Arrestata per 'ndrangheta, l'avv. Dieni assolta dopo 10 anni: il suo racconto tra rabbia e pregiudizi

L'incredibile calvario giudiziario dell'avv. Dieni. Il racconto a CityNow: 'Inizialmente è sembrato un segnale di avvertimento alla mia categoria...'

Malagiustizia.

C’è chi tappezza la città di manifesti con la scritta a lettere cubitali ‘Tutti devono sapere il calvario che ho subito‘ e c’è invece chi dopo 10 anni di odissea giudiziaria preferisce, nonostante la piena assoluzione, un atteggiamento, decisamente più equilibrato e lontano dai riflettori.

“Avvocato se mi manda una sua foto la associamo all’articolo”, chiediamo all’avv. Dieni a fine intervista. La risposta è secca e senza indugi: “Preferirei un’immagine generica, una toga in un’aula di tribunale va più che bene”. La vittima di una (mala) giustizia lenta e piena di errori è l’avvocatessa reggina Giulia Dieni. Una vita distrutta a causa di un labirinto giudiziario la cui via d’uscita si è trovata solo dopo dieci lunghi anni.

‘Rifiuti 2’, l’accusa di associazione a delinquere, il carcere e la condanna

L’incubo ha inizio una mattina d’estate di 10 anni fa.

“Non ricordo il giorno esatto, ho rimosso la data. Era il 21 o il 22 luglio del 2014,  – spiega l’avv. Dieni ai nostri microfoni – quando la mattina prestissimo sento suonarmi alla porta di casa. Mi ritrovo davanti i Carabinieri dei Ros incappucciati per l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare. Un fatto inaspettato ed inimmaginabile nemmeno nei peggiori incubi”.

L’avvocato penalista studia subito il caso, l’accusa era gravissima, associazione per delinquere di tipo mafioso nell’ambito dell’operazione ‘Rifiuti 2’.

“Ero accusata di essere intranea al sodalizio mafioso della cosca Alampi che, secondo l’accusa, si era infiltrata negli appalti per la raccolta dei rifiuti attraverso il controllo di alcune imprese del settore. Ero finita sotto accusa solo perchè difendevo nel processo ‘Rifiuti 1Matteo Alampi, uno degli imputati, promotore dei rapporti con la cosca Libri“.

Un’ordinanza di custodia cautelare che, secondo l’avv. Dieni, arriva dunque “solo per aver svolto la professione di avvocato“.

“Come ogni avvocato, anche io mi recavo spesso in carcere per i colloqui con il cliente – spiega il penalista reggino – Ma non mi veniva contestata alcuna intercettazione né conversazione particolare”.

Dall’oggi al domani l’avv. Dieni si è ritrovata in carcere dove è rimasta per 17 lunghi giorni. Prima lo sconforto dentro la struttura di Arghillà, poi la rabbia e l’umiliazione per aver subito un processo ingiusto.

“Al carcere G. Panzera sono stata trattata benissimo, erano tutti basiti della mia presenza dentro quelle mura – racconta l’avv. Dieni – L’8 agosto del 2014 fortunatamente il Tribunale della Libertà, presieduto dal dott. Minutoli ha deciso di porre fine a questo primo drammatico momento. Il materiale istruttorio era davvero scarno e ho pensato insieme ai miei avvocati chiedere il rito abbreviato per ridurre i tempi”.

L’avv. Dieni vede la propria carriera sgretolarsi pian piano.

“Ci sono state implicazioni serie e grave per la mia professione. Nonostante il rito abbreviato, e nonostante la rivalutazione del reato in ‘concorso esterno’, il Gup mi condanna per intraneità alla cosca Alampi ad 8 anni”.

La riduzione della pena in Appello, poi l’assoluzione

Segue una proposta di misura di prevenzione patrimoniale e personale fortunatamente, per l’avv. Dieni, rigettata. In appello la condanna viene ridotta a 4 anni e 8 mesi.

“Nonostante la mia fiducia nella corte giudicante, è arrivata, seppur dimezzata, un’altra condanna. La cosa assurda è che le stesse circostanze che hanno portato all’assoluzione dell’avv. Putortì (anche lui indagato nel processo Rifiuti 2) hanno portato alla mia condanna. Entrambi andavamo in carcere a parlare con i clienti, solo che per me si è data una differente interpretazione”.

Si procede poi con l’ultimo grado di giudizio, attraverso il ricorso in Cassazione.

“La Cassazione annulla con una decisione schiacciante la sentenza di secondo grado con rinvio. Era il 2021 – Dalla Cassazione infine sono passati altri due anni e mezzo prima che si riuscisse a formare il collegio e prima che la Corte d’Appello potesse giudicare nuovamente il caso e giungere ad una decisione”.

Il giudizio di assoluzione arriva, dopo 10 anni di calvario, l’11 gennaio 2024. Lo stesso Procuratore generale d’udienza, Danilo Riva, aveva chiesto l’assoluzione dell’avvocatessa. La Corte, presieduta da Alfredo Sicuro, ha assolto anche un’altra imputata, Carmela Alampi, di 52 anni, che era stata condannata nel primo processo d’appello a 4 anni e 8 mesi di reclusione. Carmela Alampi é la sorella dell’imprenditore Matteo Alampi, di 54 anni, accusato di essere legato alla ‘ndrangheta e già condannato nel 2021 a 14 anni di reclusione.

Pregiudizi e tempi lunghi: i limiti della giustizia

La storia dell’avvocato reggino testimonia l’ennesimo caso di malagiustizia. Un percorso incredibile che ha segnato profondamente, dal punto di vista umano e professionale l’avv. Dieni.

“Inizialmente è sembrato un segnale di avvertimento alla mia categoria. Ho trascorso davvero tanti momenti che hanno toccato la mia vita professionale e ho pensato a tutto. Credo nella mia professione, per me è una missione e nonostante tutto credo ancora nella giustizia. La giustizia è una cosa, chi amministra la giustizia è un’altra. All’epoca dell’arresto non erano momenti belli per Reggio e per questo mi è sembrato un segnale verso la categoria. Non vivevamo i momenti di adesso. Adesso c’è tanta rabbia perchè tutto poteva essere chiarito prima. Dalla Procura mi avrebbero potuto chiamare e sentire. Pregiudizi e tempi lunghi sono i veri limiti della nostra giustizia”.