Sanremo 2023 - Donna, vita e libertà, il monologo di Pegah è un'ode ai diritti

La giovane attivista ospite della redazione di CityNow lo scorso novembre, ha conquistato il pubblico dell'Ariston con un monologo sui diritti

Tra le protagoniste della seconda puntata del Festival di Sanremo 2023, in onda su Rai 1, l’attivista e influencer italiana di origini persiane Pegah Moshir Pour, che propone un monologo con la partecipazione di Drusilla Foer, co-conduttrice dell’edizione 2022 della kermesse.

Il monologo di Pegah al Festival di Sanremo 2023

Una battaglia dei diritti, quelli che per “noi” fortunati sono quasi scontati e per cui molti, invece, continuano a perdere la vita. Di seguito, il testo integrale del monologo proposto da Pegah durante il Festival di Sanremo.

“Buonasera a tutte e a tutti, mi chiamo Pegah Moshir Pour, Italiana di origine iraniana, nata tra i racconti del Libro dei Re, cresciuta tra i versi de La Divina Commedia. Consulente e Attivista dei diritti umani e digitali. In Iran non sarei potuta essere così vestita e truccata e non avrei potuto parlare di diritti umani da un palcoscenico. Perché sarei stata arresta o forse addirittura uccisa. E per questo, come molte ragazze e ragazzi del mio paese, ho deciso che la paura non ci fa più paura e di dare voce ad una generazione cresciuta sotto un regime di terrore e di repressione, in uno dei paesi più belli al mondo, uno scrigno dei Patrimoni dell’Umanità.
La parola Paradiso deriva dall’antico termine persiano Pardis, giardino protetto. Allora io vi chiedo: Esiste un Paradiso Forzato? Ahimè, sì…come altro si può chiamare un luogo dove il regime uccide persino i bambini? Dal 16 settembre 2022, da quando Mahsa Jina Amini, una ragazza colpevole solo di essere sospettata di non indossare in modo corretto il velo, è stata uccisa dalla polizia morale, il popolo iraniano sta sacrificando con il sangue il diritto a difendere il proprio paradiso.Io vi ringrazio a nome di tutti i ragazzi iraniani perché ricordate al mondo che la musica è un diritto umano. E per spiegare meglio il dramma che i miei coetanei stanno vivendo nel nostro paese, vorrei usare la melodia e le parole di una canzone che è diventata l’inno della rivoluzione.L’ha composta Shervin Ajipour, musicando i tweet che i ragazzi hanno scritto sulle libertà negate. Shervin per questo è stato arrestato e il suo account silenziato. La canzone si chiama Baraye che in italiano vuol dire
Per poter ballare per strada.Per paura di baciarsi.Per mia sorella, tua sorella, le nostre sorelle.Per l’imbarazzo, per la vergogna.Per i bambini che perdono i loro sogni.Per i cani innocenti e proibiti.Per queste lacrime, per questo pianto interrotto, per questo paradiso forzato e per gli intellettuali in carcerePer i bambini rifugiati in Afghan.Per sentire il senso di pace, per il sorgere del sole dopo lunghe notte e per la ragazza che desiderava essere un ragazzo.Per donna, vita e libertà.Per la libertà”.