e, contemporaneamente, sia quello più rispettoso verso i miei assistiti. Alla luce, però, di quanto accaduto ieri sera non posso non avanzare delle semplici, brevi osservazioni.

Sono state ben 9 lunghe ore di attesa quelle che hanno preceduto la pronuncia del dispositivo sul Caso Miramare. Mi domando, però: a cosa ha assistito la città?

Una così lunga camera di consiglio (ripeto, 9 ore) fa sempre presumere una e una cosa sola: la difficoltà dei componenti del collegio di trovare un accordo tra loro, in un senso o nell’altro. Questo dato è incontestabile.

Se i Giudici avessero avuto un accordo sulla condanna o sull’assoluzione sarebbero usciti dalla camera di consiglio ben prima.
Il dubbio, evidentemente, non permetteva loro di decidere rapidamente e nel dubbio non c’è mai condanna.

Le ore, invece, passavano senza che ad alcuno venisse data la benché minima indicazione di quanto quella riunione sarebbe durata.
Quando dico “alcuno” mi riferisco non solo agli imputati (ovviamente), ma a noi avvocati, ai giornalisti, ai pubblici ministeri, ai cancellieri, alle guardie giurate, etc, ossia a tutti coloro che, con il loro lavoro quotidiano, permettono alla macchina giudiziaria di funzionare e il cui lavoro va in modo sacrosanto rispettato!

Zampano si dice ‘ansioso’ rispetto alle motivazioni che verranno pubblicate, e non condivide quanto deciso dalla Corte d’Appello.

“Detto ciò, proprio l’interminabile durata della camera di consiglio aveva allontanato in noi operatori del diritto ogni previsione o possibile valutazione su quale sarebbe potuto essere l’esito della sentenza. Personalmente, però, speravo in una cosa. Proprio la lunghissima attesa mi faceva ben sperare in una valutazione attenta, analitica e, soprattutto, finalmente diversificata delle singole posizioni.

Questo ho chiesto con forza sin dall’atto di appello, su questo ho insistito nella mia discussione finale. Purtroppo, come si sa, le cose sono andate diversamente. Le sentenze, comunque, si accettano e, al limite, finché si può, si impugnano.

Resto ansioso -evidenzia l’avv. Zampano- di leggere le motivazioni di una sentenza, che, poco coraggiosamente, appare aver reiterato il più grosso deficit della sentenza di primo grado: la mancata autonoma valutazione di quegli elementi, che portano a dire integrato il reato di abuso d’ufficio con riferimento a ciascuna delle posizioni soggettive dei vari imputati.

Ad eccezione di Falcomatà, tutte le altre posizioni, ancora una volta e tristemente, risultano accomunate in una valutazione globale, come fossero posizioni analoghe.

Non è stato utile questo, soprattutto alla città. Se condanna doveva essere (e dubito fortemente che la scure della Corte dovesse cadere indistintamente proprio sopra tutti gli imputati) la città avrebbe avuto il diritto di sapere il peso e il ruolo avuto da ciascuno dei condannati nella vicenda Miramare.

Così non è stato, purtroppo! Si è preferito più facilmente (e comodamente) livellare il quantum sanzionatorio e abbassarne l’entità rispetto al primo grado di giudizio.

Nulla di fatto per Reggio Calabria. Nulla di fatto per la giustizia. Resta tanta tristezza e avvilimento di fronte a tanto, in attesa (davvero spasmodica) di poter leggere le motivazioni”, conclude il legale di Zimbalatti.